L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Fili di memorie

di Roberta Pedrotti

Il debutto nella stagione di Musica Insieme degli Archi di Santa Cecilia, diretti da Luigi Piovano, e dello straordinario mandolinista Avi Avital è l'occasione per un concerto dal programma intelligente, coronato da bis di grande impatto anche emotivo.

Bologna, 27 gennaio 2020 - È il 27 gennaio, e il mandolinista Avi Avital - nato nel 1978 a Be'er Sheva, perla di arti sport e cultura nel deserto israeliano del Negev - dedica il suo fuori programma alla Memoria dell'Olocausto. Nelle sue dita, Nigun di Ernst Bloch commuove, non solo per lo straordinario virtuosismo con cui traduce una scrittura concepita in origine per il violino, ma soprattutto per la capacità di far cantare questo formicolìo fittissimo di note, di esprimerne l'intenso, lancinante dolore così come il retrogusto nostalgico e vitale, perfino spiritoso, connaturato all'essenza stessa della musica ebraica.

È il 27 gennaio, e Luigi Piovano presenta il fuori programma degli Archi di Santa Cecilia come una preghiera di speranza, nel Giorno della Memoria, contro ogni orrore dell'uomo contro l'uomo, perché la Storia sia di monito e insegnamento. Le note sono quelle di un devoto cristiano tedesco vissuto fra il XVII e il XVIII secolo e i salti mortali di un brano famoso suonato, trascritto, cantato mille volte nei secoli fanno sì che quest'Aria sulla quarta corda diventi un ponte all'associazione mentale con un Giusto fra le Nazioni, Carlo Angela. Chi ha salvato una vita ha salvato il mondo, ci ha reso la speranza nell'umanità di fronte ai mostri feroci in cui esa stessa ha saputo trasformarsi. Anche il ricordo dei Giusti è una benedizione.

È il 27 gennaio, e il programma proposto da Luigi Piovano alla guida degli archi di Santa Cecilia con il mandolino solista di Avi Avital è una splendida rete di incontri musicali fra Barocco e Novecento, immagine di un'Europa unita e dialogante nel tempo e nello spazio, immagine dell'arte come espressione di salvezza. I due concerti per mandolino di Vivaldi, RV 93 in re maggiore e RV 425 in do maggiore, incorniciano il Concerto Italiano BWV 971 di Bach trascritto per lo stesso organico da Antonio Piovano, padre di Luigi. L'interesse del tedesco per la musica contemporanea di altri paesi, e in particolare per l'opera di Vivaldi, è ben noto ed emerge in piena evidenza da questo accostamento e in questa trascrizione. Avital è esattamente quello che ci porterà alle lacrime suonando Bloch: controllo tecnico impeccabile,  precisione assoluta, gusto e sensibilità musicale tali da soppesare alla perfezione i tratti cantabili dei tempi più lenti, così come la brillantezza di quelli più mossi, animati da un soffio vitale scevro da ogni sentimentalismo nell'evitare il rischio, opposto, di meccanicità. I colori che scaturiscono dalle corde pizzicate si integrano in piena comunione d'intenti con gli archi ceciliani e il cembalo suonato dallo stesso Piovano (che come attività principale, in orchestra e in formazioni cameristiche, è soprattutto violoncellista).

Tutto Novecento, ma ben ancorato al passato, nella seconda parte. Non c'è più il solista, ma la presenza della Terza Suite dalle Antiche arie e danze per liuto di Respighi richiama, almeno idealmente, l'eco del mandolino con strumenti parenti e affini. Più ancora della raffinata rivisitazione rinascimentale respighiana, colpisce però lo splendido Concerto per archi di Nino Rota, ricco di echi antichi, soluzioni erudite, ma anche sottili richiami a materiali propri, che riemergono fra reminescenze e variazioni (ecco nello Scherzo che spuntano frammenti dell'aria di Beaupertuis dal Cappello di paglia di Firenze). Quanto moderno sia il rapporto fra Rota e l'oggetto sonoro, anche quando modellato nelle forme più suadenti e accattivanti, lo rivela ancora una volta la sofisticata architettura dell'orchestrazione, la struttura dei singoli movimenti fino a quel Finale: allegrissimo che tuttavia sulel ultime battute non esplode, ma sembra dissolversi interlocutorio e sospeso. Il richiamo di Piovano al centenario di Fellini - nome, volenti o nolenti, inscindibile da quello di Rota - costituisce un altro dei molteplici fili intrecciati in questo programma.

Il pubblico applaude, partecipe e concentrato. Diremmo festoso, se l'impegno emotivo dei due bis non facesse sembrare il termine fuori luogo.

 


 

 

 
 
 

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