La Baviera seduce Milano
di Pietro Gandetto
Clamoroso successo della Bayerisches Staatsorchester di Kirill Petrenko al Teatro alla Scala. La regale esecuzione di Diana Damrau incanta Milano nei Vier letzte Lieder di Richard Strauss. La Symphonia Domestica di Strauss e il Preludio da Die Meistersinger di Wagner rievocano lo spirito degli autori, parte integrante del DNA artistico degli interpreti.
Milano, 5 settembre 2016 - Ci sono momenti in cui il genio artistico di un compositore raggiunge vertici inarrivabili di creatività e originalità. Probabilmente per Richard Strauss andò proprio così con i Vier Letzte Lieder. Non sappiamo se l’autore li concepì seguendo un’idea unitaria, nell’intenzione di crearne un ciclo, ma l’unità si percepisce, come patrimonio emozionale monolitico, specchio di una condizione umana al tramonto, che vuole calligrafare gli ultimi segni della propria esistenza in maniera indelebile. I Vier Letzte Lieder sono come un rito della memoria, una cerimonia che Strauss riserva a sé stesso, per riassumere la propria esistenza di uomo e di artista. Una musica necessaria, definitiva, che chiude il cerchio, per il compositore come per chi ne sia degno. Luminosi, pacati e tormentati, non vi si scorge alcuna melancolia da commiato o alcun patetismo crepuscolare, ma semplicemente un autografo, un’eredità salvifica, come un rito di passaggio nell’aldilà. La natura, l’amore, la vita, la morte, tutto è trasfigurato in queste composizioni che trovano pochissime analogie nel repertorio italiano.
Grazie all’esperienza e all’istinto interpretativo di Diana Damrau, il risultato è dei migliori. L’artista bavarese, che circa un anno fa presentava alla Scala la liederistica ‘da salotto’ (leggi la recensione), si sposta ora su pagine in cui la voce si fonde con l’orchestra, per diventarne uno strumento al pari degli altri. Una scelta coerente con l’evoluzione della vocalità di Damrau tesa oggi verso un maggior lirismo, che le consentirà di debuttare il ruolo della Contessa nelle Nozze di Figaro dirette da Möst il prossimo ottobre alla Scala.
L’interpretazione del soprano si fa apprezzare per una raffinatezza esecutiva ricca di colori, sfumature, filati e slanci. Il fraseggio è aderente alle intenzioni della compagine orchestrale, versata in questo repertorio e fortemente coesa nella ricerca della tinta straussiana. Una sapienza interpretativa che scorre nel DNA di questi musicisti, così come il suono verdiano sgorga dagli archetti dell’orchestra scaligera. L’orchestra è bavarese come lo è la signora Damrau, che in un'intervista sottolinea la presenza immancabile di Strauss nelle stagioni teatrali di Monaco e nella formazione di ogni musicista della zona.
Kirill Petrenko, promesso sposo dei Berliner Philharmoniker dal 2018, guida la monumentale compagine con autorevolezza. Il gesto, personalmente, non pare dei più raffinati. Ampio, quasi distraente, ma evidentemente funzionale alla resa di questo repertorio. Nel Preludio da Die Meistersinger, probabilmente uno dei più riusciti di Wagner, Petrenko tenta di asciugare il suono dell’orchestra per evitare che la magniloquenza wagneriana strabordi nell’eccesso interpretativo. I tempi sono in generale piuttosto spediti.
Nella Symphonia domestica – risalente al 1902 – abbondano i richiami al Rosenkavalier, opera con cui Petrenko ebbe uno dei suoi primi successi internazionali dirigendola alla RAI di Torino nel 2001 in sostituzione di Giuseppe Sinopoli. La concertazione è qui contraddistinta da un tono vivido e appassionato, unito a una buona penetrazione analitica del fraseggio. L’idea è quella di una sinfonia domestica, ma istituzionale. I corni, i clarinetti, gli xilofoni emergono dalla mastodontica compagine orchestrale con una precisione talvolta non metronomica, ma sicuramente d’effetto per quanto concerne il carattere e la forza espressiva.
Petrenko concede un bis, Stürmisch in Lieb' und Tanz di Johann Strauss jr. La Scala ne vorrebbe altri, ma niente: ci toccherà aspettare il prossimo tour o fare una trasferta a Monaco di Baviera.
foto Brescia Amisano