Sotto le stelle, buon canto
di Irina Sorokina
Una cornice suggestiva e buone voci, a Modena, per Rigoletto nel Cortile d'Onore del Palazzo Ducale.
Modena, 23 luglio 2021 - Una serata emozionante, quella di ieri sera, quando il pubblico modenese piuttosto nutrito ha potuto assistere d un Rigoletto in grande spolvero. Andato in scena al Teatro Comunale Luciano Pavarotti nella stagione 2019-2020 con un discreto successo, soprattutto grazie ai cantanti, ha funzionato benissimo all’aperto, accolto tra le mura dell’elegantissimo Cortile d’Onore all’interno del Palazzo Ducale, nel cuore della città emiliana. Una vera emozione prima dell’inizio dello spettacolo, all’esecuzione del Canto degli Italiani.
L’Italia è stracolma dei luoghi bellissimi che fanno da cornice perfetta ai capolavori del melodramma. Nel caso modenese, potremmo dire di aver avuto due cornici, una inserita con gusto in un’altra: quella elegantissima e sobria, del Cortile d’onore e quella minimalista ideata per il Rigoletto modenese da Giorgio Ricchelli. Poche cose in scena, linee essenziali, il contrasto tra il bianco e il nero ravvivato da qualche macchia di azzurro e rosso. Una veste scenica sobria e godibile, piuttosto tradizionale ma con l’occhio buttato alla modernità, un'intenzione rispecchiata nei costumi di Alessio Rosati preferibilmente in bianco e nero, che non hanno trascurato le gorgiere, ma hanno anche attirato l’occhio con gli spacchi delle gonne delle figuranti della scena d’apertura.
In questa cornice fatta di pochi colori e linee essenziali, non riesce a trasmettere un pensiero chiaro la regia di Fabio Sparvoli, le cui note fanno parte del piccolo programma di sala. Ci è sembrata arbitraria l’affermazione che “tutti i personaggi dell’Opera attuano un cambiamento/travestimento”, consideriamo che i personaggi verdiani sono ben definiti e scolpiti perfettamente in musica e il travestimento non influisce sulla loro natura umana. La garbata messa in scena di Sparvoli non colpisce e non disturba, non presenta nulla che non abbiamo già visto, e non è di più che una serie di tableux vivant ai quali non si può negare l’eleganza.
La ripresa di Rigoletto a cielo aperto ha presentato un buon cast con nel ruolo del titolo Devid Cecconi, che ha nel suo attivo centinaia di repliche del capolavoro verdiano. Questa grandissima esperienza l’ha reso efficace ed è diventata una specie di garanzia per la riuscita della recita. Ciò nonostante, l’indiscutibile bravura del baritono non è bastata per rendere questo Rigoletto memorabile; una grande sicurezza in scena e l’uguale senso drammatico, la voce ben impostata e l’interpretazione ben collaudata non hanno potuto mascherare la mancanza di un’indimenticabile personalità artistica.
Nel buon cast ha primeggiato, senza dubbio, Stefan Pop nel ruolo del Duca di Mantova. In uno stato di grazia, il tenore romeno, pur non in possesso di un gran carisma personale, ha disegnato un personaggio molto credibile, un libertino senza morale ma pieno di fascino. "Questa o quella" cantata con spavalderia ha fatto apprezzare il timbro chiaro, un buono squillo e un centro solido, anche se la linea di canto non si è distinta per una particolare morbidezza e l’acuto ha rivelato una certa tensione; tutto “perdonato”, però, per la ricchezza delle sfumature e un calore notevole. Il tenore ha fornito un'interpretazione in continua crescita, deliziando con "Parmi veder le lagrime", dai chiaroscuri raffinati, per arrivare al sempre atteso "La donna è mobile" in forma smagliante. Ha cantato con abbandono e con una grande sicurezza che gli sono valsi espressioni d’entusiasmo dal parte del pubblico (ma già nel secondo atto una voce ha proclamato “Bravo Pop!”).
Accanto a lui, Daniela Cappiello è stata una Gilda di tutto rispetto. All’inizio è apparsa quasi una bambina, ignara di tante cose, un’anima perfettamente pura in attesa dell’amore (molto buona l’idea del costimista di vestire Gilda di un abitino azzurro dal taglio classico, da “brava ragazza”). La voce cristallina del soprano, dal timbro bellissimo e dolcissimo, è stata perfetta per disegnare una purezza tanto infinita quanto pericolosa. Dotata di un buon centro e senza nessuna difficoltà nel registro acuto, la Cappiello ha affrontato "Caro nome" con serenità e sicurezza e fornito una grande prova di tecnica e espressività nei duetti, col tenore e col baritono. Un’interpretazione in crescendo anche per lei, ancor meglio nell’atto conclusivo, nel celebre quartetto e nel duetto straziante col padre.
Ottima è stata la coppia dei “cattivi”, Maddalena e Sparafucile: Antonella Colaianni, dotata di un fisico seducente e di grandi capacità di stare in scena, di voce ben timbrata e accento espressivo, Ramaz Chikviladze, una specie di mostro apparentemente buono, che sembrava essere uscito da qualche film, dalla voce importante e capace di sfoggiare un fa grave che conclude il duetto con Rigoletto sorprendente per bellezza e profondità.
Buoni tutti i comprimari, il conte di Monterone di Felipe Oliveira, incisivo e ieratico, Giovanna di Barbara Chiriacò, dai modi ambigui e dalla voce morbida, Roberto Carli, un Matteo Borsa energico e animato, Marcandrea Mingioni, un Marullo perfido; Luca Marcheselli, l conte di Ceprano, Maria Komarova, la contessa di Ceprano, Paolo Marchini, un usciere di corte, Matilde Lazzaroni, paggio della duchessa.
Alessandro D’Agostini alla guida dell’Orchestra Filarmonica Italiana ha fornito una lettura ben compatta, rispettosa delle dinamiche delle partitura verdiana, si è rivelato un accompagnatore amoroso dei cantanti e ha deliziato l’orecchio con autentici slanci lirici.
Il Coro Lirico di Modena preparato da Stefano Colò è apparso in forma smagliante meritando i calorosi applausi per l’esecuzione brillante di "Zitti zitti, moviamo a vendetta" e "Scorrendo uniti remota via".
Nella calda notte modenese, un grande successo e una dimostrazione sincera d’entusiasmo per tutti gli interpreti.