Colori del Nord
di Luigi Raso
Andris Poga e Conrad Tao sono protagonisti al Teatro di San Carlo di un concerto dedicato a Čajkovskij e Sibelius. La loro interpretazione, ricca di colori ed efficaci contrasti in sintonia con lo spirito degli autori, merita un caloroso successo.
NAPOLI 28 aprile 2019 - Il Concerto n.1 in si bemolle minore, per pianoforte e orchestra, op. 23 di Čajkovskij è un biglietto da visita tanto seducente quanto rischioso per presentarsi per la prima volta davanti a un nuovo pubblico. Oltre all’oggettiva difficoltà tecnica della parte pianistica, il rischio di risultare banali in un concerto tra i più frequentati del repertorio è sempre dietro l’angolo; così come è sempre in agguato il confronto con il “pianista XY”, declinazione in ambito sinfonico dell’intramontabile quanto falso “la musica ai miei tempi era altra cosa”.
Conrad Tao, ventiquattrenne pianista e compositore statunitense di origini cinesi, affronta la sfida con baldanza, essendo in possesso di un agguerrito bagaglio tecnico e di un’indiscutibile e prorompente musicalità che si traduce anche in una vistosa gestualità e in percettibili mugolii. Sin dai celeberrimi accordi che aprono il concerto, composto dal poco più che trentenne Čajkovskij tra il 1874 e il 1875, Tao stupisce per la corposità del suono, la rotondità del tocco pianistico, che è ora barbarico, ora languido, come la scrittura del concerto, intrisa di magniloquenza, lirismo tormento e brevi abbandoni, postula. Un pianismo, quello di Tao, improntato ad estrema precisione.
Il primo movimento Allegro non troppo e molto maestoso - Allegro con spirito, complice anche l’ordito orchestrale, è teso e drammatico, procede per possenti contrapposizioni dinamiche che si stemperano in quelle fascinose melodie “attorcigliate” su se stesse delle quali Čajkovskij è indiscusso maestro. La cadenza che chiude il movimento è costruita da Tao come una cattedrale di accordi attraversata dalla luce sfavillante di leggeri virtuosismi.
Con l’ Andantino semplice del secondo movimento l’atmosfera si stempera: il tocco di Tao fa scivolare il lirismo della romanza sulla raffinata strumentazione dell’accompagnamento orchestrale. L’atmosfera è quella di una leggera, malinconica canzonetta dal sapore popolaresco, ornata da scale e pulsazioni ritmiche. Il compiacimento per la propria tecnica strabiliante sembra relegare in secondo piano l’approfondimento interpretativo della genuinità del tema principale, il quale riceve dall’orchestra un adeguato sostegno e risalto.
Con l’Allegro con fuoco del terzo movimento si ritorna al predominante scintillio virtuosistico del primo movimento, esasperato dalla ritmica sincopata incalzante. Tao sfodera con sicurezza e disinvoltura il proprio repertorio tecnico, enfatizzandolo schiacciando il piede sul pedale in modo quasi percussivo.
L’orchestra del San Carlo ha suono ben tornito ed equilibrato tra le varie sezioni durante l’intera esecuzione del concerto; è incisiva e tendenzialmente corretta, al netto dell’apertura iniziale dei corni, alquanto incerta.
La sala tributa al giovanissimo pianista un successo caloroso con varie richieste di bis.
Seguono due brevi bis, tra i quali una suggestiva reinvenzione del Largo dalla Sonata n. 3 BWV 1005 per violino solo di J.S. Bach.
Non è molto lontano dal mondo espressivo - disperatamente lirico - di Pëtr Il'ič Čajkovskij quello di Jean Sibelius: anche il compositore finlandese, come il russo, subisce il fascino e l’influsso della musica popolare del proprio paese; la sua musica, al pari di quella di Čajkovskij, ha un andamento rapsodico, cupo, dominato dal fatalismo.
La Sinfonia n. 2 in re maggiore, op. 43 del 1901, composta durante il soggiorno di Sibelius a Rapallo, sembra allontanarsi dalle brume nordiche tanto amate dal compositore finlandese per trovare tepore nella luce mediterranea.
Il primo movimento, Allegretto, è affrontato da Poga con intonazione pastorale, di chiara derivazione dal folclore finnico; il direttore lettone (classe 1980) esalta le melodie affidate ai fiati, i quali ne danno una rappresentazione sonora plastica, ben innestata con l’atmosfera del movimento.
Il clima della sinfonia muta radicalmente con il secondo movimento, Tempo Andante, ma rubato, aperto dal misterioso e angoscioso pizzicato dei contrabbassi e sul quale si inserisce il lamento dei fagotti. L’orchestra di Poga è efficace nel rendere sonorità inquietanti, esaltate dai timpani, dal colore livido, in netto contrasto con quelle, quasi gioiose e luminose, del primo movimento.
Il prosieguo della sinfonia assume sempre più una connotazione čajkovskijana, nel quale abbondano temi dall’intensa drammaticità, cellule tematiche dal procedere quasi ansimante. L’orchestra del San Carlo, in ottima forma, risponde al gesto, parco ed eloquente, di Ponga con prontezza; si notano il colore intenso degli archi ai quali Sibelius affida ampi squarci melodici, tra i più significativi della sua produzione; il frastagliato contrapporsi delle dinamiche, la solidità degli ottoni, la lucentezza delle trombe sono gli elementi che connotano questa rilettura.
Buona la tenuta ritmica dell’orchestra nel Vivacissimo del terzo movimento; è preciso il gioco di incastri delle cellule melodiche tra le varie famiglie strumentali.
La sinfonia si conclude con il solenne inno, dall’andamento processionale, dell’Allegro moderato, già introdotto nel terzo movimento: Poga lo fa scolpire - sorretto dal pedale in crescendo - con la dovuta solennità dagli archi e, successivamente, dall’orchestra intera, con procedere che rievoca gli affondi e gli abbandoni lirici dei grovigli melodici di Čajkovskij, la cui temperatura emotiva riscatta un movimento dalla scrittura originaria eccessivamente ridondante.
Al termine Andris Poga e l’orchestra ricevono meritatissimi e prolungati applausi.
La brillante esecuzione orchestrale di stasera appare, dunque, un ottimo auspicio per l’imminente e attesa Die Walküre (in scena dall’11 al 18 maggio) che sarà diretta da Juraj Valčuha.