Amore nel suo estremo
di Michele Olivieri
L’emergenza sanitaria ci ha imposto un nuovo comportamento. Il teatro vive ancora di restrizioni, ma questo non significa sospendere ogni attività e non coltivare più gli interessi, necessita solo alternare le abitudini e fruirne in maniera differente. Grazie al web importanti proposte arrivano direttamente a casa dando così una solida mano alla cultura, e un senso di aiuto per ciascuno di noi. Sul canale web citerne.live è stato visibile in diretta streaming lo studio coreografico Cent Mille Façons de Parler, di Omar Rajeh.
LIONE – Rumi scriveva “Nella Tua Luce ho imparato ad amare, nella Tua Bellezza a scrivere poesie. Danzi nel mio petto, dove nessuno può vederti, ma qualche volta io Ti vedo, e quella Luce diviene quest’arte”. Così è successo metaforicamente anche nel work in progress firmato da Omar Rajeh, in diretta streaming, preceduto da una interessante lezione aperta di prove e riscaldamento tenuta dal coreografo con i suoi danzatori, e da un’introduzione (nonché conclusione) di Rajeh alla visione del creazione in essere. Tra le caratteristiche della danza dell’artista libanese, la contemporaneità che trae origine dalle arti della poesia, della musica, e del pensiero filosofico di antica memoria. La cura dei movimenti, delle mani e della braccia, la flessibilità del busto, sfociano in particolare nell’espressività del volto mediante la quale l’esecutore riesce a passare la sua emozione. Le influenze sono fortissime, e lo stile si basa su una forte preparazione fisica. Si tratta di un lavoro teatrale che offre la possibilità di interpretazioni anche personali per non dimenticare le singole identità. Da una prima visione Cent Mille Façons de Parler si caratterizza particolarmente per l’uso esprimibile delle braccia, per le legazioni e per l’energia delle figure. I colori caldi dati dalle differenti tonalità delle luci ricordano il deserto rimandando al fascino di paesaggi solitari e minimalisti con attraenti ombre. È una danza contemporanea che parte comunque dai principali stili classici arricchiti da elementi e concetti presi in prestito dalla disciplina moderna, ampliandone così il dizionario coreutico, per giungere ad una nuova forma di danza dove tradizione e libertà si fondono. Ogni passo, ogni intreccio, ogni gesto sembra voler usare le parole del poeta “Il tuo compito non è quello di cercare l’amore, ma solo di cercare e trovare tutte le barriere che hai costruito dentro di te contro di esso...”. La performance in prova, della durata di circa 60 minuti, ha mostrato l’interesse verso una forma d’arte tesa a far sì che il corpo riconsegni i movimenti vitali dell’anima, passando da una dimensione all’altra. Tali dimensioni portano lo spettatore nello stesso “soffio” poetico, azzerando il luogo del tempo presente. Omar Rajeh si fa tramite per passare ai suoi irreprensibili danzatori una prospettiva mutevole creata dall’arte per l’arte tangibile. La tensione fisica coinvolge i corpi, i muscoli si tendono e i nervi accendono la mente, disarticolando le fisicità al limite del possibile. Le braccia diventano rami di un albero secolare, scolpiti da nodi e da piccole cavità che conferiscono un aspetto affine alla natura.
Il lavoro di Rajeh si muove in equilibrio nello spazio con il fluire di gesti che vibrano cercando appigli, come fossero un prolungamento del pensiero, sottolineati da emissioni vocali gutturali. Ispirato alle poesie d’amore di Rumi, Cent Mille Façons de Parler si prospetta come opera sul desiderio, e sui momenti estremi della passione. Rumi diventa un punto di partenza in seno al coreografo per esplorare la questione dei sentimenti nel loro supremo, diventando spinta, e visuale riflessiva. Un coreografo poco conosciuto da noi, ma da scoprire, il suo respiro è un battito intenso. La compagnia di danza porta il nome “Maqamat”, si è trasferita a Lione nel 2020 nella prospettiva di sviluppare i suoi progetti creativi e culturali in Francia e a livello internazionale, componendosi dai ballerini Charlie Prince, Antonia Kruschel, Mia Habis, Elise Bruyère, Francesco Ferrari, Nunzio Perricone. Maqamat è stata fondata nel 2002 a Beirut dal coreografo Omar Rajeh, per poi emergere come una delle principali voci della danza contemporanea libanese, istituendo un programma di formazione intensiva oltre ad una piattaforma che mostra e sviluppa il lavoro di artisti e coreografi dei paesi arabi. Omar Rajeh è coreografo, ballerino, fondatore e direttore artistico di Maqamat, il suo lavoro — ispirato dalle preoccupazioni socio-politiche che lo circondano — è siglato da creazioni supportate da presenza fisica radicale e vigorosa. L’open studio visto da Lione fa parte del progetto VIADANSE il quale è costruito nella prospettiva di un centro coreografico di terza generazione, attorno ad un concetto dinamico che evoca la circolazione di reti tra Francia, Svizzera ed Europa. Il lavoro fin qui mostrato viene segnato dalla violenza sul corpo, che trova nuova ispirazione nella poesia del mistico persiano del XIII secolo, Rumi. I corpi in scena si attraggono, si respingono e si abbracciano. Lo studio aperto sfocerà poi nella nuova ed ufficiale creazione firmata da Omar Rajeh, ben appunto Cent Mille Façons de Parler, che verrà presentata in anteprima nel novembre 2021 all’Espaces des Arts – Chalon sur Soâne, con la parte musicale affidata alle percussioni di Joss Turnbull. “Senza l’amore ogni musica è un rumore, ogni ballo è una follia e ogni adorazione è un peso.”