L'eterna occasione
di Roberta Pedrotti
La ripresa dell'irrinunciabile estremo capolavoro rossiniano di Jean Pierre Ponnelle corona con un successo la XXXIV edizione del Rossini Opera Festival grazie anche a un cast ben assortito, fra giovani e presenze di lusso, e allo straordinario talento della ventottenne Yi Chen Lin sul podio.
PESARO (12/08/2013) - L'11 agosto 1988 moriva Jean Pierre Ponnelle. L'occasione fa il ladro a Pesaro è stato il suo ultimo spettacolo, il suo testamento e l'ennesimo capolavoro, forse il più bello. Una pietra miliare nella storia del teatro in musica che merita come forse nessun'altra il titolo di classica, perché si rinnova a ogni ripresa, non soffre minimamente il passare del tempo, ha segnato nell'uso dello spazio, della macchina teatrale, dell'ironia e dello straniamento l'evoluzione della regia lirica, mantenendo una grazia lieve e irresistibile a cui è impossibile rimanere indifferenti.
Se c'è uno spettacolo cui non ci si stancherebbe mai di assistere che non si vorrebbe mai veder sostituito da una nuova produzione è L'occasione fa il ladro secondo Jean Pierre Ponnelle, intelligentissima boîte à musique dall'umorismo impareggiabile per sottile eleganza, spirito malizia e poesia. Questo gioiello, data anche la circostanza che lega la biografia del sommo regista al Festival pesarese, sembra legato come un amuleto all'anima del Rof e alla sua vocazione per la cura teatrale non men che musicale della produzione rossiniana. L'ultima volta è andato in scena nel 1996, con un cast stellare del quale facevano parte anche alcuni giovani destinati a brillanti carriere (con Rockwell Blake, c'erano Eva Mei, Roberto De Candia, Enkelejda Shkosa, Lorenzo Regazzo e Fabio Sartori, diretti da Maurizio Benini); diciotto anni sono volati e ora è De Candia che fa la parte del veterano tornando a vestire i panni di Don Parmenione, che gli calzano come un guanto. Il personaggio non ha segreti per lui, e riesce a infondere la giusta dose di simpatia e gaglioffaggine al “ladro per caso”, un di quegli esseri comuni in società, summa di difetti e opportunismi, ma in fondo buono e onesto d'animo. Debuttante in quest'opera, ma artista esperto – un vero lusso per il ruolo – è Paolo Bordogna, il cui carisma valorizza ulteriormente la figura del servo Martino, che Ponnelle volle deus ex machina, motore e osservatore critico dell'intera opera, l'umanissimo burattinaio che osserva e dirige il labirinto di travestimenti ed equivoci che porta alla felicità, infine, le due coppie di amanti. Per entrambi è impossibile scindere l'altissima qualità dei cantanti da quella degli attori.
Il conte Alberto, bella figura di amante nobile vittima dell'occasionale furto d'identità, è appannaggio di Enea Scala, che già emergente a livello internazionale, è per la prima volta impegnato al Rof in un ruolo di primo piano, dopo essersi distinto – oltre che con l'Accademia Rossiniana – per la personalità dimostrata in piccole parti in Sigismondo e Mosé in Egitto. La figura è quella giusta, l'attore è sempre personale e disinvolto, così come il musicista, raffinato e stilisticamente accorto. La coloratura è fluida e incisiva, il centro e il grave rotondi e virili senza perdere squillo in acuto, il fraseggio sempre vario e pertinente, la voce particolarissima, subito riconoscibile. Proviene dall'Accademia anche Elena Tsallagova, che lo scorso anno era stata Amenaide nel Tancredi concertante in chiusura di festival, e ora è chiamata a sostenere la parte non semplice di Berenice. Non tutte le aspettative si sono concretizzate, giacché la paletta dinamica e cromatica è parsa un po' limitata, non tutti gli acuti perfettamente timbrati e sostenuti, ma ha saputo comunque destreggiarsi bene e uscire a testa alta dal cimento, grazie anche al buon gusto nel canto e alla consapevolezza nel gioco di sguardi ed espressioni. Viktoria Yarovaya completa efficacemente il quartetto degli innamorati quale Ernestina e Giorgio Misseri è il tutore Don Eusebio (ruolo minimo che, fra tanto belcanteggiare, si concede almeno nel finale lo sfizio di una puntatura liberatoria): entrambi non sono volti nuovi a Pesaro, l'una già protagonista di Demetrio e Polibio, l'altro nel cast dell'ultima Matilde di Shabran, dopo aver fatto parte come la quasi totalità della compagnia di quell'Accademia Rossiniana di cui si festeggiano proprio quest'anno i cinque lustri di attività. Esattamente quanti ci separano dalla morte di Ponnelle, singolare coincidenza cui non sfugge il podio, dove splende l'astro di Yi Chen Lin, prodigiosa musicista nata a Taiwan nel 1985 e formatasi poi come violinista e direttrice a Vienna. Prima donna a impugnare la bacchetta al Rof proprio nel Viaggio a Reims dei giovani nel 2011 ci abbagliò per il suo talento, per la sicurezza tecnica e il senso innato del canto e del teatro. Tutte doti che riconferma oggi dirigendo a memoria con un bellissimo gesto morbido e autorevole, ardentemente partecipe all'azione e agli affetti. Splendido lo smalto orchestrale, formidabile il controllo, mordente il fraseggio, perfetti i tempi, anche incalzanti quanto necessario, ma mai a soffocare le voci, anzi a esaltandole in una teatralità effervescente, dal ritmo perfetto, senza rinunciare alla poesia. Anche per gli anni futuri il Rof farà bene a tenersi stretto questo talento, i direttori artistici a contendersela. Infatti il successo pieno e convinto sembra inevitabile, e l'istante di commozione con il ricordo di Ponnelle da parte di Sonja Frisell (storica collaboratrice e regista a sua volta, impeccabile curatrice della ripresa) non fa che unire uno dei più grandi uomini di teatro e artisti rossiniani di ogni tempo nell'applauso dovuto agli interpreti presenti fisicamente in proscenio. E, chiudendo il terzetto delle produzioni principali del Rof 2013, in unione ideale con il Tell di Vick ci rammenta che le uniche categorie sensate per giudicare la regia d'opera sono l'intelligenza, la coerenza, l'efficacia, non a priori l'ambientazione scelta.