Le promesse di Andrzej
di Roberta Pedrotti
Interessante esordio bolognese per il ventenne polacco Andrzej Wiercinski - già esibitosi in Italia fra gli appuntamenti di Expo - alle prese con un repertorio impegnativo e variegato.
BOLOGNA, 23 giugno 2016 - Il fascino di Tadzio non tramonta mai, specie quando un bel ragazzo polacco, biondo e vagamente efebico, vanta anche il talento per il pianoforte.
Già apparso in Italia in occasione di Expo, Andrzej Wiercinski torna ora, per la prima volta, con un recital nel quale assortisce un articolato biglietto da visita, nel quale manca – con evidente intenzione di evitare facili etichette – proprio il compatriota Chopin, che pure compare nel CD d'esordio prodotto dall'istituto nazionale consacrato al compositore.
La prima parte di apre e si chiude all'insegna di Bach, dapprima con il dazio dovuto alla curiosa passione dei pianisti slavi per il Preludio in si minore trascritto da Alexander Siloti (trascrizione che pare a chi scrive stucchevole anzichenò), poi con la Ciaccona in re minore nell'elaborazione – di maggior respiro intellettuale – di Busoni.
Fra i due, la celeberrima, e fors'anche per questo non troppo frequentata in concerto, Sonata n.11 il la maggiore KV 331 di Mozart, lo Studio Trascendentale n. 8 in do minore S. 139/8 di Liszt e l'Ètude tableau in do minore op. 39 n.1 di Rachmaninov. L'esecuzione, per quanto non intonsa (ahi, quel dito che scivola al posto sbagliato proprio nel Rondò alla Turca!) rivela un talento in evoluzione, tecnicamente ben coltivato, un tocco chiaro, una curiosa levità innata sposata a un'istintiva propensione per un pianismo romantico e tardoromantico più esuberante: in Liszt e in Rachmaninov Wiercinski si diverte, è evidente, salta fra le ottave, fa risuonare i bassi. Lo fa senza esagerare, ma lasciando intuire che questo è un repertorio che gli piacerebbe molto coltivare in futuro. Frattanto gli è complice un simpatico pipistrello che sembra improvvisare una danza di picchiate e ardite evoluzioni in perfetto connubio con le note di Rachmaninov.
Per il resto guardiamo al futuro, ché la personalità artistica di Wiercinski pare ancora un pochino acerba, un talento quantomeno in divenire e in via di affinamento. Con i suoi vent'anni, l'ottimo materiale e la base di studi saldi e raffinati non v'è dubbio che ci si possa aspettare un'interessante evoluzione, acquisendo anche l'esperienza e la forza interpretativa per dispiegare il carattere visionario dei Quadri di un'esposizione di Musorgskij, che occupavano tutta la seconda parte del concerto e che hanno ribadito le promesse di Wiercinski, ma anche come l'energia per abbracciare e dipanare le pagine più epiche (in particolare il finale con la grande porta di Kiev) debba ancora svilupparsi pienamente, così come la grazia del tocco potrà declinarsi in un caleidoscopio di intenzioni e fraseggio più arguto e intrigante, differenziando a dovere il Mercato di Limonges dalla Danza dei pulcini o dalla Capanna di Baba Yaga.
Frattanto, il pubblico è già con lui, lo applaude, lo festeggia, accoglie con gioia i due bis (Scarlatti) che con semplicità ed eleganza rappresentano il grato congedo di Andrzej Wiercinski dopo questo suo primo recital solistico bolognese.
foto Veronica Fornasari