L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Tradizione e distinzione

di Francesco Lora

Alla Staatsoper di Vienna vanno in scena, negli stessi giorni, una Madama Butterfly in ininterrotto servizio dal 1957 e un nuovo allestimento di A Midsummer Night’s Dream: se in Puccini la diva è Kristīne Opolais (esposta a discussione), in Britten il trionfatore è un artista completo come Théo Touvet.

VIENNA, 16 e 17 ottobre 2019 – La Staatsoper di Vienna è senza dubbio una roccaforte mondiale del grande repertorio operistico e della sua calcificata tradizione. Ne fa fede l’oleografica Madama Butterfly di Puccini con regìa di Josef Gielen e scene e costumi di Tsugouharu Foujita, un allestimento in ininterrotto servizio dal 1957 e con ben 390 levate di sipario sulla groppa. Si torna a vederlo quasi ogni anno, come si va a venerare una reliquia, e nella parte musicale si trovano artisti genuini, rustici, senza che ci sia bisogno di mettere mano al portafoglio per gli arcidivi o senza che gli arcidivi siano chiamati a sottoporsi a prove gravose: il pubblico plaudente non manca mai. Così anche alle più recenti recite del 12 e 16 ottobre, con la pragmatica direzione di Jonathan Darlington, la Suzuki di Monika Bohinec prosperosa nel canto, il Pinkerton di Ivan Magrì schietto benché un po’ fibroso, e lo Sharpless pacato e onesto di Paolo Rumetz. Per la parte eponima di Cio-Cio-San c’è una diva, Kristīne Opolais, che è anche l’interprete più esposta a discussione: ha corpo vocale vigoroso e una tersa prosodia italiana, ma il suo porgere è invariabilmente adulto, maturo, brusco, troppo spesso veicolato su un esibito registro di petto e accompagnato da un timbro avaro di personalità e trascolorare; tutte risorse che mal si addicono all’adolescente mortalmente illusa e ingannata, e che nemmeno risultano qui graduate lungo la sua evoluzione psicologica.

La Staatsoper è però anche l’istituzione recettiva a titoli più rari, utili a saggiare maestranze versatili e a formare spettatori consapevoli. A Midsummer Night’s Dream di Britten vi apparve già nel 1962, appena due anni dopo la prima rappresentazione, con Teresa Stich-Randall come Tytania e Gundula Janowitz come Helena; vi è appena tornata per sei recite dal 2 al 21 ottobre, in un nuovo allestimento con la concertazione di Simone Young – più puntigliosa di tecnica che evocativa di atmosfere – nonché con regìa di Irina Brook, scene di Noëlle Ginefri-Corbel e costumi di Magali Castellan. Al centro di questa cornice onirica, fiabesca e ironica si pone e trionfa il Puck di Théo Touvet, tutt’insieme attore, circense, coreografo, danzatore e musicista: ciò che l’autore auspicava per il personaggio, e forse mai avrebbe così ben creduto; ci si rompe il collo anche solo a guardare le sue follettesche acrobazie, nel simultaneo e sopraffino dominio di parola, spazio e musica. Fanno corteggio: il controtenore Lawrence Zazzo come altero Oberon, qui più sornione e incisivo che nel Settecento; il basso Peter Rose come Bottom di trascinante bonarietà; il soprano Erin Morley come palpitante Tytania; la collega Valentina Naforniţă come Helena di più importante spessore lirico: tra una ventina abbondante di personaggi e relativi interpreti impiegati nello spettacolo, ella è la capofila di quelli in stabile servizio alla Staatsoper, cui circa altrettanti di origine britannica danno ovvia lezione di più esatto idiomatismo.

© Wiener Staatsoper GmbH / Michael Pöhn


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