Jeffrey Tate, o l'essenzialità
di Federica Fanizza
Un gesto asciutto netto e preciso, quasi meccanico: così il direttore d'orchestra d'origine inglese Jeffrey Tate si è presentato sul podio del Auditorium del Centro Santa Chiara mercoledì 18 maggio 2016 in uno degli ultimi appuntamento della Stagione dell'Orchestra Haydn di Trento e Bolzano.
TRENTO, 18 maggio 2016 - È una presenza eccezionale, quella di Jeffrey Tate in Trentino Alto Adige dopo un concerto memorabile tenuto la scorsa estate a Dobbiaco, nuovamente a capo dell’Orchestra Haydn di Bolzano e Trento, per la prima volta compreso nella Stagione concertistica. Il programma comprendeva l’Introduction and Allegro op. 47, di Edward Elgar del 1905 scritto per quartetto (Stefano Ferrario in qualità di primo violino, Roberto Tomada nella veste di secondo violino, Gabriele Marangoni alla viola e Luca Pasqual al violoncello, prime parti dell'Orchestra) e orchestra d’archi, per concludersi con la Sinfonia n. 102 di Haydn e con la Sinfonia n. 39 di Mozart, la prima delle tre grandi sinfonie scritte dal salisburghese nell'estate del 1788.
“Si diventa medici per aiutare le persone. Io dirigo ottanta persone oggi in un'orchestra e la medicina mi ha aiutato a capire l'essere umano. Sono passati quarant'anni, ma quegli studi mi sono serviti". Pur scegliendo di portare a conclusione gli studi in medicina e di svolgere per un periodo la professione medica, ha continuato fin da bambino lo studio della musica e a coltivare la sua autentica passione, la direzione d'orchestra, che ben presto diviene la sua occupazione principale. A cinque anni intraprese lo studio del pianoforte e nel 1970 entrò a far parte dello staff della Royal Opera House Covent Garden di Londra come maestro collaboratore e assistente alla direzione musicale. Nel 1976 Pierre Boulez lo scelse come suo assistente a Bayreuth, in occasione della celebrazione del centenario del Ring wagneriano.
Al suo apparire in pubblico, Jeffrey Tate si presenta gracile e minato nel fisico, ma nel momento in cui prende posizione, seduto, sul podio si ha la sensazione di avere davanti una figura che sappia dominare l'orchestra con l'autorità scaturita dal'esperienza, dallo studio approfondito, dalla collaborazione con maestri del calibro di Solti, Colin Davis, Kempe, Carlos Kleiber. L'accurato e meticoloso lavoro preliminare con gli strumentisti è tanto più evidente quanto più il gesto apapre essenziale.
Lo ha dimostrato subito con il brano di Elgar, liberandolo da qualsiasi pomposità vittoriana e monumentale. Jeffrey Tate pretende chiarezza e precisione ritmica: non bisogna aspettarsi , quindi, toni di leziosità o frivolezza nella lettura delle due sinfonie di Haydn e di Mozart, in cui è evidente la ricerca di un irrobustimento sonoro e timbrico che le avvicini all'universo sonoro del maturo classicismo sinfonico di Beethoven, che di Haydn fu allievo. L'orchestra risponde accentuando gli attacchi degli archi specie in Mozart, in cui fa emergere sonorità cupe e melanconiche nel finale del secondo movimento e scandisce nettamente la struttura ritmica dell'ultimo movimento.
Al termine del concerto il pubblico ha omaggiato il lavoro di Tate e dell'orchestra con lunghi e calorosi applausi, tributo dovuto anche al lavoro della direzione artistica che ha saputo coinvolgere nelal programmazione i protagonisti della scena musicale internazionale.