Il legno come metafora di vita
di Michele Olivieri
L’emergenza sanitaria ancora in atto ci ha imposto un nuovo comportamento. Non si può andare a teatro ma questo non significa sospendere ogni attività e non coltivare più gli interessi: per il momento bisogna solo fruirne in maniera differente. Grazie al web e alla televisione importanti proposte arrivano direttamente a casa dando una mano alla cultura. Sul Rai5 dal Teatro Malibran di Venezia è stata trasmessa la creazione Underwood di Carolyn Carlson.
Chi segue il mondo del balletto, e i suoi protagonisti, sa bene che Carolyn Carlson ha creato più di cento pezzi coreografici nell’arco di una importante carriera, pezzi che hanno costituito pagine fondamentali nella storia della danza. Il suo lavoro è stato innalzato ai massimi onori nel 2006 con il primo Leone d’Oro conferito ad un coreografo dalla Biennale di Venezia. Ha poi fondato l’Atelier de Paris-Carolyn Carlson alla Cartoucherie. Ha diretto il Centre Chorégraphique National de Roubaix Nord-Pas de Calais. È stata, con la Carolyn Carlson Company, artista associata al Théâtre National de Chaillot e molto altro. Ma, prima di tutto questo, esattamente nel 1982 la signora della danza è approdata nella laguna veneta e precisamente nello storico Teatro Malibran di Venezia con lo spettacolo Underwood, balletto eseguito dalla Compagnia Teatrodanza del Teatro La Fenice con la sua coreografia in tandem a Larrio Ekson, scenografie e costumi, di Frédéric Pierre Robert, musica di Aubry René. Giovanissimi e avvenenti interpreti la stessa Carlson, Larrio Ekson, Michele Abbondanza, Francesca Bertolli, Luisa Casiraghi, Roberto Castello, Agnes Dravet, Raffaelle Giordano, Elena Majnoni, Giorgio Rossi e Caterina Sagna supportati da una tecnica salda e da un’espressività attoriale di spessore. La musica eseguita dal vivo ha visto in palcoscenico il violino di Gabriella Colombo, il violoncello di Teodora Campagnaro, la chitarra dello stesso compositore René Aubry, le altre chitarre di James Lepore, Bruno e Renzo Gennaro. Ne venne disposta una registrazione con la regia televisiva a cura di Fernanda Turvani che Rai Cultura ha regalato su Rai5, a ben trentotto anni di distanza, restituendoci una delle regine della modern dance in una coreografia che si basa sul legno, e come la sua danza, sull’eterno incedere che tende a muoversi in senso trasversale forzando e piegandosi all’esterno, viaggiando nel dare un’idea dell’entità e dell’identità umana.
Carlson, nella doppia veste di interprete-coreografa, riporta i valori della conoscenza applicata al meccanismo del corpo permettendoci di comprendere i vari elementi diversamente orientati che la danza offre fuori dai codici accademici, e proprio per fare questo permette alle diverse componenti di frenarsi tra loro, riducendo o variando il movimento complessivo dell’esecutore, così da caratterizzare una maggiore stabilità dimensionale rispetto agli elementi classici. Nella narrazione ritornano i pensieri dell’infanzia, il tempo degli effetti ludici e del camuffamento, quell’arco di tempo adolescenziale americano in cui il candore e la spensieratezza fanno cenno e traggono spunto dalle proprie radici, al suolo e al contempo all’aria che dà respiro, al legno inteso come materia prima. Creazione festosa che richiede un’attenzione particolare (come spesso Carlson ha abituato il suo pubblico): il piacere, come la comprensione, si è percepito, a tratti enigmatico, e persino ermetico ma pur sempre accattivante, lasciando nel finale quel senso di conquista! La messa in scena offre gli elementi essenziali legati al ciclo della vita caratteristica di ogni specie animale o vegetale, in continua voglia di rinascita. I colori scelti, i gesti e i suoni (talvolta ossessivi nella reiterazione) si rincorrono come fossero un’allegoria, una filastrocca per bambini diventati adulti, come fosse l’almanacco del giorno dopo; ritroviamo inoltre sentori di omaggi strehleriani. L’aspetto puramente visivo ci offre dinamiche iterative orientate al movimento delle braccia ma lette nel verso giusto tale gesto si pone l’obiettivo di avvicinarsi a un risultato desiderato, ogni ripetizione del processo coreografico è utilizzato da Carlson come nuovo punto di partenza per quello che verrà successivamente.