NOTE DI REGIA
di Elena Barbalich
Nella nostra visione di Rigoletto abbiamo cercato una sintesi spaziale, che fosse la più adatta ad esprimere la nostra concezione: per questo abbiamo pensato di adottare il prototipo della wunderkammer cinquecentesca. In questo tipo di scelta abbiamo visto la possibilità di concentrare la nostra idea dell'opera e di poter allo stesso tempo articolare lo spazio nelle diverse funzioni che la drammaturgia richiede. La wunderkammer costituisce inoltre un ponte tra le diverse epoche che interessano la creazione e l'ambientazione dell'opera e la sua messa in scena nell'epoca attuale: il Cinquecento (epoca in cui si diffonde la camera delle meraviglie), l'Ottocento (in cui il fenomeno del collezionismo continua nei salotti borghesi) e la contemporaneità, in cui la produzione di mirabilia interessa molti artisti quali Hirst, Fabre, Dinos e Jake Chapman. Nella nostra concezione, la wunderkammer, come camera delle meraviglie, incontra la serialità industriale attraverso la moltiplicazione dell'oggetto mediante un gioco di specchi. La ripetizione ottica esprime il desiderio di creare un percorso fisico sempre uguale che garantisca l'incorruttibilità di un destino artificialmente prescritto. Nella nostra lettura abbiamo individuato due tipi di collezionismo che si contraddicono. Il primo, quello del Duca, è rappresentato da una raccolta di giovani donne, con cui la corte intrattiene un rapporto di voyeurismo e consumo spersonalizzato. Nel corso dell'opera tutte le figure femminili, comprese Gilda, Maddalena e la Contessa di Ceprano, appaiono allo spettatore come oggetti inanimati. Questa visione è in linea con la stessa denuncia espressa da Triboulet nel lungo monologo del terzo atto di Le roi s'amuse di Victor Hugo, da cui Piave e Verdi trassero il libretto ("Per loro, ve lo dico io, cos'è una donna? Meno di niente! [...] Una donna dev'essere un terreno che dà utili ingenti, una fattoria concessa in affitto dal sovrano che, ad ogni decorrenza, paga degli interessi salati. Una donna significa un'infinità di favori inauditi [...] come un governatorato, una nomina regia o meglio ancora, dei benefici continui, incessanti, destinati ad aumentare!"). Nella dimensione domestica di Rigoletto, si cristallizza invece ununiverso incontaminato, rappresentato da alberi racchiusi in teche, protetti dal mondo esterno proprio come Gilda lo è dal padre. In realtà la casa di Rigoletto è uno spazio illusorio, un luogo inconsistente dominato dalla presenza incombente del Duca e della sua corte. La suggestione dell'albero proviene da una metafora quasi ossessiva presente nel testo di Hugo, dove parole attinenti al mondo vegetale quali "pianta, fiore, foglie, rami secchi" ricorrono costantemente associate a Bianca, il personaggio di Gilda nell'opera ("Io, una povera fanciulla che viveva nascosta in mezzo i fiori" afferma Bianca di sé, mentre Triboulet dopo la seduzione del Re le dice "Ha brutalmente strappato le foglie della tua corona"). Quando questi due mondi apparentemente separati si incontrano avviene la tragedia. Non a caso il Duca qualificato dall'area tonale di sol b, mentre il tema dell'amore paterno dal mi b. Secondo Marcello Conati l'area tonale di re si pone tra queste per contraddistinguere l'atto criminoso. La tragedia travolge la sfera di Rigoletto, per riconfermare il potere assoluto del Duca, che si estende incorrotto fino all'ultima immagine dell'opera. L'incidente si crea quando la maledizione, come in Edipo l'emergere della memoria, opera in Rigoletto una consapevolezza improvvisa sulla realtà. La maledizione non è altro che l'enunciato di un destino prescritto: destino rifiutato dal protagonista, che forza gli eventi in una direzione, che alla fine si rivelerà la beffarda realizzazione del suo percorso tragico, con la rappresentazione di uno sprofondamento dell'universo idilliaco che cercava spasmodicamente di preservare. Parallelamente allo svolgersi drammaturgico degli eventi, lo spazio indicherà un parallelo percorso simbolico, ad accompagnare il decorso psicologico del protagonista, che si troverà beffardamente imprigionato in una dimensione senza via di uscita.