Luci dorate, dolci risate
di Irina Sorokina
L'ormai classica, e sempre godibilissima, produzione di Günter Krämer torna alla Deutsche Oper con un cast impeccabile.
BERLINO, il 14 giugno 2018 - Sfogliando l’esauriente libro che presenta la stagione della Deutsche Oper 2017-2018 si scopre che Die Zauberflöte è un allestimento con la barba lunghissima, risale addirittura al lontano 1991. Guardando lo spettacolo si scopre che questa barba lunghissima rifiuta decisamente di invecchiare e non ha nemmeno un pelo bianco. L’allestimento di Günter Krämer, con i suoi oramai ventisette anni, colpisce per la sua freschezza e rallegra con il suo spirito scherzoso.
Die Zauberflöte mozartiano appartiene ai pochi capolavori del teatro musicale di cui si può dire: ben fatto. Si, ben fatto, benché il libretto di Emanuel Schikaneder non è certamente un capolavoro letterario. Conta, però, l’efficacia teatrale, la vivacità ed il fascino dei personaggi e, ovviamente, la musica immortale di Mozart.
Die Zauberflöte è fatto così bene che è quasi impossibile danneggiarlo anche quando capita di vedere gli allestimenti dove i metodi del Regien-theater appaiono esagerati. Un angelo custode, sembra, protegge questo miracolo di teatro popolare pieno di ingenuità e melodie entrate ormai nel folclore. L’opera mozartiana può essere messa in scena con l’aiuto di cartoni animati che interagiscono o non interagiscono con i cantanti in carne e ossa (ricordiamo le produzioni di Barrie Kosky alla Komische Oper, 2014, e William Kentrige alla Scala, 2011), può vestire i panni di una fantasy (regia di David Pountney, il Bregenzer Festspiele, 2013) o presentarsi quasi “nuda”, col minimo indispensabile e col nome di regista collettivo sulla locandina (allestimento del Tiroler Festspiele Erl, 2016), può colpire con un aspetto supertecnologico e dal colorito dark come lo spettacolo di Simon MCBurney presentato al Festival Lyrique ad Aix-en-Provence (2014, una co-produzione della Dutch National Opera e l’English National Opera, 2012-2013), ma funziona sempre e porta il pubblico di tutte le età a provare un impareggiabile piacere.
Sul palcoscenico della Deutsche Oper da quasi tre decenni va in scena la produzione che merita la denominazione di “classica”. Nessun colpo di testa, nessun eccesso, nessun senso sforzatamente addossato al libretto. Tutto a posto, ben misurato, tutto quadra. E tutto è pieno di calore umano e simpatia.
Günter Krämer non cambia l’ambientazione dell’opera, ci porta in un Egitto immaginario, con il sole splendente, le sabbie del deserto e le piramidi. Mentre viene suonata la famosa ouverture, il palcoscenico si illumina dalla luce calda, dorata che presto cade su tre piramidi con le scritte Natur, Weisheit, Vernunft. Come vuole il libretto, lo spettacolo racconta la lotta tra il Bene e il Male, rappresentati rispettivamente dal regno di Sarastro e da quello della Regina della Notte.
Krämer adotta le soluzioni semplici, sempre piene di un calore umano e di un senso dello humour davvero fantastico. Seguendo questa Zauberflöte, si sorride anche quando sul palcoscenico si aggira qualche mostro o Monostatos, ad esempio, nero d'aspetto e d'anima. La vittoria del Bene è imminente; sorridiamo tranquillamente, amici!
Gioca con i colori, il regista di questo Flauto, e lo aiuta lo scenografo e costumista Andreas Reinhardt. Il regno di Sarastro viene illuminato da colori caldi, rosso e giallo; la Regina della Notte vive nel profondo blu. Molte sono le trovate affascinanti, come il drago che perseguita Tamino all’inizio dell’opera, dalla testa enorme, gli occhi che girano e la lingua fuori; presto, però, si capisce che è tutto una finzione: il drago corre grazie alle graziose fanciulle mascherate che sostengono la sua spina dorsale. Fatto fuori il drago, le fanciulle si disperdono per il palcoscenico. La Regina della Notte fa la sua apparizione sotto un grande velo gonfiato e sorretto dalla fanciulle. Gli animali che danzano al suono del flauto di Tamino sono simpaticissimi; sembra che tutto il famoso zoo di Berlino abbia invaso il palcoscenico, troviamo addirittura un gufo e un pinguino. La ciliegina sulla torta è un gesto di Papageno che nel secondo atto, passeggiando sul bordo del golfo mistico, offre un bicchiere di vino rosso al direttore d’orchestra. Questi gradisce assai…
La Deutsche Oper, come tutti i teatri tedeschi, dispone i cantanti “fissi” e non troviamo i nomi famosi sulla locandina. Ma questo cast è semplicemente superlativo, non c’è uno/una che non possegga il physique du role, né uno/una che non sappia recitare, né tantomeno uno/una che non sappia cantare la musica di Mozart. Quindi, evviva questi cantanti giovani, seri e bravissimi.
Cominciamo con Papageno; per questa parte ci vuole un simpaticone, e lo abbiamo nella persona di Philipp Jekal in possesso della voce chiara, morbida e ben proiettata, senza parlare della dizione nitida. Oltre a ciò, è un animale da palcoscenico, con una disinvoltura e un senso dello humour perfetto disegna con credibilità un sempliciotto, un codardo a cui, non si sa perché, tocca a affrontare prove e disavventure. Attilio Glaser è un ottimo Tamino, dalla voce calda di miele e l’accento impeccabile; non è, tuttavia, altrettanto versatile e carismatico come il compagno.
Le donne sorprendono ancora di più. Daniela Cappiello nel ruolo della Regina della Notte si rivela più una madre dolente che una strega impietosa. Dotata di una voce non proprio grande, canta senza il minimo sforzo, con una certa delicatezza e le sue colorature non sanno della solita diavoleria. Le interpreti delle due giovani, Pamina e Papagena, possono soddisfare le aspettative più ardue. A Kim-Lillian Strebel la natura ha donato la voce più morbida e carezzevole che si possa immaginare, e la cantante stessa ha pensato di acquistare una tecnica vocale solida che colpisce per la bellezza del legato. Nicole Haslett – Papagena è una fantastica monella dalla vocina cristallina che si diverte pazzamente nei panni di un’orribile vecchietta che salta in groppa a un Papageno impietrito e poco dopo si trasforma in una donnina piuttosto sensuale.
Tobias Kehrer è un Sarastro pieno di bontà e magnificenza, dalla voce non grandissima, ma nobilissima e perfettamente proiettata; Stephen Bronk un Oratore dignitoso ed eloquente dalla voce morbida e profonda.
Burkhard Ulrich è cattivissimo e virtuosissimo Monostatos.
Le interpreti dei ruoli di tre dame, fisicamente diverse e abbigliate in maniera differente l'una dall’altra, stanno volentieri al gioco e non vedono l’ora di saltare addosso al giovane principe. Flurina Stucki, Annika Schlicht, Ceri Williams: tre attrici comiche bravissime e tre cantanti che formano un ensemble impeccabile. I tre ragazzini, provenienti dal Coro delle voci bianche dell’Accademia di Dortmund, meritano una particolare simpatia del pubblico grazie alla purezza fanciullesca e la voglia di giocare.
Sul podio Nikolas Maximilian Nägele, che dirige l’orchestra della Deutsche Oper in perfetta sintonia con il lavoro di regista: tutto a posto, ben misurato, tutto quadra. Il formidabile coro è preparato da Thomas Richter.
Pubblico evidentemente coinvolto e molto divertito, a tutti i cantanti vanno i grandi applausi pienamente meritati.
foto Deustche Oper - Berlin