Les Horaces, un Salieri per intenditori
di Francesco Lora
Christophe Rousset, i suoi Talens lyriques e una compagnia di cantanti specialisti hanno riportato in luce la rarissima tragédie lyrique salieriana: tre giorni dopo l’esecuzione all’Opéra royal di Versailles, anche il Theater an der Wien si entusiasma per una lettura perfetta.
VIENNA, 18 ottobre 2016 – Belle sono le stagioni d’opera ben fatte (come quella del Theater an der Wien: una sorta di festival lungo nove mesi) e quelle strabocchevoli (come quella della Wiener Staatsoper: una quarantina di titoli per anno). Ancor più belle sono quelle ideali che nascono a sorte dall’incrocio di più stagioni nella stessa città: senza che vi sia un vero accordo preventivo tra istituzioni, il tema proposto dall’una risulta nel contempo sviluppato da un’altra, ma in modo differente e ampliando offerta e prospettiva. È così accaduto che il Theater an der Wien, nell’allestire in forma scenica il Falstaff di Antonio Salieri, [recensione in arrivo] abbia inteso estendere lo sguardo sul compositore offrendo al pubblico non solo l’opera buffa composta per la Vienna del 1799, ma anche una sua tragédie lyrique composta per la Versailles del 1786: Les Horaces. Fin qui, ordinaria strategia di un teatro illuminato. Ma negli stessi giorni la Staatsoper (300 metri in linea d’aria) varava un nuovo allestimento dell’Armide di Christoph Willibald Gluck: altra tragédie lyrique. [recensione in arrivo] Ed ecco i fari puntati non solo su Salieri, ma anche su un sottogenere prezioso, oneroso e poco praticato del teatro d’opera, attraverso due compositori di scuola italiana, di casa a Vienna ed espressi al massimo grado nel loro soggiorno parigino. Affinità di stile e storia che stuzzicano il musicologo più che la semplice giustapposizione di due titoli dello stesso autore.
Altra callida iunctura: alla Staatsoper è stato reclutato come direttore Marc Minkowski, che si è portato dietro l’intera sua orchestra dei Musiciens du Louvre; al Theater an der Wien è stato invece invitato Christophe Rousset insieme con le file strumentali dei suoi Talens lyriques; il che equivale a un raduno dei due più importanti concertatori di musica antica nati in Francia all’inizio degli scorsi anni Sessanta ed emersi in simultaneità nei successivi anni Novanta: i musicisti che, con i loro ensemble strumentali, hanno costituito col più anziano William Christie una renaissance, un gusto, una discografia.
A un più alto livello di avvedutezza ed erudizione si pone oggi il lavoro e l’esempio di Rousset. Non distratto da angoli lontani del repertorio, e benché esperto anche di letteratura musicale italiana, egli dedica oggi il meglio delle proprie forze al teatro d’opera francese sei-settecentesco, con esecuzioni paradigmatiche di titoli di Lully, Rameau, Gluck, Sacchini e Salieri tra gli altri. Nel 2013 il Theater an der Wien aveva coprodotto con l’Opéra royal di Versailles Les Danaïdes di Salieri da lui dirette: [rinvio alla recensione: novembre 2013] un capolavoro di maturità interpretativa, nel contempo fissato in incisione audio. Un’identica coproduzione ha ora dato luogo all’esecuzione dei rarissimi Horaces, la successiva e penultima opera francese di Salieri, drammaturgicamente – non musicalmente – assai più debole della sorella maggiore nonché di quella minore, il superbo Tarare poi accomodato come Axur, re d’Ormus per la scena viennese; assai più debole, si diceva, ma snodo significativo di una carriera e arcibisognosa di un recupero. Recupero che, con Rousset e i suoi, avviene coi fiocchi.
Come dev’essere al cospetto di questo lavoro di transizione, la lettura di Rousset è una sintesi perfetta di eleganza rococò, asciuttezza classica e sferza protoromantica: non un dettaglio è trascurato, ma non un indugio rallenta la corsa della concisissima partitura (un’ora e mezza scarsa per tre atti e due intermezzi analoghi); ogni immaginazione è superata nel constatare come persino i passi di più sfogato furore, nel carattere, divengano occasione di raffinatezza estrema, nel fraseggio. Adamantina perfezione tecnica si trova dunque nelle file dei Talens lyriques, con la trasparenza timbrica che convive col morso temperamentoso; e formidabile è la collaborazione con i cantori del Centre de Musique Baroque de Versailles, preparati dall’esperto Olivier Schneebeli: si ha il piacere raro di una prosodia inappuntabile in un contesto che assegna un ruolo di primo piano al coro.
Il naturale possesso della prosodia francese è il primo requisito ricercato anche nella compagnia di canto, la quale privilegia dunque – come la tragédie lyrique richiedeva ancora sul finire del Settecento – la parola e l’accento sulla prestanza vocalistica. Nella parte di Camille il soprano Judith van Wanroji, già Hypermestre nelle Danaïdes, si lascia così di nuovo ammirare per come mezzi canori di per sé sottili e queruli possano unirsi a tanta eroica risolutezza espressiva e a un così energico gesto retorico. Scaltrito è a sua volta Cyrille Dubois nel veicolare con dovizia di sfumature sdegno, languore e disperazione dell’amoroso Curiace, attraverso una tessitura di haute-contre spaventosamente elevata. L’altro tenore, Julien Dran come Horace figlio, può invece accomodarsi su una linea di canto meno impervia e far valere, con ideale contrasto, la sprezzante fragranza di timbro e porgere. Il baritono Jean-Sébastien Bou veste a sua volta i panni di Horace padre, investendo con profitto un canto piuttosto scabro nel fanatico iperrealismo propagandistico del padre della patria. Un secondo baritono, Andrew Foster-Williams, artista di singolare sottigliezza espositiva anche nel repertorio contemporaneo e unico non madrelingua francese qui coinvolto, brilla per smalto e vigore nel doppio (e non breve) cammeo del Gran Sacerdote e del Gran Sacrificatore. Ma nelle parti minori meritano la menzione, per puntualità di lettura e freschezza di mezzi, anche il soprano Eugénie Lefebvre, come Ancella di Camille, e il tenore Philippe-Nicolas Martin, come Oracolo, Albano, Valère e Romano. Successo entusiastico e replica a furor di popolo di un frammento del primo intermezzo: a Vienna, le tragédies lyriques regolarmente lì recate da Rousset sono da tempo un appuntamento irrinunciabile per gli intenditori.