L’eleganza e il calore
di Valentina Anzani
Entusiasmo al Teatro Manzoni per Harding e la sua Swedish Radio Symphony Orchestra nella Sinfonia Fantastica di Berlioz e l’impegnativo Concerto in re maggiore di Bramhs. Al violino solista, la delicata espressività di Vilde Frang.
Bologna, 24 aprile 2015 – Bellissimo concerto quello dell’altra sera al Teatro Manzoni per la rassegna Bologna Festival, che vedeva ospiti la Swedish Radio Symphony Orchestra guidata dal suo affezionato direttore principale Daniel Harding. L’ormai assodato sodalizio tra direttore e orchestra hanno avuto come naturale conseguenza una perfetta intesa tra le parti, con un risultato sonoro imperdibile: un abbraccio caldo di vibrazioni e distinte linee melodiche impastate con naturalezza.
Nel Concerto in re maggiore op. 77 per violino e orchestra di Brahms, tra le più famose composizioni dell’autore dedicate al violino solista, si è provata Vilde Frang, giovanissima interprete dal tocco gentile. L’artista, nella sua eleganza diafana, pareva un soggetto liberty e ha affrontato il brano dalle ben note difficoltà tecniche con il giusto equilibrio tra garbo e sensibilità. Ha dimostrato precisione senza che il rispetto per il testo andasse a detrimento dell’espressività, così come si è approcciata ai virtuosismi senza mai perdere un melanconico tono intimo e delicato: inevitabile la dolce brillantezza ottenuta nei cantabili, quando l’archetto sulle corde è respiro ampio e carezzevole. La sua confidenza con lo strumento l’ha resa poi capace di dare una svolta timbricamente caratterizzata nell’Allegro giocoso del finale, uno tra i tanti dettagli che fanno ben sperare per la sua crescita futura.
La piena orchestra ha poi regalato un’entusiastica ed energica Symphonie fantastique op. 14. Nell’intenzione di Berlioz, la sinfonia vedrebbe la successione dei movimenti come la descrizione di Episodi della vita di un artista, dallo stesso autore raccontata in un testo allegato alla partitura perché fosse distruibuito nella sala da concerto al momento dell’esecuzione.
Compito non facile – ma magnificamente riuscito – quello che spettava all’orchestra, ovvero riuscire a non rifarsi alle sole immagini proposte dalla programmaticità del testo descrittivo – e prescrittivo –, ma di andare oltre la mera illustrazione per rendere viva e pulsante questa musica che, pur anche programmatica, rimane in bilico tra una narrazione e la musica pura priva di immagini.
Harding ha confermato la sua fama di direttore sapiente, che non necessita di eccedere negli scarti delle dinamiche per ottenere una interpretazione intensa. Ha portato a un perfetto amalgama ricchissimo di suono la sua orchestra: una sola pasta omogenea gli archi, presenti e squillanti gli ottoni, vividi i fiati, tutti cooperanti per dinamiche fluide dai colori accesi del romanticismo colmo di suggestioni immaginifiche.
Il pubblico bolognese non ha mancato di dimostrare il suo apprezzamento, indugiando in lunghi applausi.