Il saluto dell'ultimo Beethoven
di Andrea R. G. Pedrotti
L. van Beethoven
Sonata n. 30 in Mi Maggiore op.109
Sei bagatelle op. 126
Undici bagatelle op. 119
Sonata n. 28 in La Maggiore op. 101
Ishay Shaer, pianoforte
CD Orchid Classics ORC 100076, 2017
Il nuovo CD edito dalla Orchid Classics ci presenta un recital pianistico interamente dedicato a Ludwig van Beethoven. È un disco piacevole, che verrebbe voglia d’ascoltare in poltrona, con un piccolo bicchiere di liquore in mano, magari di fronte a un camino acceso.
Presentando il suo lavoro, il giovane pianista Ishay Shaer ci parla di una atemporale complessità umana nella scrittura e nell’interpretazione del compositore di Bonn: in effetti ascoltando i brani di questo CD si nota come grande importanza venga data al fraseggio, mediante sonorità particolarmente rotonde e a una morbidezza esecutiva costante.
Quattro sono i titoli in programma: Sonata n. 30, op. 109, Sei bagatelle per pianoforte, op. 126 e le Undici bagatelle per pianoforte, op. 119, per poi chiudere il cerchio ancora con una Sonata, la n. 28, Op. 101. Nel primo e nel terzo movimento della Sonata n. 30, Op 109, “vivace, ma non troppo” e “andante molto cantabile ed espressivo”, il pianista israeliano trasmette, con perizia tecnica, quasi un senso di mistero e di attesa legato all'idea di nascita; è interessante ascoltare come venga alla luce molto del classicismo viennese di Beethoven e, nel complesso, un’atmosfera mitteleuropea che si può respirare passeggiando per le vie della Sassonia, fra laghi azzurri e verdi selve sterminate. Uno dei momenti migliori di tutta l’incisione è proprio il terzo movimento di questa prima sonata, poiché l’indicazione di “cantabile” viene seguita alla lettera, ma si apprezza ancor di più il rigore in un’espressività soave e coinvolgente.
Se la prima sonata rappresentava idealmente una nascita, i due brani centrali sono la vita, nella sua struttura complessa e atemporale (parafrasiamo così le parole dell’esecutore). Possono essere celate numerose sfumature di significato in questi due brani, ma quello del percorso di una vita umana appare qui come il principale. Anche in questo caso l’interprete dimostra solida tecnica, abilità nel gestire dinamica e agogica, ma si distingue principalmente per la varietà di colori, appropriata e cangiante. Tutto è eseguito come fosse un’unica narrazione e pare di ascoltare un racconto recitato da ottantotto tasti, un racconto di vita che racchiude in sé spensieratezza, melanconia, ansia, dubbio, speranza, inquietudine, elegia e gioia.
L’ultima bagatella, “andante, ma non troppo”, pare introdurci con leggerezza all’ultima Sonata: v’è ancora una vitalità ben trasmessa dall’armonia, ma la melodia sembra chiedere la pace e il riposo.
La chiusa con la Sonata per pianoforte No. 28, Op 101 rappresenta un termine che non è una fine. La vita non è conclusa nel primo movimento: troviamo riflessione e non mestizia nell’”allegretto, ma non troppo”, affrontato da Ishay Shaer con precisione ed espressività, ma con una scelta nell’accentazione che ci introduce al secondo movimento: prima avvertiamo un retrogusto di marcia e ora siamo in un effettivo tempo “vivace alla marcia”. Anche qui un altro momento di riflessione, meno melanconica, ma più intensa e variegata, fatta di speranza e turbamento, fino al terzo movimento “Adagio, ma non troppo, con affetto” e al quarto, con il suo "Finale. Allegro" . Si tratta di un saluto, non un addio, intenso per buona parte, inesorabile in un finale che alterna un senso quasi etereo a un altro di vigore, come se fosse un segnale per un nuovo inizio, o, meglio, per una prosecuzione, una proiezione verso il futuro.
Si apprezzano anche le note di copertina, curate da Joanna Wyld, di un disco piacevole, ben realizzato, intellettuale e pragmatico al tempo stesso.
La registrazione è stata effettuata alla Concert Hall, Wyastone Leys, Monmouth, UK, nel luglio del 2015. In un appunto conclusivo sono presenti i ringraziamenti del pianista a Frank e Barbara Cornofsky e a Dorothy Sandler-Glick, per il supporto al progetto.