La rinascita del Corsaro
di Stefano Ceccarelli
L’Opera di Roma mette in scena di nuovo, dopo due anni, il suo Corsaro. La coreografia è ancora quella, piacevole e funzionale, di José Carlos Martínez; la direzione, del pari, è ancora affidata a Alexei Baklan. Ad affiancare l’eccellente corpo di ballo sono due étoiles del calibro di Marianela Núñez e Vadim Muntagirov. Il successo di pubblico è straordinario.
ROMA, 12 maggio 2022 – Chi porti nella memoria l’ultimo allestimento del Corsaro all’Opera di Roma, avrà in mente il clima teso, sconfortato, in cui fu messo in scena. A causa della pandemia, le maestranze e il pubblico vivevano nell’ansia dell’imminente chiusura dei teatri; il pubblico che assistette a quella produzione, dunque, fu numericamente esiguo e non trasmise, per ovvie ragioni, il calore che il corpo di ballo e le maestranze tutte si sarebbero meritati.
In un clima più disteso (non volendo tener conto dell’attuale situazione politica internazionale) si è invece svolta questa ripresa del Corsaro nella coreografia di Martínez, che continua a piacere al pubblico. Riporto, dunque, quanto scrissi a proposito della scenografia e della coreografia di questo Corsaro nella recensione all’allestimento del 2020 (leggi recensione). L’allestimento scenico dell’Opera di Roma per Le Corsaire di Adam (con pezzi musicali pure di Pugni, Delibes e Drigo) è veramente molto bello, in particolare il I quadro, dove una città orientale si staglia sullo sfondo, fra minareti e moschee. Un colorato interno arabeggiante fa anche da sfondo all’harem del pascià Seyd, dove cuscini e divanetti esotici incorniciano la scena. Pure i quadri naturalistici sono belli, soprattutto l’isola dell’antro del corsaro: peccato per il mare, che appariva un po’ troppo finto. Le scene e i costumi di Francesco Zito, quelli per la produzione del 2008 (con coreografia di Khomyakov), che peraltro costituì di fatto il debutto dell’intero balletto al Costanzi, piacciono e sicuramente conquistano un pubblico amante del classico. Le coreografie di José Carlos Martínez sono assai piacevoli, essendo molto aderenti alla tradizione classica e sfruttando a piene mani l’intero campionario estetico che la danza classica sa offrire: inoltre, si deve segnalare che questa versione di Martínez, coadiuvato dal direttore Baklan, è, appunto, del tutto nuova e ha, dunque, piena dignità internazionale. Dall’intervista nel programma di sala, infatti, si possono facilmente chiarire le scelte di Martínez circa il suo Corsaro: chiarezza narratologica (mediante l’uso di raccordi pantomimici), taglio di variazioni e personaggi secondari (certe superfetazioni antiquarie, per così dire) e lo spostamento del naufragio nel finale – naufragio, peraltro, ‘narrato’ mediante una proiezione video. La versione presa a modello generale, comunque, è quella di Kostantin Sergeev (1973). Come dicevo, questa versione di Martínez, congegnata a braccetto con il direttore Alexei Baklan, che ha creato un collage di pezzi per tale nuova versione, piace assai.
Su tutti si staglia, splendida, perfetta, la Medora di Marianela Núñez, capace di mandare il pubblico in autentico delirio. La Núñez non possiede solo una tecnica sopraffina e una presenza scenica invidiabile; l’argentina vanta una capacità interpretativa senza pari e, soprattutto, il talento di far sembrare semplice e naturale tutto quel che fa: una sorta di ‘sprezzatura’ coreutica. Il pubblico va già in estasi al suo ingresso, nel I atto, quando danza un breve pas de deux con Conrad ed esegue con estrema naturalezzaun giro di attitude, rallentando, sospesa nella posizione, in maniera aggraziata e con tale eleganza da mandare in visibilio il teatro intero. La Núñez splende radiante nel pezzo più famoso dell’opera, il grande pas de deux del II atto (quello d’amore, nell’antro del corsaro). Oltre ad armonizzarsi con Muntagirov, la Núñez disegna linee perfette e virtuosismi coreutici splendidi nella sua variazione, concludendo con i celebri e mozzafiato fouettés. Ma, ripeto, sarebbe riduttivo commentare l’arte coreutica della Núñez parlando solo della sua magnifica tecnica. Basta, infatti, guardarle il viso mentre danza, osservare la grazia con cui appoggia le punte, con cui si muove nel palco, per essere trasportati nelle emozioni pure della danza. Il pubblico, del resto, non manca di tributarle applausi a profusione, praticamente ogni volta che è in scena; è, inoltre, doveroso notare che raramente il pubblico romano è così caloroso con un artista. Il ruolo di Conrad è danzato da Vadim Muntagirov, ballerino eccellente, tecnicamente ineccepibile, dotato di forza e precisione, ma soprattutto di un’incredibile pulizia delle linee. I suoi punti di forza sono, appunto, l’agilità e la felina precisione delle posizioni; impressionanti i salti durante la sua variazione del II atto e le figure en tournant con cui sovente strappa sonori applausi al pubblico. Come per la Núñez, anche per l’altra étoile il pubblico mostra un manifesto e continuo apprezzamento. L’intesa con la Núñez è ottima e tutti i loro pas de deux sono una lezione di danza e un piacere per gli occhi. Questa edizione del Corsaro vanta una Gulnara d’eccezione: Susanna Salvi. Ètoile dell’Opera di Roma, ben nota al pubblico romano, la Salvi ha nella pulizia, nella grazia e nell’eccellente tenuta tecnica le sue doti migliori, oltre ad essere – come più volte ho avuto modo di notare – una ballerina dolcemente espressiva. Nel ruolo di Gulnara la Salvi dà vita a un personaggio accattivante, a tratti frivolo, sfuggente; si lascia apprezzare soprattutto nel suo momento di sfoggio virtuosistico, cioè il pas d’esclave del I atto, dove brilla nella sua variazione, disegnando un’aggraziata diagonale. Del pari, il Lankedem di Walter Maimone è solido e fisico, specialmente nei salti e nelle figurazioni: danza assai bene, quindi, assieme alla Salvi. Val bene rammentare, inoltre, la variazione di Maimone nel pas d’esclave, dove il danzatore dà corpo a tutta la sua energia e abilità tecnica. Michele Satriano danza un energico e scattante Birbanto.
Ancora una volta il corpo di ballo dell’Opera di Roma regala un saggio delle sue squisite capacità. Le coreografie di gruppo sono magnifiche, tutte di livello assoluto. Basti citare le violente figure, fisiche e muscolari, dei corsari, la sensuale danza delle odalische del I atto e l’intermezzo onirico dell’atto III (quando il Pascià si addormenta e sogna), perfettamente danzato dalla compagine femminile, che dona figure e posizioni di morbida grazia, a testimoniare l’eccellente stato artistico di questa compagnia.
La direzione musicale di Alexei Baklan, energica, ben ritmata e attenta all’azione scenica dei danzatori, accompagna benissimo la partitura. Peraltro, come ho già avuto modo di ricordare, Baklan è pure l’autore della versione coreografata da Martínez, dimostrando che si può ancora lavorare sulle opere e i balletti in maniera ottocentesca: cioè con notevole libertà nella manipolazione dei contenuti. Gli applausi finali sono incontenibili e testimoniano l’apprezzamento del pubblico.