L’Ape musicale

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La sfortuna di Minnie

 di José Noé Mercado

Produzione sospesa dopo la prima a causa del terremoto, La fanciulla del West conferma la triste fama di opera sfortunata in Messico.

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CITTA' del MESSICO, 17 settembre 2017 - La settima opera di Giacomo Puccini, La fanciulla del West (1910), su libretto di Guelfo Civinini (1873 – 1954) e Carlo Zangarini (1874 -1943) da The Girl of the Golden West di David Belasco (1853 - 1891), in Messico gode curiosamente fama di jettatura. Un qualcosa di negativo improbabile ma non impossibile.

E non tanto per la leggenda secondo cui sarebbe stata commissionata al compositore da parte del regime porfirista per celebrare il centenario dell'Indipendenza e poi rigettata per il soggetto e l'immagine che offriva dei messicani, essendo il protagonista maschile, Ramérrez, alias Dick Johnson, un bandito in incognito del Far West, benché la crezione artistica possa ben sperimentare una ucronia a partire da una realtà storica confermata da parecchi dettagli. 

Lo è molto di più perché se si è pensato a essa (Adamo Boari, Gustavo Campa, Justo Sierra, perfino Porfirio Díaz) come debutto pucciniano impareggiabile per l'inaugurazione del Teatro Nacional (che poi sarebbe stato il Palacio de Bellas Artes), previsto per il 1910, Giacomo Puccini, essendo figura di primo piano fra i compositori dell'epoca, non si entusiasmò all'idea di far nascere una delle sue opere in un luogo senza storia e prestigio. Rifiutò l'offerta. Tanto meglio. Perché in Messico, quell'anno, non ci fu nessuna inaugurazione del Teatro Nacional, bensì una rivoluzione. E le Bellas Artes ha aperto le porte solo nel 1934.

Una rappresentazione del 1920 al Teatro Arbeu da parte di una compagnia itinerante ha permesso infine l'esordio dell'opera in Messico dopo vari annunci e tentativi falliti e per decenni l'assenza di un vero e proprio debutto nazionale è stata accompagnata da una sorta di censura o ostracismo, ovviamente non ufficiale, da parte delle autorità nazionali. Fino al 1976, anno in cui la Compañía Nacional de Ópera l'ha messa in programma, provata e poi, per rimostranze burocratiche e artistiche assommate a incertezze in un cambio ai vertici presidenziali, semplicemente non andò in scena.

Ugualmente, all'inizio del XXI secolo, la Ópera de Bellas Artes (OBA) ha previsto di proporla nella sua programmazione, idea che non si è concretizzata a causa della perdita delle vecchie produzioni in un incendio dei magazzini dell'INBA che ha reso prioritaria la ricostruzione del repertorio più indispensabile.

E se nella stagione 2017 della OBA, dopo novantasette anni da quello dell'Arbreu e centosette da quello assoluto, La fanciulla del West è giunta alla prima di quattro recite programmate della nuova produzione nel Palacio de Bellas Artes il 17 settembre, appena passata la Festa dell'Indipendenza, con la guida entusiasta di Sergio Vela per l'ideazione, la scena, le luci e la regia, il terremoto di magnitudo 7.1 che il 19 settembre ha scosso la zona centrale e meridionale del Paese ha fatto sì che tanto l'INBA quanto la Protección Civil sconsigliassero e sospendessero tutte le attività con pubblici assembramenti - spettacoli, concerti, sport e altro - per concentrarsi sui danni terribili del sisma ed evitare il più possibile occasioni di danni maggiori.

Se questa breve storia non è jella, non so cosa lo sia.

A ciò, per di più, deve aggiungersi una prova poco fortunata del soprano spagnolo Ángeles Blancas, la fanciulla Minnie, la sera del debutto. Con voce compressa, piatta al centro, declinante, con un registro grave gridato, stonature e stridori innumerevioli, il ruolo protagonistico non è emerso in alcun modo. Almeno per il pubblico, che l'ha condannata, al termine, senza alcuna pietà. 

Meno male che nel cast si trovava anche il tenore basco Andeka Gorrotxategui, che ha reso come si deve la parte di Dick Johnson/Ramérrez. La sua celebre aria “Ch’ella mi creda”, come è facile immaginare, ha ricevuto applausi e ovazioni. Anche il baritono Jorge Lagunes, lo sceriffo Jack Rance, ha sostenuto degnamente l'impegno vocale, sebbene come attore fosse condizionato da un'impostazione concettuale decisamente simbolica e astratta. Un modo raro di rappresentare un giocatore e un pistolero, in fin dei conti ingenuo.

Sarebbe parso meno curioso se il concetto scenico minimalista avesse potuto contestualizzare certe azioni e certi sentimenti presenti in una trama dallo sviluppo lento e non sempre d'impatto: il testosterone degli avventori che affogano nell'alcool il dolore per l'emigrazione, le ferite psicologiche della nostalgia o un timido amore non corrisposto per Minnie, la manipolazione e il ricatto per fini passionali. 

Non tanto per evitare i cliché del genere Western, quanto per evitare quelli del maestro Vela, che hanno funzionato meglio in altri titoli, di luogo e tempo indeterminati. La scena pressoché nuda e l'eccessiva oscurità non sono riuscite a evidenziare nell'azione momenti di impatto drammatico e introspettivo come  la trappola, l'autodifesa, il dilemma fra legge e giustizia. Erano lì ma non si vedevano. Anche i volti, le identità, i costumi dei personaggi (a cura di Violeta Rojas) e il trucco di Ilka Monforte son rimasti nella penombra.

Quanto all'orchestra, al di fuori di passaggi in cui il volume è parso esageratamente alto al punto di coprire i solisti, il lavoro di Luiz Fernando Malheiro con l'Orchestra e il Coro del Teatro de Bellas Artes (quest'ultimo preparato da Carlos Aransay) ha permesso di ammirare la ricca scrittura pucciniana, le risorse con cui costruisce un flusso musicale che pare non fermarsi, annullando quasi la struttura per numeri con punti di riferimento e intuizioni più wagneriani e cinematografici. 

Nei ruoli secondari, nell'equilibrio complessivo, si sono distinti anche il tenore Ángel Ruz come Nick, il baritono Enrique Ángeles nel ruolo di Sonora o il Jack Wallace del basso Óscar Velázquez. Il resto del cast, minatori, pellerossa e altro, non ha deluso vocalmente permettendo di mettere alla prova membri dell'Estudio de la Ópera de Bellas Artes,posto che questo sembra aver trovato la sua missione: fornire interpreti per le piccole parti.

Era assai probabile che i dettagli delle luci e dell'effetto drammatico che se ne sarebbero giovati si sarebbero potuti correggere nel corso delle recite. Il discorso scenico poteva avere un certo magine di crescita e rifinitura una volta presentato al debutto. Le congratulazioni a Vela si potrebbero fare non solo per aver scelto questo titolo, ma anche per la maniera di riproporlo. Ma si è detto. Non ci sono state, almeno al momento di completare queste righe, altre recite in un Messico impegnato nella ripresa da un impatto tellurico così doloroso. Prioritario. Ineludibile.  corregirse en las funciones posteriores. El discurso escénico tenía aún cierto margen para ser pulido como updated una vez presenciado el estreno. La felicitación para Vela pudo llegar no sólo por aventurarse con este título, sino por la manera de reponerlo en escena. Pero lo dicho. No hubo, al menos hasta el momento de poner punto final a estas líneas, más funciones en un México ocupado en reponerse de un impacto telúrico muy doloroso. Prioritario. Ineludible. Buona fortuna.

Gerencia del Palacio de Bellas Artes / INBA


 

 

 
 
 

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