Bach come e perché
di Roberta Pedrotti
Secondo appuntamento con l'integrale bachiana personalizzata da Mario Brunello per Musica Insieme.
Leggi la recensione del primo concerto
BOLOGNA 6 marzo 2017 - Torna Mario Brunello con la sua esplorazione bachiana anche al di là dei confini del violoncello. Rispetto al primo concerto del ciclo, precedente di un mese esatto, concentra la sua introduzione sull'analisi dei brani in programma più che sulla scelta degli strumenti e delle trasposizioni. Poco male, tutto sommato, per chi era presente anche in febbraio e avrebbe trovato qualche ridondanza, benché lo spostare l'ago della bilancia al cosa dal come e dal perché possa essere affare non trascurabile.
Di per sé, difatti, non vi sarebbe motivo per non preferire le Partite e le Sonate violinistiche di Bach eseguite sullo strumento deputato, per tipo di articolazione e di qualità sonora nella tessitura. L'interesse viene dalla motivazione dell'artista a esplorare aspetti della scrittura bachiana al di fuori della letteratura specifica per violoncello, da qui sorge la peculiarità della lettura: la libertà di fraseggio, l'elaborazione del suono, lo stacco dei tempi. Insomma, si tratta in fondo di incontrare il rapporto intimo fra Brunello e Bach, entrare nel mondo del violoncellista introverso che comunica proprio attraverso la semplicità del suo eloquio un po' timido, della sua musicalità raccolta e concentrata.
Fra la pasta del violoncello standard e il suono più asciutto e guizzante del suo fratello minore, Brunello distilla il suo stile introverso, quella riservatezza che, paradossalmente, s'impone come un marchio: il sigillo del musicista che dalle sue Dolomiti affila le sue armi tecniche (su tutte la tornitura del suono dal silenzio alla pienezza) modellando con esse una poetica tutta personale, che pone in equilibrio chiarissimo la libertà dell'interprete, il suo estro, perfino, seppur non appariscente, la radicalità di certe riletture dal carattere idiomatico di uno strumento all'altro, per quanto parente stretto, e pure il rigore espressivo, la cura di dettagli esecutivi filologici – certe arcate, il vibrato – in un contesto che strettamente filologico certo non è. Brunello puro, insomma, nel suo essere bachiano devoto quand'anche non proprio ortodosso.
Si susseguono, cambiando strumento fra pagine consacrate al violoncello o nate per violino, la Suite n. 3 in do maggiore BWV 1009, la Sonata n. 2 in la minore BWV 1003, la Suite n. 5 in do minore BWV 1011 e la Partita n. 3 in mi maggiore BWV 1006. Il gioco di simmetrie concentriche e parallele, il susseguirsi di danze e topoi contrappuntistici è evidente alla sola lettura del programma, e affascinante, anche se questa speculazione non spicca in primo piano quanto il continuo lavorìo sonoro di Brunello, sempre sul confine fra l'esplorazione dello strumento attraverso Bach e l'esplorazione di Bach attraverso lo strumento, forse, alla fine, uno specchio di sé stesso e della propria più intima idea di musica riflessa nel mito amatissimo del Kantor di Lipsia.
Il pubblico, numeroso e attento, tributa a Brunello e ai suoi due compagni d'avventura in legno e corde prolungati applausi, appagati da un bis, naturalmente nel segno di Bach: il preludio dalla prima Suite per violoncello. Appuntamento, ora al terzo concerto della serie.