Vite d'artista
di Andrea R. G. Pedrotti
Un intenso programma al Konzerthaus di Vienna attraversa in un racconto idealmente unitario il percorso emotivo dell'esistenza.
VIENNA, 27 marzo 2017 - Nella ventosa serata del 27 marzo al Wiener Konzerthaus, nell'ambito della stagione curata da Jeunesse (associazione concertistica esterna all'istituzione ospitante), è stato eseguito un interessante concerto della Zagreber Philarmonie, diretta da Muhai Tang, con al pianoforte la pianista di origine russa Lisa Smirnova.
Come spesso accade in Austria o in Germania, ci siamo trovati ad ascoltare un concerto con un programma interessante non solo per quanto riguarda i singoli brani, ma anche per le relazioni di significato contenute nella scaletta della serata. Un gioco di contrasti e di colori che partivano dalla breve sinfonia di Jacov Gotovac, Symphonischer Kolo, op. 12: un pezzo molto intenso, fatto di alternanze nei ritmi fra la nevrosi, la pacatezza e la danza popolare. La Zagreber Philarmonie è un'orchestra composta da ottimi elementi, ma che per avere un unisono convincente necessita di una mano ferma alla sua guida. Mihai Tang è in questo molto preciso e asseconda le caratteristiche tipiche dei complessi dell'est, ossia l'intensità del suono, l'incisività nel registro grave, la straordinaria qualità degli ottoni. Talvolta ne risente la melodia, ma la linea scelta dal direttore appare uniforme, convincente e congrua con un'idea chiara negli intenti e ben messa in pratica.
La musica di Jacov Gotovac appare quasi paragonabile al travaglio di una nascita e l'Introduzione e Allegro in re minore per pianoforte e orchestra, op. 134 di Schumann, eseguita di seguito, a un percorso di crescita. La pianista Lisa Smirnova si fa apprezzare nell'affrontare le difficoltà della partitura di Schumann con precisione, ma difetta nell'espressione; infatti la sua esecuzione è tecnicamente lodevole, ma monocromatica, vanificando le intenzioni di passionalità di autore come Schumann, tormentato senza la consapevolezza di esserlo. Non a caso questo brano prevede un primo movimento in re minore e un secondo che dalla stessa tonalità modula al maggiore. Una sostanziale gioia di vivere è il paradosso delle partiture di Schumann, se si considera la sua biografia: nonostante questa doppia apparenza, molto disordine e tormento si cela all'interno dei pentagrammi che andava a segnare. Meglio l'orchestra, anche gli scambi con la solista non apparivano sempre perfettamente a fuoco.
Prima della pausa la pianista ha concesso come bis la trascrizione del Lied Erlkönig di Schubert realizzata da Franz Liszt.
Nella prima parte abbiamo ascoltato una sinfonia simile alla travagliata genesi d'un'esistenza, seguita da un brano scritto da Schumann con dedica a un altro artista, Johannes Brahms; perciò è eccellente (anche in relazione alle caratteristiche tecniche dell'orchestra) la scelta di presentare dopo l'intervallo la Symphonie fantastique. Episode de la Vie d'un Artiste op. 14 di Hector Berlioz. Se l'Introduzione e Allegro del compositore tedesco era datata 1853, il lavoro del francese lo precede di ventitré anni. Non solo per ragioni pratiche, alla successione cronologica si antepone la consecutio di significati: i cinque movimenti della partitura di Berlioz ripercorrono la vita di un artista, con le sue passioni e i suoi turbamenti, a partire da una fase della vita che ha già alle sue spalle il travaglio di una nascita.
Il primo movimento Rêveries, Passions, al tempo di Largo – Allegro agitato ed appassionato assai, è la storia tormentata di un artista (sogni e passioni), che vive i patimenti d'amore per una donna, che diverrà la sua amata, nel ricordo melanconico dell'uomo. La Zagreber Philarmonie, nella lettura di Muhai Tang, mantiene una perizia tecnica notevole, accentuando il tratto nevrotico della vicenda narrata dal poema sinfonico, a vantaggio dell'intensità e facendo attendere una melodia che ritroveremo nel movimento successivo.
Nel secondo movimento Un bal. Valse non è tanto la tonalità (la maggiore) a indicare il senso della prosecuzione di una storia di vita, quanto il tempo indicato, ossia un Allegro non troppo. Questo è indicativo del momento, poiché l'artista si trova a un gran ballo, dove (non si sa se in realtà o in visione) gli pare di scorgere ancora la donna amata. Il passo è ben seguito da Muhai Tang, con una bella lettura del tempo di Walzer, ma nella linea musicale manca quella vibrazione emotiva, a tratti nevrotica, di alternanza fra serenità e fermento che caratterizza l'animo dell'artista. Nulla da eccepire sull'orchestra che palesa ottima qualità nei legni e negli ottoni, oltre alla precisione degli archi.
Bene il terzo movimento Scène aux Champs con il tempo di Adagio rispettato ottimamente. Qui l'idea dell'amata è sempre presente, ma non più in un'atmosfera di borghese e salottiera, bensì in una sorta di Arcadia. Da questo movimento in poi si riconosce, infatti, la grande influenza del romanticismo su Berlioz.
Nel quarto movimento le sensazioni rimandano quasi a un concetto di Liebestod wagneriano: l'artista condannato a morte affronta la Marche au Supplice in Sol minore nella sua tormentata alternanza di umori. Egli è condannato a morte per aver ucciso la donna amata: è un sogno agitato, popolato di incubi e di serenità, derivazione dal trauma dell'abbandono. Molto bene qui la Zagreber Philarmonie e il concertatore; poca solennità in una linea che poco punta sul pianissimo, ma grande fermento e carica emotiva nella conclusione e nella caduta della pesante mannaia (rappresentata dagli ultimi accordi del movimento) che si abbatte sul capo dell'artista omicida.
Migliore fra tutti il quinto movimento, quando l'elegia non è più necessaria: Songe d'une Nuit du Sabbat – Ronde du Sabbat – Dies irae et Ronde du Sabbat, l'artista immagina di essere a un Sabba (forse la porta dell'inferno dopo la decapitazione). Eccellenti i rintocchi delle campane e il legame con la grandiosità crescente degli accordi successivi, con gli squilli degli ottoni e l'inizio dell'infernale consesso. Torna, ancora una volta, l'idée fixe della donna amata, ormai scevra di ogni ideale di purezza platonica, ma pienamente inserita nell'orgia sabbatica. Gran prova dei contrabassi e, ancora una volta, degli ottoni, nel bel fraseggio delineato da Mihai Thang.
Al termine dell'esecuzione si riscontra un buon successo da parte del pubblico che popolava in buon numero la sala grande del Wiener Konzerthaus, una delle tante realtà musicali dell'eccellenza culturale viennese.