Maratona sulle punte
di Sergio Albertini
La stagione estiva del Lirico di Cagliari si chiude con un corposo galà del Ballet Nice Méditerranée, con la direzione musicale di Tommaso Ussardi.
CAGLIARI, 13 luglio 2022 - Nasce nel 1947, il Balletto dell'Opera di Nizza, seguendo le vicende di molte compagnie analoghe, tra fasti, successo e una progressiva perdita di appeal, fino a che, nel 2009, una rinnovata amministrazione comunale si impegna per ridare nuovo slancio alla compagine nizzarda affidandone la direzione artistica ad Éric Vu-An, il cui curriculum lo vede già diciannovenne protagonista nel ruolo di Basilio nel Don Chisciotte su precisa scelta di Rudolf Nureyev, che lo vorrà ancora in Romeo e Giulietta e nel Lago dei cigni. Sarà poi Bejart a volerlo come protagonista nel Bolero di Ravel, nell'Eletto della Sagra della Primavera. Ancora, nell'87, Nureyev gli offre un contratto da solista ospite permanente all'Opéra di Parigi, in coreografie di Roland Petit, Lifar, Neumeier, Balanchine, fino al mitico Fauno nella coreografia di Vaslav Nijinski. Da Bordeaux ad Avignone, da Marsiglia, non si contano incarichi, performance, coreografie. Fino appunto al 2009, in cui il suo arrivo a Nizza dà vigore al rinominato Le Ballet Nice Méditerranée: nuove collaborazioni con diverse istituzioni, una apertura verso la città con programmazioni estive. E tante tournées: in Italia, ad esempio, sono stati ospiti a Parma e ad Udine (2013), al Ristori di Verona (2015), a Brescia e Piacenza (2016) con uno dei loro cavalli di battaglia, il Don Chisciotte, a Bologna con Trittico e nel 2018 all'Auditorium Parco della Musica a Roma. A Cagliari, a conclusione di una breve e modesta programmazione estiva del Lirico, chiudono con un Gala. Un Gala il cui limite è in primis nella formula stessa: tranne che per due brani, le coreografie sono tutte di Vu-An, di rigorosa impostazione classica, lasciando fuori pagine del loro repertorio che probabilmente avrebbero avuto un fascino maggiore: e penso a Night creature firmata da Alvyn Ailey o alla Cantata 51 di Maurice Béjart., fino a quella Oceana appositamente creata nel 2011 da Lucinda Childs per il Ballet Nice Méditerranée.
Lo spettacolo, due ore circa di durata con due lunghi intervalli, inizia con il Prelude dalla Sylvia di Delibes; ad apertura di sipario, un fondale dipinto con un tempio antico (che riprende le forme di quello di Paestum) che si riflette sulle acque di un fiume che scorre in una assolata campagna sembra voler restituire la componente mitologico-arcadica del soggetto (l'Aminta di Tasso, 1573), in associazione ai costumi, dalle leggiadre tuniche di foggia greca alle ninfe velate). Una suite di brani offre ad un nutrito gruppo di ballerini (Les Chasseresses e Les Ethiopiens, con posture delle braccia e delle mani che richiamano l'iconografia egizia) l'opportunità di mostrare il buon livello tecnico della compagnia; tra i solisti di questa piccola selezione, la Sylvia di Alba Cazorla (con una impercettibile insicurezza nell'esecuzione del Pizzicato), l'Aminta di Isaac Shaw e Le Marchand di Thomas Rousse. Dopo l'intervallo, una lunga sequenza di numeri, non tutti entusiasmanti. Si inizia con un estratto dal Grand pas classique da Raymonda di Glazunov (solisti Alicia Fabry e Noah Durdop), seguito da quello che, a mio avviso, è stato il momento più alto e intenso dell'intera serata, il trio finale da Demons et Merveilles. Ispirato dal e al film Les Visiteurs du soir di Marcel Carné nel 1942, è coreografato da Julien Guérin per il Ballet Nice Méditerranée nel 2019; i tre ottimi protagonisti, Julie Magnon (Anne), Luis Valle (le Diable) e Alessio Passaquindici (Gilles) – 35enne danzatore barese che la stampa francese ha definito «il Billy Elliot italiano» - hanno costruito un intreccio di movimenti armoniosi e conflittuali assieme, ma sempre intrisi di una sincerità esecutiva di ottimo livello. Ecco l'Adage à la rose da La bella addormentata di Čajkovskij di impeccabile eleganza (solista Ekaterina Oleynik, Aurore, nota anche per aver partecipato a diversi spettacoli in Italia, dall'Aida zeffirelliana a Verona ad una Giselle al San Carlo di Napoli) e che di lancia in una serie di développés, à la seconde, equilibri en attitude che hanno ottenuto meritati applausi. È seguito un divertissement, un Pas de deux de la perruque coreografato da Luciano Cannito, già Direttore Artistico del Balletto di Napoli, del Balletto di Roma, dal 1998 al 2002 del Teatro San Carlo di Napoli, dal 2005 al 2013 del Teatro Massimo di Palermo, e dal 2010 al 2013 ha ricoperto la cattedra di Danza Classica e Neoclassica nella scuola televisiva Amici di Maria De Filippi. Il divertissement, sulla musica di “Amami Alfredo” dalla Traviata, fa parte di un balletto comico, Viva Verdi, che strizza l'occhio un po' all'accademia e un po' al burlesque. Così i due solisti, Lisa Bottet e Ivan Maimone, imparrucati in stile Sensualità a corte creano inciampi reciproci mentre sul fondo 'les petits cygnes' (meritano segnalazione: Nina Martiarena, Sayaka Tanno, Sarah Barthez, Madeleine Pastor) alternano gesti e posture classiche ad un brutalismo ritmico parodistico.
Si torna alle coreografie di Vu-An con un suggestivo Eden (con musiche tratte dall'Orfeo ed Euridice di Gluck), solista Veronica Colombo, circondata da un ensemble che regge tra le mani un bambolotto bianco, atmosfera inquietante che mescola innocenza e morte, sensualità ed esclusione. Concludeva la prima parte uno dei cavalli di battaglia della compagnia, alcuni estratti dalle nozze dal Don Chisciotte di Ludwig Minkus (apprezzabili i costumi sui toni del rosso e del nero: hanno convinto il Basilio di Danilo Notaro (solista del Balletto del Teatro San Carlo di Napoli) con una cura nell'utilizzo dei giri, la Kitri di Ekaterina Oleynik dall'ottimo controllo tecnico, Julie Magnon come damigella d'onore assieme a tutte le altre damigelle.
Dopo il secondo intervallo, gran finale con Le ballet de Faust dall'opera di Gounod; stavolta la ricostruzione di una efficace scenografia (tripodi con fuoco reale, cinque grandi lampadari sospesi ed altri elementi scenici che rimandano alla notte di Valpurga), il ricordo di certa vitalità espressiva di Bejart, l'accademico Mefistofele in rosso (Alessio Passaquindici), la coppia di innamorati (Ilenia Vinci e Zhani Luka) contribuiscono, assieme al sabba finale, ad una chiusura di grande effetto. Una nota di merito a Tommaso Ussardi che, dal podio, ha condotto una serie caleidoscopica di pagine mantenendo sempre il giusto rapporto con la scena e avendo a disposizione un'orchestra, quella del Lirico, in particolare stato di grazia (dagli ottoni in Čajkovskij al violoncello solista. Emanuele Galanti, in Bloch, al flauto di Stefania Bandino in Gluck all'arpa di Maria Vittoria De Camillo. Un'ultima citazione per l'efficace uso delle luci di Felix Pong Loi (responsabile luci) e Jean-Chrisyophe Allard-Jacquin (tecnico luci). Una serata che meritava ben più pubblico di quello, sparuto, presente in sala (nonostante i prezzi abbordabili e le numerose facilitazioni).