Belcantiste in Africa
di Francesco Lora
Già nota nella sua bizzarra trasposizione spazio-temporale, la Norma della Fenice torna con locandina musicale rinnovata: la concertazione di Callegari e le voci di Devia, Aronica, Constantinescu e Lim.
VENEZIA, 18 settembre 2016 – Ripresa della Norma di Vincenzo Bellini al Teatro La Fenice: quattro sole recite, ampiamente intervallate dal 27 agosto al 18 settembre, così che la compagnia di canto si presenta riposata come non mai. Lo spettacolo è ancora quello con regìa, scene e costumi di Kara Walker, varato l’anno scorso e qui già recensito [leggi la recensione], dove i Galli divengono una tribù dell’Africa nera e i Romani una masnada di colonizzatori europei, e dove a mettere in crisi l’operazione è la musica stessa, occhieggiante alle pompe dello stile Impero anziché a esotismi equatoriali. In massima parte nuova, invece, è la locandina musicale, dove i punti di forza sono ridistribuiti e accresciuti.
La concertazione di Daniele Callegari si inserisce infatti nella tradizione recente con pragmatica solidità e attenzione al canto, ripristinando anche qualcosa dagli sciocchi tagli apportati un anno fa da altra bacchetta e puntualmente stigmatizzati in queste pagine.
Ottimo, spesso favoloso e difficilmente insidiabile il gruppo dei cantanti: ieri v’erano Carmela Remigio, Gregory Kunde, Veronica Simeoni e Dmitry Beloselskiy, con un netto primato tecnico e stilistico nel tenore; oggi vi sono Mariella Devia, Roberto Aronica, Roxana Constantinescu e Simon Lim, con resa individuale tanto alta quanto più condivisi sono i meriti.
Nella parte del titolo, la Devia è la stessa del debutto bolognese del 2013: registro acuto sciabolante, registro medio sorprendente, registro grave sorvegliato, impavido scarto tra gli stessi nel canto di sbalzo, fiati senza termine, agilità non sciolta come un tempo ma di aumentato peso specifico, variazioni e cadenze inedite anziché ripescate dalla tradizione pigra, limitatissimo adattamento di una tessitura poco acconcia (per esempio nel furibondo attacco della stretta del Finale I, ma non in quello contraltile e scabroso dell’ultimo duetto), personaggio senza molta introspezione personale ma vestito con encomiabile autorevolezza d’accento.
Le è accanto il più degno Pollione: còlto in forma smagliante, Aronica compiace per facilità estensiva, freschezza timbrica e franca comunicativa, e s’intende alla perfezione con le due belcantiste. La seconda, Constantinescu, era già apparsa in qualche recita dell’anno scorso: reca ora una voce meno anfibia verso il soprano e più schiettamente mediosopranile, oltre che un carattere piuttosto maturo al personaggio dell’adolescente Adalgisa, un’emissione rotonda e l’onesta rinuncia ai Do sopracuti in partitura.
Infine, un bell’aggiornamento: lo stesso Simon Lim che nella recente Favorite veneziana [leggi la recensione] era apparso immaturo nei panni ieratici di Balthazar, in questa Norma e come Oroveso vanta tutta l’aura sacerdotale là mancata, e con essa una sontuosità di risorse vocali – timbro, omogeneità, volume – sempre più da ammirare.