Sul tetto di Monteverdi
di Francesco Lora
Fra i progetti per il 450o anniversario si distingue quello mantovano del Ricercare Ensemble e dell’Accademia degli Invaghiti, entusiasti interpreti delle Vesperæ mariane del 1610 con la concertazione di Federico Maria Sardelli.
MANTOVA, 21 maggio 2017 – Anche l’Italia si sta risvegliando al 450o anno dalla nascita di Claudio Monteverdi. In ciò non è il fanale di coda europeo che alcuni lamentano: i suoi progetti musicali dedicati al compositore divo si distinguono più per qualità che per quantità, e sono fortunatamente sottratti all’imperizia delle fondazioni liriche (dedite ad altro repertorio) per fioccare qui e là nei cartelloni di rassegne concertistiche, festival specializzati e teatri all’altezza del compito (isolato l’allestimento delle tre opere teatrali alla Fenice di Venezia). Meriterebbe un più forte battage pubblicitario l’attività del Ricercare Ensemble e dell’Accademia degli Invaghiti, coro da camera il primo ed ensemble vocale e strumentale la seconda, costituiti nella provincia di Mantova e in vicendevole collaborazione. Il legame territoriale li ha ora spronati alla causa monteverdiana: eccoli dunque alle prese con le Sanctissimæ Virgini ... Vesperæ pluribus [vocibus] decantandæ cum nonnullis sacris concentibus (vulgo: Vespro della Beata Vergine), stampate sì a Venezia nel 1610 ma composte su cantus firmi gregoriani della tradizione non romana bensì mantovana e barbarina; vale a dire, melodie con le occasionali varianti in vigore nella Basilica palatina di S. Barbara entro il Palazzo ducale dei Gonzaga. Fu quello il probabile luogo di creazione delle musiche, ed è lì che Ricercare e Invaghiti le hanno riportate il 21 maggio.
Preparato il coro dal maestro Romano Adami, la concertazione è spettata a Federico Maria Sardelli, il quale sa riscattare i salmi monteverdiani dai vezzi scuola anglosassone e porre come un tetto la retorica del Barocco sulla lingua del Rinascimento. Enunciato beninteso conscio della giusta prosodia, e dunque corposo, timbrato, scattante, impermeabile ai calligrafismi d’oltralpe, mirato con gesto deciso alla splendente eredità della Controriforma. Tra un brano e l’altro non figurano le antifone: bene così, se non si può contare su un coro esperto di canto fratto (il negletto gregoriano misurato dell’Età moderna); e le sezioni in tempo ternario sono battute – come al solito: inutile impuntigliarsi – ignorando gli impliciti rapporti proporzionali. Il direttore non concede divagazioni alle compagini e alle voci sole di Rossana Bartini, Anna Simboli, Andrea Arrivabene, Vincenzo Di Donato, Alessio Tosi, Baltazar Zuñiga, Matteo Bellotto e Salvo Vitale: tutti si presentano adeguati, preparati, con alti esiti tecnici ed espressivi nei mottetti; ma si affaticano cadendo nel tranello di Lauda Ierusalem e Magnificat, brani che andrebbero infatti cantati e accompagnati non come scritti nell’edizione, ov’era prioritario contenere le parti entro i righi per comodità di stampa e lettura, bensì trasponendoli alla quarta inferiore, condizione sottintesa affinché ogni voce e strumento torni al registro naturale. Replica il 27 luglio al Festival di Barga.