L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Lo stupendo mese di maggio

di Roberta Pedrotti

Il calendario dei recital di canto del Teatro alla Scala prosegue in streaming, testimone del tempo e dell'arte che resiste a ogni cosa. In attesa di una nuova primavera, Markus Werba e Michele Gamba offrono una splendida lettura, franca e intelligente, dei Lieder di Schumann

Milano, 4 gennaio 2021 - Prima dell'epifania e dell'ultimo concerto del ciclo Wolfgang Amadeus e le grandi fiabe musicali (in programma L'histoire de Babar di Poulenc e la sinfonia n.29 di Mozart, Eun Sun Kim sul podio, Angela Finocchiaro voce recitante), riparte l'attività regolare della Scala. Regolare, naturalmente, perché non si parla di concerti festivi o spettacoli inaugurali, ma ancora ben lungi dalla normalità. Non manca di ricordarlo Markus Werba salutando il pubblico a metà programma, prima di intonare il benaugurante Im wunderschönen Monat Mai (Nello stupendo mese di maggio): “voi siete la cosa più importante: appena aprono i teatri, per favore, ritornate subito tutti”. Non mancano di ricordarlo le riprese silenziose che scorrono i palchi vuoti. Questo è un mondo sospeso, innaturale e lo spettacolo lo esprime e lo testimonia, perché queste immagini ci spronino a lavorare per il futuro, perché in un prossimo tempo felice si ricordi la miseria.

Rispetto al recital francese di Sabine Deviehile e Alexandre Tharaud, per la Liederabend di Markus Werba e Michele Gamba si ribalta la prospettiva, come a esplorare tutte le angolazioni di questo tempo sospeso: voltiamo virtualmente le spalle al proscenio, il palco reale di fronte a noi, gli artisti nella platea vuota, ribaltando insieme lo spazio. Quante volte, l'occhio cerca l'angolo nascosto dallo schermo, vorrebbe ribellarsi e tornare libero di cercare le proprie inquadrature dal vivo! Almeno la telecamera sembra intendere quest'insofferenza e cercare vie diverse a ogni concerto.

Al centro c'è sempre la solitudine del teatro disabitato, la solitudine degli artisti isolati nel nucleo di un vuoto affettuoso. L'intimità del Lied non trova nemmeno un interlocutore, ma si espone impudica a mille schermi in un ossimoro straniante, testimone della contingenza momentanea e del valore intangibile. Schumann è lì, con i suoi capolavori – segnatamente, il Liederkreis op. 39 e Dichterliebe – ed è lì Markus Werba, che – nipote del pianista Erik, allievo di Walter Berry – si può dire sia cresciuto a pane e Lieder. Infatti, quel che più colpisce è la naturalezza, la franchezza con cui affronta ogni pagina. È chiaro che nulla è lasciato all'istinto o all'improvvisazione, che tutto è studiato con acribia per far sì che la voce si faccia cupa e greve, quasi sorda nel colore notturno o funebre, come quando descrive la bara in Die alten bösen Lieder, oppure si assottiglia, si fa esuberante o sarcastico, teneramente travolto dal sentimento, svuotato dalla delusione, fremente nell'intimo, ostentatamente disinvolto. Sempre attentissimo alle ragioni sottili che legano ogni pagina dei due cicli, risulta tuttavia nel porgere sempre sincero, comunicativo, virile e sfumato, fra energici slanci genuini e raffinati ripiegamenti, sempre in bella sintonia con Michele Gamba. Il maestro, che alterna abitualmente bacchetta e pianoforte, si mostra ben capace di dipanare soffici atmosfere sospese senza perdere mai il fuoco del rapporto poetico con il testo e il canto, fino a dare, viceversa, sostanza fisica, quasi onomatopeica all'accompagnamento del citato Die alten bösen Lieder, in cui sembra che i tasti diventino i chiodi che sigillano il feretro. Alla fine, dopo che il poeta ha cantato così la fine di ogni cosa, il silenzio della sala e il buio che lo avvolge pesano come non mai. Ma quando Schumann scrive Dichterliebe il matrimonio con Clara non è annullato per sempre, solo rimandato, e i suoi Lieder traboccano anche di vita e passione. Così è il nostro applauso: ora il tempo è sospeso, ora troppe tombe reali ancora ci circondano e ci minacciano, ma torneremo, appena i teatri riapriranno torneremo tutti.


 

 

 
 
 

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