Apollo e Dioniso nel duo nascente
di Alberto Spano
Per la prima volta insieme, il violinista Gabriele Pieranunzi e Giorgia Tomassi inaugurano la stagione del Centro La Soffitta, emanazione del Dams.
BOLOGNA, 7 febbraio 2017 – Son passati quasi trent'anni dalla sua fondazione, i padri fondatori non ci sono più (Lamberto Trezzini, Claudio Meldolesi, Fabrizio Cruciani, Benedetto Marzullo), ma la stagione del Centro La Soffitta, emanazione spettacolare del Dams dell'Università felsinea, procede col vento in poppa: il 2017 è l'ultimo anno per il responsabile scientifico Marco De Marinis, il quale in un bell'editoriale sul catalogo rivendica con un certo orgoglio un dato imprescindibile che ha contraddistinto questi quasi trent'anni: la difesa dell'autonomia e della specificità universitaria del Centro. “Anche quando negli anni Novanta, ben maggiori disponibilità finanziarie resero possibile una crescita impetuosa del volume delle attività – scrive De Marinis – cosa impensabile all'inizio, mai abbiamo smarrito la bussola della nostra differenza rispetto agli altri teatri del territorio, differenza risiedente in primis appunto nel fatto che siamo e restiamo una realtà dell'Ateneo felsineo, la quale di conseguenza trova e deve trovare la sua funzione primaria nella coniugazione operativa di attività didattica e attività scientifica e quindi nell'individuazione degli studenti come referenti privilegiati, anche se non unici”.
La premessa per sottolineare che le attività del Centro La Soffitta nelle sue quattro coniugazioni - Teatro Danza Cinema e Musica - in questi trent'anni sono sì servite per fare spettacolo, ma sempre tenendo ben presente che tutto e tutti sono al servizio degli studenti dell'Università. La maggior parte delle manifestazioni sono infatti a ingresso libero per gli studenti e sono disseminate per la città. È una complessa macchina operativa, un cartellone denso e tentacolare, nel quale la musica conosce un suo spazio qualificato, in cui si alternano giovani esecutori e interpreti già affermati, intercettati di volta in volta da alcuni docenti e curatori: quest'anno Paolo Cecchi e Carla Cuomo.
Il concerto inaugurale è quasi una festa, che si tiene in febbraio nella bellissima Aula Absidale di Santa Lucia, con la sua tersa acustica e la sua calda ospitalità di poco meno di trecento posti a sedere. Quest'anno la scelta è caduta su due musicisti della generazione di mezzo molto amati dal pubblico, che per la prima volta si trovavano a fare musica assieme: il violinista romano Gabriele Pieranunzi e la pianista napoletana Giorgia Tomassi, entrambi virtuosi del proprio strumento ed entrambi dediti con autentica passione alla musica da camera. I quali pur vivendo da anni nella stessa città (Roma) e pur frequentandosi da lunghi anni, per qualche imponderabile ragione non avevano mai fatto musica insieme in pubblico. È stata dunque particolarmente felice l'idea di unirli in un programma così bello, che accostava due capolavori immensi e popolari come la Sonata in fa maggiore “La Primavera” di Beethoven e quella in sol maggiore di Maurice Ravel, aggiungendo in coda la famosa Tzigane, rapsodia per violino e pianoforte, sempre di Ravel. Ed ecco il bel titolo della serata (ogni evento della Soffitta ha un titolo, sempre azzeccatissimo): “Apollo e Dioniso tra Vienna e Parigi”. Uno il titolo se lo dovrebbe continuamente tenere stampato in testa ogni qualvolta va alla Soffitta, e farebbe bene, perché chi lo inventa offre anche un'infallibile chiave di lettura per chi ascolta (gli studenti, spesso digiuni di concerti qualificati) e soprattutto per gli interpreti coinvolti. I quali mai come stavolta ci sono sembrati prenderlo alla lettera, il titolo. Gabriele Pieranunzi, con la sua bella e dolce cavata, il suo fraseggio eloquente e maturo ha dato lezioni di apollineo violinismo affrontando quella formidabile sonata che è la Primavera, scritta a Vienna nel 1801 da un Beethoven già sordo, ma non per questo privo di trabocchevole espressività e freschezza. La quanto mai classicistica lettura di Pieranunzi è stata ben sostenuta dal ribollente pianismo di Giorgia Tomassi, forse più incline a cogliere di questo momento gli accenti più protoromantici, con un uso alquanto felice del legato di dito e del pedale di risonanza. All'opposto Pieranunzi ha perfettamente colto il lato dionisiaco di Ravel nella Seconda Sonata in sol maggiore, in cui sono evidenti le influenze del jazz e del blues, essendo stata scritta fra il 1923 e il 1927, anni veramente d'oro per l'evoluzione della musica afroamericana. Qui Ravel come un rabdomante ne respira il clima e l'umore e lo ricrea dionisicamente sempre alla sua maniera, cioè con raffinatezza ed eleganza. Più riuscita è qui apparsa l'intesa fra Pieranunzi e la Tomassi, che in chiusura si sono prodotti in una Tzigane da manuale, con tutti i suoi bravi andamenti di voluttuoso erotismo alternati a tratti prettamente virtuosistici. Bis lirico con una altrettanto voluttuosa (ma in senso giustamente romantico) Romanza di Robert Schumann.