Studio sull’uso dello spazio personale e sociale
di Michele Olivieri
Lo spettacolo di danza della compagnia MK ha fatto tappa nella stagione del Ponchielli di Cremona, con la coreografia e ideazione di Michele Di Stefano, Leone d’Argento alla Biennale di Venezia. L’allestimento nelle intenzioni trae ispirazione dalla generazione di insiemi complessi a partire da condizioni semplici, e dai sistemi evolutivi. La versione estesa Bermudas Forever, progettata per testare la permeabilità della coreografia al mondo esterno con il coinvolgimento libero degli spettatori, ha ricevuto nel 2019 il premio UBU come miglior spettacolo di danza.
CREMONA, 2 aprile 2022 – Vincitore di numerosi premi e menzioni, Bermudas Forever viene pensato come “sistema di movimento basato su regole semplici e rigorose” che danno vita ad un ipotetico metronomo capace – secondo gli obiettivi del coreografo – di produrre un impulso costante per aiutare i danzatori a muoversi con un certo ordine interiore nelle teorie del caos: un movimento che continua indefinitamente senza alcuna fonte esterna di energia se non quella introspettiva degli interpreti. Il talento e l’empatia dei sette esecutori risulta essere la più consona risorsa della performance. Per i temi insoliti trattati e per lo sviluppo, senza alcuna particolare emozione trasmissibile, Bermudas si rivela al di sotto delle aspettative. L’idea è quella di concettualizzare un proprio microcosmo che deve vivere in armonia con tutti gli altri, i quali a loro volta si intersecano mediante il ritmo. L’evoluzione che Di Stefano pone all’attenzione è composta da una serie di gestualità dirette a cambiare la propria posizione. Ciò avviene per mezzo di una spinta alla singola e spontanea comunicazione nell’ampliamento di un varco proiettato all’accesso di nuovi spazi. Più che uno spettacolo, Bermudas si rivela essere un esercizio sperimentale sullo studio dei gesti, sul comportamento, lo spazio e le distanze all’interno di una comunicazione, sia verbale sia fisica. Le azzeccate diverse tipologie di interpreti, di età, di fisicità, di provenienza, di gestualità, di portamento, di attitudine, di espressività ritrovano nella non omologazione estetica il passaggio da una proposizione coreutica ad un’altra mediante il lavoro del coreografo (che fa da intermediario) rendendo possibile una affermazione conclusiva. Però i movimenti ripetitivi e frenetici appaiono, come pura manifestazione artistica rivolta ad un pubblico, inutili se non capaci di suscitare notevoli impressioni o reazioni sensibili. Si può rimanere favorevolmente colpiti dall’idea di base, ma rimangono delle riserve dopo la visione. Al gran mix di colori nell’abbigliamento sportivo degli esecutori fanno da contraltare le quattro movenze che vengono enunciate a voce, e cioè “largo, lungo, rovescio, lato”. Per Michele Di Stefano - mente originale nel voler sperimentare filosoficamente nuovi concetti applicati alla corporeità - le variazioni presentate devono produrre continue sequenze ricostruite in tempi successivi. Infatti, man mano che il tempo scorre la coreografia si rivela più veloce, l’agitazione appare vistosa con modulazioni contrarie. La danza circolare ricorda quella dei dervisci, ispirata loro da un simbolismo cosmico, qui invece da un’idea matematica e dalle scienze che studiano i fenomeni fisici responsabili del tempo atmosferico. In locandina leggiamo oltre alla ideazione e coreografia (Michele Di Stefano), musica (Kaytlin Aurelia Smith, Juan Atkins/Moritz Von Oswald, Underworld), luci (Giulia Broggi), custom styling (Marco Mazzoni e Michele di Stefano) anche le diciture “consulenza matematica” (Damiano Folli) e “meteo” (Antonio Rinaldi). Ciò che emerge è il senso della libertà applicata a un’idea di contemporaneità, unita alla consapevolezza del corpo e al desiderio di avvicinarlo al prossimo. La conformazione ingloba prospettive che vogliono essere forma, quindi, ma anche messaggio parallelo alla coincidente realtà. Nella figurazione appare un cocktail atlantico e un luogo geografico per un excursus vorticoso illuminato dai caldi colori dell’arancione e del giallo, associati al clima metaforico dell’isola (che non c’è) e ad un “canto” concorde di più voci. In quarantacinque minuti si assiste all’essenzialità armoniosa espressa dal dinamismo (nel “cast variabile” troviamo Philippe Barbut, Biagio Caravano, Marta Ciappina, Andrea Dionisi, Sebastiano Geronimo, Luciano Ariel Lanza, Giovanni Leone, Flora Orciani, Laura Scarpini, Loredana Tarnovschi, Francesca Ugolini) lasciando nondimeno invisibili gli stati emotivi che dovrebbero essere gli autentici indicatori delle relazioni interpersonali. O forse, volutamente, si è toccato quel senso possibile sulle distanze materiali che l’uomo tende ad interporre tra sé e gli altri nella quotidianità.