Artisti si nasce. E si rimane artisti
di Michele Olivieri
Un mito che racchiude due personalità consapevoli una dell’altra, vivendo in una stessa donna, in uno stesso corpo, in una stessa anima. Personalità travagliata dove Maria è risucchiata nelle viscere del suo tormento e dove la Callas sprigiona quello che è realmente, trasformando il suo canto in libertà. Nella visione della coreografa Michela Barasciutti l’intenzionalità drammaturgica del gesto si trasforma in rispettoso omaggio.
VENEZIA, 31 ottobre 2021 - La serata ha inaugurato il cartellone della XIII edizione di “Venezia in Danza”, portando sullo storico palcoscenico del Teatro Malibran (altra celebre cantante lirica per cui il nome Maria riecheggia) la nuova produzione della Compagnia Točnadanza Venezia, firmata dalla direttrice artistica Michela Barasciutti. La presenza del soprano greco ha segnato la rinascita di una tipologia di primadonna fra neoclassico e romanticismo, in perfetta rispondenza con la coreografia in oggetto, anche dal punto di vista storico. La Callas è stata quella cantante che, con enorme successo, aveva inventato la formula del soprano drammatico d'agilità, interprete eccezionale oltre che cantante. La sua presenza era sacerdotale con momenti di assoluto trasporto e indefinita tristezza, passando attraverso impeti furenti e forte identità. Personalità sempre in tensione, dolente regina che mascherava il suo essere – fuori e dentro la scena – con alterità perentoria, dominatrice agli occhi del mondo ma che nel dualismo tra Maria pubblica e Maria privata rispecchiava un animo che non aveva bisogno di parole per esprimersi. Un dualismo che diventava triplice grazie alle “tre voci”, come si disse in riferimento all’eccezionale estensione vocale.
Michela Barasciutti nell’accostarsi al mito ha saputo infondere talune focose espansioni al movimento con maggiore larghezza sul dizionario contemporaneo. Un gesto nutrito e intenso, il quale coglie nella giusta misura il divario fra la Callas e Maria che già ben ci appare dall’esplicativo titolo. Sessanta minuti intensi dove la parabola artistica e personale della “Casta Diva” si rivela nella varietà dei colori e nel gusto teatrale sublimati dall’allestimento. La Callas qui appare interprete di sé stessa, contribuendo a concretare la leggenda, sostenendo la “parte” come fosse una scrittura a specchio e ponendo un altro “io” davanti al riflesso. La coreografa ha dato importanza all’intenzione, al dettaglio, alle sospensioni, e a quel movimento della mano, che da destra verso sinistra incornicia e decora la giustapposizione conflittuale che conduce a considerazioni. E qui lo spettacolo diventa potenza, una potenza interessante in un’opera in prima assoluta che sarà in replica al Teatro Petruzzelli di Bari. Come interessanti sono la tessitura drammaturgica e la ricerca musicale di Stefano Costantini, capaci di rivelare forme private di un ipotetico diario quotidiano lontano dalle ribalte. Le musiche spaziano da Bellini a Verdi, passando da Donizetti, Mascagni a Puccini ma anche a Mozart (Lacrimosa dal Requiem e il Concerto per pianoforte e orchestra n. 23), Zoltán Kodály (duo violino e violoncello) e alla Passione secondo Matteo di Bach. Tutto concorre ad illustrare il cammino artistico del soprano, anche con rimandi e citazioni magari a tutti non così evidenti, ma assolutamente ben presenti. Ad esempio, la Passione di Bach è un omaggio a Pasolini essendo la composizione presente nel film Accattone e in cui una lotta quasi ingenua viene trasposta dalla Barasciutti fatta corrispondere alla musica a sottolineare le due figure di Maria che lottano in dualità (la chiave di tutto è il passaggio esplicito dall’interiorità all’esteriorità dell’anima). La Callas fu anche attrice per Pasolini nel film Medea, in cui al di là dell’incontro artistico ci fu quello tra due anime inquiete che si riconoscono riflettendosi (e qui ritorna in gioco lo specchio). La voce della Divina risuona in certi brani di conversazione, quasi appena sussurrati,e in una gamma vocale che di volta in volta è esperienza della totalità, perché non si può avere la forza senza debolezza, la luce senza buio, la gioia senza dolore, l’amore senza perdita. I sei danzatori (Sara Cavalieri, Roberta De Rosa, Mirko Paparusso, Marco Mantovani, Erika Melli, Giulio Petrucci) si esibiscono con calore, slancio e vibrazioni, riuscendo a intimizzare la sensibile creazione. Io Maria, Lei Callas possiede nella sua nudità scenica una fotografia nitida (rimanendo in tema di cinema) che affida gran parte della forza espressiva ad un’alternanza di piani, dettagli, controcampi panoramici e campi lunghi, con un ritmo quale fosse metaforicamente “alba, crepuscolo e tramonto”. Un lavoro, quello della Barasciutti per Točnadanza Venezia, da sempre innovativo sul piano stilistico, rispettoso nel trattare il tema con uno sguardo allo stesso tempo naïf e al contempo coscienzioso per estatica (ed estetica). Una danza asciutta, pulita in maniera estrema e, proprio per ciò, abile nel trovare lo spazio poetico.