Rachmaninov alla russa
di Emanuele Dominioni
Grande successo per l'Orchestra Verdi di Milano diretta da Stanislav Kochanovsky e per la pianista Lilya Zilberstein in un programma tutto dedicato a Rachmaninov.
MILANO, 29 settembre 2016 - Il 29 settembre 2016 Rachmaninov torna a Milano attraverso lo sforzo e il talento congiunto di due blasonati connazionali dell'autore, di generazioni diverse, ma entrambi già notoriamente affermati: Stanislav Kochanovsky e e Lilya Zilberstein.
Nella preziosa cornice musicale dell'auditorium Verdi, risuonano le eloquenti note di due capolavori del compositore russo, il Concerto n° 3 per pianoforte e orchestra in re minore op.30 e la Sinfonia n° 1 in re minore op.13.
La grande maestria tecnica e stilistica della Zilberstein emerge immediatamente fin dall'incipit del Concerto, in cui ella disegna un arco di mirabile fluidità fraseologica e perizia interpretativa, in assoluta comunione con la direzione di Kochanovsky. Il virtuosismo pianistico e l'approccio allo strumento ricordano molto le gesta della grande Argerich con cui la Zilberstein ha lungamente e a più riprese collaborato. È indubitabile, però, anche l'assoluta empatia della pianista russa con questo repertorio, attraverso il quale ella si è resa celebre al pubblico di tutto il mondo.
Il primo movimento procede librandosi speditamente, senza troppi indugi; l'impressione ascoltandola e vedendola è quella di una rigorosa maestria esecutiva, in cui ogni variazione dinamica e agogica e financo i più impervi passi virtuosistici rimangono all'interno di una grande compostezza stilistica e di un disegno musicale unitario.
Kochanovsky riesce a concertare mantenendo un costante dialogo fra solista e orchestra, dando risalto alla straordinaria varietà della scrittura, in cui temi si alternano e passano fra orchestra e pianoforte senza soluzione di continuità.
Grande è il successo che viene tributato a entrambi alla fine della prima parte del concerto, in cui il crescendo inarrestabile del terzo movimento “Alla breve” esplode in uno scrosciante applauso del pubblico presente in sala.
Nonostante la sfortunata vicenda che accompagnò lil debutto della prima sinfonia op.13, rimasta dopo quell'occasione in ombra per decenni, Rachmaninov dà vita a un'opera dal carattere possente sia sul piano tematico sia su quello dell'orchestrazione. La complessità della scrittura e la grande tavolozza cromatica concorrono a renderla di diritto pienamente accostabile ai molti altri capolavori dello stesso genere nati nel decennio 1884-1894.
L'andamento a tratti rapsodico della scrittura non inficia il disegno musicale unitario, rafforzato dall'idea tematica esposta nell'incipit del primo movimento, tratto dalla sequenza del Dies Irae e che ritorna in tutti e quattro i movimenti.
L'Orchestra Verdi in organico pieno riesce nell'intento di imprimere forza e vitalità al tortuoso fraseggio, compattandosi con esiti alterni per ciò che concerne la corposità sonora. Kochanovsky è vigile e attento concertatore, grande esperto di questo repertorio al netto della giovane età: mantiene tempi piuttosto spediti, nonostante la monumentalità dell'organico, sfruttando appieno le potenzialità sonore della compagine meneghina e siglando il successo della serata.