La disegnano così
di Roberta Pedrotti
A. Berg
Lulu
Petersen, Graham, Brenna, Groves, Reuter, Winkler, Grundheber
direttore Lothar Koenigs
regia William Kentridge
The Metropolitan Opera Orchestra
New York, Metropolitan Opera House, 21 novembre 2015
The Metropolitan Opera HD BD+DVD, NONESUCH 7559-79453-7, 2016
Lulu è un'idea. O, meglio, è l'idea che gli altri si fanno di lei, cercano in lei quando la incontrano e la desiderano. Non è, allora, di per sé la femme fatale serpentina che scatena gli istinti e innesca la catena distruttiva, ma un catalizzatore, a suo modo innocente, delle pulsioni e dei desideri inconfessati e inconfessabili di chi la circonda. Lulu è colei che la si crede: più che modella e musa del pittore, la tela su cui l'artista proietta l'immagine di una donna ideale, quasi un oggetto. La vediamo così, nell'allestimento firmato da William Kentridge, trattata come un collage, una bambolina umana cui sovrapporre, come in un quadro, enfatici ed elementari attributi sessuali, volti quasi annullati, mani stilizzate e sovradimensionate. In una scena che è un continuo quadro in movimento si proietta ancora questa donna continuamente disegnata e ridisegnata, volutamente e spietatamente ipersessalizzata, privata dell'identità. Finché della vera Lulu in carne ed ossa, nell'epilogo (si esegue la versione completata da Cerha), non resta che un relitto corroso e usurato.
Questa Lulu è come un dipinto che continua a dipingere sé stesso, un gioco speculare perverso e labirintico in cui Kentridge sapientemente inserisce riferimenti precisi al contesto in cui nacque l'opera, sia nei riferimenti a personaggi reali (Alwa è il ritratto di Alban Berg) sia nei richiami all'arte e alla cultura del tempo (massime la pittura tedesca fra le due Guerre). Prevale il bianco e nero, con alcune violente pennellate in costumi dai colori acidi; l'atmosfera è perturbante, sospesa in questa continua allusione mentale in cui è impossibile distinguere l'incubo, la stilizzazione artistica e la realtà, se mai è possibile parlare di realtà e non di percezione onirica, distorta, speculativa di essa, di una sua sfiancante rielaborazione artistica. Lothar Koenigs, sul podio, lavora in perfetto accordo con Kentridge: l'immagine e il suono sono un tutt'uno, sia nell'essenzialità dei colori, sia nel dosaggio della violenza e dell'alienazione, anche là dove Berg insinua l'insidia di un allettante lirismo, ché nulla è reale, ma nulla è banalmente fasullo o immaginario.
Su questo ambiguo crinale si muove perfettamente Marlis Petersen, che possiede l'indispensabile physique du rôle, la vocalità adamantina, ora dolce ora tagliente, la padronanza perfetta del personaggio in un canto mobile nelle bizze, nell'eros, nel candore, vittima più che carnefice, ma così straordinariamente, innocentemente naïve e sfaccettata da rivelarsi la trappola più terribile, che amplifica gli abissi più reconditi dell'anima di chi la circonda distruggendo, infine, sé stessa e gli altri. Le fa da doppio discreto quanto perturbante una sosia di Louise Brooks (la protagonista del film di Pabst divenuta icona del personaggio con il suo caschetto nero), impettita e impeccabile nel suo completo borghese che via via pare esplodere in gesti meccanici inconsulti, un automa che forse allude al clima di Metropolis di Lang e si fa a sua volta portatore di una sessualità distorta e strumentalizzata.
Tutto il cast che fa da corona alla protagonista è impeccabile nella resa musicale e teatrale, a partire dalla Contessa Geschwitz di Susan Graham - il cui raccogliere il relitto esausto di Lulu può essere effettivamente l'unico gesto d'amore nel dramma, ma anch'esso subordinato a una prospettiva che vede sempre nella giovane non un soggetto quanto un oggetto su cui proiettare e sublimare il proprio io. Daniel Brenna, Alwa, Paul Groves, il pittore, Johan Reuter, Schön e Jack lo squartatore, Martin Winkler, il domatore e l'acrobata, Franz Grudheber, Schigolch, e tutti i componenti del nutrito cast si muovono a meraviglia in questo mondo che rifugge consolidati cliché grotteschi e caricaturali. L'espressionismo di Ensor, con le sue allusioni carnascialesche e circensi, fa spazio alla Neue Sachlichkeit e a Die Brücke, a un diverso turbamento nel fare dell'interiorità, attraverso l'arte, una realtà alternativa.
Il cofanetto comprende l'opera sia in DVD sia in Blu Ray, scelta che, non incidendo sul prezzo di vendita finale, ci pare ben più saggia e meno dispersiva della commercializzazione separata nei due formati. Al solito mancano testi e sottotitoli in italiano, ma oltre al tedesco cantato e all'inglese dell'intervista al regista e degli interventi di Deborah Voigt (uso del Met è affidare la conduzione delle sue dirette, da cui è tratto anche questo video, a celebri artisti), sottotitoli nelle medesime lingue e in francese, russo, spagnolo e svedese possono aiutare i più nella comprensione.
Ottima la ripresa in HD.