Incontri nel Mediterraneo
di Isabella Ferrara
Paolo Fresu, con Daniele di Bonaventura e il coro A Filetta, spiazza il pubblico del Ravello Festival con un viaggio affascinante nelle sonorità del Mediterraneo, Mare Nostrum d'incontri e scoperte in cui la diversità è ricchezza e deve essere comrpesa come tale.
RAVELLO, 30 luglio 2018 - Il 30 luglio di questa 66^ edizione del Ravello Festival, al Belvedere di Villa Rufolo si sono esibiti Paolo Fresu alla tromba e al flicorno, Daniele di Bonaventura al bandoneon e il Coro còrso A Filetta in esclusiva italiana. Il progetto musicale che nasce da questa collaborazione con l’album Mistico Mediterraneo prodotto nel 2011, avrà un seguito con un nuovo disco, come hanno raccontato al pubblico Fresu e il leader del sestetto còrso Jean-Claude Acquaviva, ispirato sempre al Mare Nostrum, a quello che ha rappresentato nei secoli per i suoi popoli e in particolare a quello che significa oggi, con il suo carico di vite umane; ispirato dal rispetto e dalla memoria per ciò che siamo stati e ciò che siamo.
Il concerto si apre senza parole d'introduzione, e inizia con il canto a cappella del coro A Filetta, le parole non si capiscono subito, addirittura non si comprende l’idioma in cui canta, ma è trascinante, è un’onda leggera che va e viene nel lirismo dei suoni. Non c’è più bisogno di capire, basta solo esserci. Segue il suono del bandoneon che accompagna il flusso dell’armonia creata dalle voci. Quando poi entra la tromba è come se tante lame penetrassero nell’anima, come fitte di emozione che spingono fuori lacrime nascoste e negate. Quando suona Fresu manca il respiro, come se lui prendesse il tuo per quei lunghi assoli che tirano via l’aria, fino ad abbandonarti lasciandoti come orfano quando risuona l’applauso strappato all’incanto.
Dopo il primo brano Paolo Fresu presenta i musicisti e il coro, si svela al pubblico che quella lingua straniera che sembrava sardo, latino, francese, è còrso. E al secondo pezzo Jean-Claude Acquaviva presenta il progetto musicale con un racconto: adesso le parole si capiscono, la storia di stranieri a confronto, di diversità in contrasto si comprende. L’idea e il significato profondo della collaborazione e della musica che si ascolta sono chiari, e sono raccontati con passione e delicatezza, con forza e profondità, con la consapevolezza delle esperienze vissute che hanno lasciato traccia e hanno portato un cambiamento.
Riprende la musica, che non si è mai realmente fermata, perché armonioso era anche il racconto.
Inizia così un dialogo fra la tromba e il bandoneon, forse perché gli strumenti a fiato sembrano dei becchi da cui fuoriescono parole nuove; e se il fraseggiare è di Fresu è poetico e struggente.
Il coro, le note della tromba, del flicorno e del bandoneon ricordano musica ungherese, o forse portoghese, o quella sulle strade in riva alla Senna, o ancora il rumore delle voci nei mercati d’Algeria. Sembrano le voci degli schiavi neri deportati su navi senza speranza, o di quelli nelle piantagioni americane di cotone; e mentre guardi il mare e una luna rossa che sorge dall’acqua si eleva un acuto di dolore o di gioia, di vita in mezzo a quelle voci che vengono da lontano, dal mare; sono le note della tromba che strillano, che ti richiamano lo sguardo verso quel suono e quell’uomo a piedi scalzi sul palco che dalla terra riceve energia, la stessa che gli attraversa il corpo mentre si trasforma intorno al suo strumento, la stessa energia che poi scivola e danza intorno a te o ti ferisce fino a lasciarti indifeso.
Hanno suonato una musica senza appartenenza, senza confini, una musica del Mediterraneo, un mare ricco e prospero perché diverso, attraversato da quei diversi che siamo noi stessi fuori da casa nostra. Hanno cantato in una lingua sconosciuta ai più, la lingua del pastore di un’isola che si ritrova di fronte lo straniero, un tentativo e un mezzo di comunicazione che lascia spazio alla Musica, in cui tutti ritroviamo le stesse radici.
Il pubblico di Ravello si aspettava un concerto della miglior musica di Fresu, le sperimentazioni della cultura jazzistica dell’artista. Ed è rimasto deluso in questa aspettativa, forse anche affamato da questo desiderio, ma sorpreso dal nuovo, dallo sconosciuto, da una lingua e da suoni a cui non si era preparati, proprio come quando incontriamo un diverso da noi.
Siamo stati in ascolto e siamo stati trasportati, fra le onde del mare e quelle emotive, incontro al nuovo che condivideva il palco con ciò che conoscevamo e avevamo cercato, senza che ci fosse invasione di stili o invadenza di suoni; una condivisione senza pretese e rispettosa.
La luna sul mare, il suo riflesso, la musica, le voci del racconto e delle onde, il nuovo, il diverso, incomprensibile all’inizio, non sono nient’altro che una possibilità. A noi la scelta.