Fratelli Aus Italien
di Pietro Gandetto
Concerto della Filarmonica della Scala guidata dalla brillante concertazione di Fabio Luisi e con l’agile archetto di Sergej Krylov. Un programma che spazia da Panfili, Paganini e Strauss.
MILANO 11 aprile 2016 – Il concerto si apre con la prima assoluta di Oltre la linea per grande orchestra di Riccardo Panfili, composta nel 2016 su commissione della Filarmonica della Scala e con dedicatario Clemens Wolken. Riccardo Panfili – compositore tra i più apprezzati della sua generazione – propone un affresco sinfonico che non si discosta molto dal lessico orchestrale già sperimentato con L'Aurora, probabilmente, eseguita in prima assoluta, sempre alla Scala, nel 2014 con la direzione di Antonio Pappano. Anche qui il linguaggio orchestrale di Panfili rifugge qualsiasi intento descrittivo o declinatorio e sacrifica il melodismo musicale in favore di un’astrazione e una complessità che fanno degli strumenti veri e propri personaggi. Ogni sezione fa il suo rapido ingresso in scena e la sua rapida uscita per lasciare il posto a un altro personaggio. Repentini cambi ritmici, alternanze timbriche e colori eterogenei sono gli ingredienti attraverso i quali Panfili ricava una teatralità musicale cupa e frammentaria, che sembra presagire un’esplosione improvvisa. L’esplosione della tensione musicale in effetti arriva, ma solo sul finale. A fine performance, Panfili sale quindi sul palco, stringe la mano a Luisi, e con lui si prende i meritati applausi.
La serata prosegue con il Concerto n. 5 in la minore per violino e orchestra di Niccolò Paganini, eseguito dal paganiniano DOCG, Sergej Krylov, tra i maggiori esponenti della scuola russa. Che Krylov sappia esaltare esponenzialmente questa musica con il proprio esasperato virtuosismo è fuor di dubbio. Peccato che, molto spesso, l’eccesso di virtuosismo sia al contempo croce e delizia sul piano della resa complessiva dell’opera. Rispetto alla brillantezza dei Capricci o di altre composizioni del genovese, nel concerto n. 5 si registra un certo appiattimento del lessico orchestrale e lo sviluppo delle acrobazie demandate alla parte solistica non pare sorretto da un’originalità tematica degna di nota. Com’è noto, la partitura originale, composta presumibilmente intorno al 1830, è andata perduta, sopravvivendo solo la parte solistica, e la partitura di Federico Mompellio del 1958, “ricucita” sui frammenti esistenti, fa quel che può, ma si sente che non è fino in fondo Paganini.
Krylov regala un’esecuzione mirabile sotto il profilo tecnico, e priva di sbavature, con virtuosimi ai limiti dell’eseguibilità. Tuttavia, l’espressività e la resa complessiva dell’esecuzione (pur impeccabile), ove calati nell’ambito di una scrittura tra le più impervie del repertorio violinistico, non sono stati ugualmente appaganti. Ma ce ne fossero, di virtuosi come Krylov!
Dopo l’intervallo, il concerto riprende e forse inizia”ì davvero, con il fiore all’occhiello della serata, l’Aus Italien, fantasia sinfonica in sol maggiore, op. 16, di Richard Strauss: un meraviglioso florilegio orchestrale in cui l’autore tedesco mise tutto quello che a suo giudizio sapeva d’Italia negli anni della sua visita nel bel Paese. Con quest’opera, composta nel 1898, Strauss dà sfoggio di una tavolozza cromatica e timbrica di strabordante espressività, contrassegnata da un’estrema padronanza dell’elemento tematico e da una raffinata efficacia evocativa. I quattro movimenti, ispirati, rispettivamente, alla campagna e alle rovine romane, alla riviera sorrentina e alla vita popolare napoletana, articolano un effetto illustrativo di sicuro impatto, quasi “da cartolina”. Fa il paio con l’opera di Strauss l’apprezzatissimo programma di sala arricchito da preziose illustrazioni di opere pittoriche raffiguranti i temi dell’Italiana di Strauss.
In sostanza, un programma assai eterogeneo e impegnativo, che è parso però privo di un vero e proprio filo conduttore, in grado di “legale” i brani eseguiti. Il rischio che il concerto fosse degradato a una mera esecuzione musicale, priva di un valido sviluppo tematico uniforme è stato invero scongiurato grazie alla mirabile concertazione di Fabio Luisi, che ha saputo avvincere dal medesimo fil rouge interpretativo un repertorio apparentemente poco uniforme. L’estrema lucidità interpretativa e la concretezza orchestrale di Luisi si caratterizzano con attacchi morbidi, ma perentori. L’espressività del gesto veicola le varie sezioni ottenendo risultati appaganti grazie a legati, colori, e respiri di sicuro impatto. Il maiuscolo contributo dei professori della Filarmonica diventa prezioso materiale nelle mani di Luisi, che regala, soprattutto nelle pagine più elegiche della fantasia di Strauss, momenti di ampio lirismo melodico.
La serata si è chiusa con ampi applausi e calorosi apprezzamenti per il Maestro Luisi e per tutto l'ensemble.