Scura e trionfante
di Irina Sorokina
Il bell'allestimento di Stefano Vizioli approda a Modena con un ottimo cast in cui spicca la Lucia di Gilda Fiume, sotto la direzione di Alessandro D'Agostini
MODENA, 24 ottobre 2021 - Approda a Modena Lucia di Lammermoor, un capolavoro romantico, di Stefano Vizioli. No, non è un errore, ovviamente, l’infelice vicenda della sposa scozzese fu messa in musica da Gaetano Donizetti nel 1835 e da qui continua a mietere i successi meritati in tutto il mondo: ormai è in casa anche nella Federazione Russa, e non si tratta solo del Teatro Mariinsky di San Pietroburgo, ma anche della sua “filiale” a Vladivostok, alla fine del mondo.
Questa Lucia coprodotta dal Teatro Verdi di Pisa in collaborazione con l’Opéra Nice Cote d’Azur e il Teatro del Giglio di Lucca è ispirata alla creazione originale nata nell’ormai lontano 2002 per la Saint Louis Opera Theater e l’Opera di Sankt Gallen, gode davvero un respiro internazionale. Perché potrebbe benissimo definirsi “di Stefano Vizioli”? Ma per una semplice ragione: aver evitato felicemente gli eccessi del Regie Theater. Poche settimane fa abbiamo raccontato Tosca dove figuravano la cantante e il capo della polizia romana sposati e La traviata ambientata in un bordello, entrambe rappresentateall’Helikon-Opera nella capitale russa, e solo quattro giorni fa allo storico Teatro Musicale K.S. Stanislavsky e V. I. Nemirovič-Dančenko, sempre a Mosca, è andato in scena il balletto Romeo e Giulietta di Prokof’ev dove il giovane coreografo Maksim Sevaghin ha giocato un ruolo decisamente minore se confrontato a quello del regista Konstantin Bogomolov a cui la musica di Prokof’ev e la storia degli innamorati veronesi raccontata da Shakespeare non importava proprio nulla. Infatti ha trasferito la vicenda in una certa Città d’Oro bagnata dal fiume Leta, trasformato il padre di Giulietta in un oligarca contemporaneo, Romeo in un povero detenuto e Benvolio nel leader di un movimento di protesta, attribuito alla signora Capuleti una tresca di carattere francamente sessuale con il generale Tebaldo, fatto morire Mercutio di un eccesso di droga e Tebaldo di un trombo e adottato un finale in cui Romeo capiva di essersi messo in una storia troppo grande per lui e scappava, mentre Giulietta optava per un matrimonio di convenienza con Paride.
Ma evitare gli eccessi di Regie Theater non significa creare qualcosa di ordinario e visto mille volte. Nello spettacolo di Stefano Vizioli al posto della Scozia medievale dell’originale di Walter Scott e dell’opera di Donizetti vediamo una casa nobile del secondo Ottocento, dalle tinte scure e dalle linee sobrie. Di un grand’effetto la scena fissa realizzata dai bozzetti di Allen Moyer, il fondale monocromo che rappresenta il cimitero e lo studio d’Enrico con una lunga tavola e tante sedie che si trasforma facilmente in una grande sala che ospita le nozze infelici di Lucia e Arturo. Un’ottima scelta di colori, decisamente autunnali, come se volessero parlare della decadenza della società, terribilmente crudele e apertamente maschilista, dove il potere e il denaro calpestano senza pietà ogni sentimento; magiche le luci di Nevio Cavina. Stranamente – o no? – dietro le quinte potrebbero essere presenti i personaggi dei grandi romanzi di Tolstoj e di Dostoevskij con le loro domande eterne sul senso dell’esistenza umana. Fuori dal castello originale e dalla casa borghese degli Ashton, lo spazio libero dove spesso si muove Lucia: qui canta il celebre duetto con Edgardo, qui intona le note celestiali della scena della pazzia. Una regia intelligente e sobria, questa di Stefano Vizioli, e la lunga vita dell’allestimento in giro per l’Europa dimostra la sua efficacia.
Al Teatro Comunale Pavarotti Freni di Modena si è esibito un ottimo cast: ci verrebbe da scrivere “capitanato da un’eccezionale Gilda Fiume”, ma tutti i tre protagonisti si sono rivelati di alto livello e soprattutto hanno stretto un’alleanza artistica tra di loro che non si percepisce spesso; hanno lavorato con attenzione sulle relazioni dei personaggi. Il soprano campano, ormai collaudatissimo nel mitico ruolo, ha fornito un’interpretazione indimenticabile, colpito nei cuori di spettatori che alla fine della recita non la lasciavano andare via. Un ruolo micidiale, quello di Lucia, per intensità drammatica e difficoltà vocale, ma la Fiume ha saputo superare tutti gli ostacoli grazie alla voce importante, piena e versatile, dall’acuto facile e pulito. Ha disegnato una sposa di Lammermoor credibile e di molte sfumature, con l’accento evidente sulla psiche fragile e sul destino tragico preannunciato; in “Regnava il silenzio” la voce stessa, dal colore un po’ scuro e a tratti opaca, ha contribuito alla creazione di un personaggio senza una minima edulcorazione, mentre in “Quando rapito in estasi” ha sfoggiato colori completamente diversi e molto variegati, chiari e limpidi. Dopo aver apprezzato un’autentica grinta nel duetto con Enrico nel secondo atto, ci aspettava una scena della follia trepidante e capace di sconvolgere, una linea di canto sensibilissima, con delle sospensioni da brivido e coloriture precise. Un vero trionfo di Gilda Fiume, pienamente meritato.
Enrico Petti ha fornito una grande prestazione nel ruolo del Lord Enrico Ashton: il giovane baritono salernitano ha disegnato un fratello di Lucia grintoso e crudele, sempre pronto a uno scatto di violenza, ma pur sempre elegante, qualità che gli appartiene proprio (ricordiamo il suo Giorgio Germont sempre al Teatro Comunale di Modena). La dato un tocco personale a “Cruda funesta smania”: i colori scuri e l’emissione meno morbida di quanto ci si aspetta ha giovato parecchio al personaggio, più focoso del solito. La voce salda, dal timbro virile e lucente, la comprensione di uno stile impeccabile e il buon legato gli sono valsi un successo meritato dal pubblico.
Giorgio Berrugi fresco dell’interpretazione del ruolo di Ernani al Teatro Massimo di Palermo e atteso nel Corsaro all’Opera di Monte Carlo è stato all’altezza del difficile ruolo del protagonista maschile della Lucia modenese; ha disegnato un ritratto affascinante di Edgardo in tutta la sua ricchezza psicologica, senza un tentativo di “salvare” il personaggio dell’innamorato che contribuisce pure lui alla morte della fragile protagonista: misterioso, veemente e impaziente. Anche il canto ha rispecchiato i tormenti del Sir Ravenswood: la voce bella e ben timbrata è stata capace di affascinare con sfumature quanto spavalde e drammatiche tanto elegiache e dolorose. Davvero ottima, realmente struggente l’interpretazione di “Tu che a Dio spiegasti l’ali”.
Il basso Viktor Shevchenko nel ruolo di Raimondo Bidebent sembrava guidato dagli insegnamenti della scuola di recitazione psicologica russa; ha unito una certa freddezza e una fedeltà incrollabile nelle convenzioni sociali alla compassione sincera verso la sposa di Lammermoor. La voce piacevole, profonda e vellutata, perfettamente adatta alla scrittura donizettiana ha accarezzato l’orecchio impreziosita dalla parola ben scolpita. La sua interpretazione è andata in crescendo, dall’aria convenzionale del secondo atto all’assolo quasi ieratico precedente alla scena della follia.
Corretta e partecipe è stata Shay Bloch è stata nel ruolo di Alisa e Matteo Mezzaro ha saputo dare un tocco personale al personaggio di Arturo rappresentato come un buon uomo dai modi eleganti. Lodevole anche la voce dalla linea gradevole e dallo squillo apprezzabile. Non è passata inosservata la prestazione di Cristiano Olivieri: grazie a lui il personaggio di Normanno, spesso in ombra, ha avuto una faccia tutta sua. Peccato per il registro acuto, leggermente affaticato.
In uno stato di grazia l’Orchestra Filarmonica dell’Opera Italiana “Bruno Bartoletti” guidata da un talentuoso Alessandro D’Agostini, pienamente al servizio del belcanto romantico e ai bravissimi interpreti; una direzione attenta, studiata nei minimi dettagli, con delle sospensioni leggere da sottolineare le sottigliezze psicologiche della partitura. Bravissimo il Coro Lirico di Modena preparato da Stefano Colò. Ricordiamo che questa è stata l’esecuzione in forma integrale, con molti tagli tradizionali aperti.
Un grandissimo successo del pubblico e gli applausi a non finire. Manca solo una settimana alla Norma, un altro capolavoro del belcanto romantico.