Fur tre mesi? No... fur tre atti
di Emanuele Dominioni
Grande successo per I puritani al Regio di Torino con la direzione di Michele Mariotti e l'allestimento, coprodotto cn l'Opera di Firenze, di Fabio Ceresa. Nella recita che abbiamo seguito hanno brillato le voci di Desirée Rancatore, Enea Scala, Simone Del Savio e Mirco Palazzi.
TORINO, 23 aprile 2015 - Giunge direttamente dal nuovo Teatro dell'opera di Firenze l'allestimento dei Puritani firmato da Fabio Ceresa. Inizialmente ideato e pensato per il Don Carlo verdiano con la regia di Luca Ronconi, ciò che caratterizza maggiormente questa produzione è il dirompente carattere estetico e quasi fotografico dell'impianto scenico. Nella dimensione atemporale creata dal regista, i tempi scenici e drammaturgici sono scanditi in base alle dinamiche emotive dei personaggi e alla loro personale percezione degli eventi. Come dichiarato dallo stesso Ceresa, fra il primo e il terzo atto dei Puritani passa circa un'ora per lo spettatore, tre mesi per Arturo, e tre secoli per Elvira. Questa molteplicità di piani temporali sfocia e si materializza in una sorta di sospensione della teatralità di stampo romantico intesa come susseguirsi di tensioni emotive condivise, per spostare l'attenzione invece sul carattere spirituale e quasi neoclassico del dramma, in cui si è inevitabilmente proiettati in una dimensione altra rispetto alla vicenda e alla suo carattere storico.
L'elegante e cupa cornice scenica disegnata da Tiziano Santi (il cui impatto visivo era fortemente catalizzato dalle imponenti volte gotiche che si stagliavo sul fondo della scena), accoglieva un coro perennemente in lutto, che unito alle tombe sparse che emergevano dal palcoscenico, al velo nero di Elvira, e alle figure fantasma che si aggirano per il castello, donavano alla vicenda una cifra oscura e tragica, vicina al romanticismo letterario tedesco. La scena è permeata dai toni del nero, del blu e, soprattutto, del viola. I costumi, invero bellissimi, di Giuseppe Palella sono lungi dal donarci qualsiasi riferimento storico, perfettamente in linea con l'idea dell'atemporalità dell'intera produzione. Gli stessi personaggi, tramite una recitazione dettagliata e minuziosamente curata, sembrano comunicare fra loro senza capirsi fino in fondo, come provenienti da fasi temporali diverse del dramma.
Sul piano musicale, nel ruolo della protagonista del secondo cast troviamo Desirée Rancatore. Il soprano siciliano, reduce da una fastidiosa influenza, riesce nell'intento di delineare un'Elvira languida e trasognata. La voce ha acquisito con gli anni corpo e rotondità nei centri (malgrado una certa debolezza della prima ottava della voce) e questo le permette di illuminare di verità drammatica le frasi più tormentate del duetto con Giorgio del I atto, così come l'aria del secondo atto, vero momento perno della sua interpretazione. Parimenti l'approccio alla coloratura in pagine quali "Son vergin vezzosa" e "Vien diletto è in ciel la luna" è sicuro e sempre a fuoco, nonostante una certa oscillazione avvertibile nelle note sovracute (da cui però escludiamo l'ottimo Mi bemolle interpolato alla fine della cabaletta). Scenicamente la Rancatore è attrice di grande talento, capace di rendere perfettamente l'idea registica e la bipolarità del personaggio, sempre in equilibrio fra follia e lucidità.
Arturo era sostenuto da Enea Scala. Debuttante in un ruolo che probabilmente non ha eguali per difficoltà tecnica nel grande repertorio, ne esce vincitore grazie alla solida tecnica e alla presenza scenica indubbiamente accattivante. Il temperamento del tenore siciliano emerge maggiormente nei momenti più concitati del dramma, come il finale terzo, ma altresì nel saper modellare il proprio strumento nei passi più lirici come in "A una fonte afflitto e solo".
Nei panni di Sir Giorgio Valton , Mirco Palazzi è cantante raffinato e tecnicamente ineccepibile. L'emissione è morbida e calibrata, e trasmette appieno l'umanità del personaggio. L'aria del secondo atto in particolare è parsa rifinita con mille colori e dinamiche felici.
Lo stesso dicasi per il Riccardo di Simone Del Savio, dotato di voce dal timbro pieno e ambrato, che non rinuncia alle puntature di tradizione regalandoci suoni ben sostenuti e sonori. "Ah per sempre io ti perdei" e la relativa cabaletta sono risolti da manuale, nonostante i tempi spediti scelti da Mariotti.
Fra i comprimari segnaliamo con positiva indole il Gualtiero di Fabrizio Beggi, dalla voce sonora e ben proiettata. Sottotono invece le prove vocali di Samantha Korbey come Enrichetta e Saverio Fiore come Sir Bruno.
Su tutti ha trionfato la bacchetta di Michele Mariotti. La sua direzione è sicura e calibrata al dipanarsi del dramma. Le dinamiche in particolar modo sono scelte e cesellate con cura meticolosa e hanno contribuito a plasmare un fraseggio orchestrale sempre fluido e composto, perfettamente in sintonia con le esigenze dei cantanti. Le introduzioni alle arie, così come i molti concertati, sono illuminati dalle sonorità orchestrali con una cura quasi commovente. Superlativa anche la prova del coro del Teatro Regio, che si riconferma compagine forse senza pari nel pur eccellente panorama corale italiano.
Foto Ramella/Giannese