Sul podio Gatti. Regia di Michieletto
Rai5, martedì 12/12/2017 - 21:15
Approfondisci: Roma, La damnation de Faust all'Opera dal 12 dicembre
“La dannazione è la perdita di umanità creata dall'isolamento, dalla mancanza di relazioni umane”. Sono le parole del regista Damiano Michieletto a proposito del capolavoro di Hector Berlioz La damnation de Faust, che inaugura la stagione dell'Opera di Roma il 12 dicembre, e che Rai Cultura trasmette in diretta-differita su Rai5 alle 21.15. Lo spettacolo è diretto da Daniele Gatti, che dopo il successo del Tristan und Isolde di Wagner del 2016, torna sul podio del Teatro Costanzi per una nuova inaugurazione. Protagonisti sul palco sono Pavel Černoch nel ruolo di Faust, Alex Esposito in quello di Méphistophélès, Veronica Simeoni come Marguerite e Goran Jurić come Brander. Le scene del nuovo allestimento sono firmate da Paolo Fantin; i costumi da Carla Teti; il light designer è Alessandro Carletti mentre i video sono curati da Roca Film.
Il mito di Faust raccontato da Goethe nell’idea musicale originaria di Berlioz non era stato concepito per il teatro, bensì come “leggenda drammatica”, cioè un’opera da concerto e in questa forma vide la sua prima rappresentazione assoluta nel 1846. Un’opera in cui tutto è simbolico e i personaggi non sono delineati così nettamente come nel melodramma. L’uomo che scende a patti con il diavolo fino a sacrificare la propria anima pur di possedere i segreti della natura, nell’immaginario del regista si incarna in un inquieto adolescente. La scena diventa uno spazio simbolico quasi astratto che dal candore asettico di un laboratorio si trasforma lentamente nell’abisso nero in cui Mefistofele risucchia Faust
Il mito di Faust raccontato da Goethe nell’idea musicale originaria di Berlioz non era stato concepito per il teatro, bensì come “leggenda drammatica”, cioè un’opera da concerto e in questa forma vide la sua prima rappresentazione assoluta nel 1846. Un’opera in cui tutto è simbolico e i personaggi non sono delineati così nettamente come nel melodramma. L’uomo che scende a patti con il diavolo fino a sacrificare la propria anima pur di possedere i segreti della natura, nell’immaginario del regista si incarna in un inquieto adolescente. La scena diventa uno spazio simbolico quasi astratto che dal candore asettico di un laboratorio si trasforma lentamente nell’abisso nero in cui Mefistofele risucchia Faust
“Faust è un uomo fragile – dice Damiano Michieletto – che cerca e lotta per trovare la sua identità, un po' come succede ad Amleto. Mefistofele rappresenta la corruzione, la tentazione, e crea un percorso di cinismo distruttivo. Si comporta come se stesse facendo un esperimento in laboratorio: Faust è una cavia nelle sue mani. Come in una sorta di Truman Show Mefistofele è colui che pilota tutto. Vuole dominare Faust, che sente suo, come un giocattolo.
Il contraltare di Mefistofele è Margherita, che rappresenta la comprensione umana, il sentimento, l'ascolto, la possibilità per Faust di vivere qualcosa di reale. Per questo Mefistofele cercherà di allontanarli. Margherita dal canto suo cercherà di salvare l’uomo di cui è innamorata, ma non riuscirà a vincere, e nella scena finale della discesa all'Inferno arriverà troppo tardi.
Il contraltare di Mefistofele è Margherita, che rappresenta la comprensione umana, il sentimento, l'ascolto, la possibilità per Faust di vivere qualcosa di reale. Per questo Mefistofele cercherà di allontanarli. Margherita dal canto suo cercherà di salvare l’uomo di cui è innamorata, ma non riuscirà a vincere, e nella scena finale della discesa all'Inferno arriverà troppo tardi.
Lo spettacolo si svolge come un racconto a episodi – prosegue il regista – nel quale vediamo la famiglia di Faust: il padre, la madre, la scuola. Vediamo anche alcuni flashback di quando era ragazzo. Soprattutto vediamo la sua solitudine e il suo rapporto con il mondo virtuale che lo isola e lo intrappola. Nemmeno l'amore riuscirà a salvarlo e l'epilogo sarà quanto di più tragico possa accadere nella vita di un giovane uomo”.