Delirio
di Giuseppe Guggino
Jessica Pratt ritorna al Massimo di Palermo per una serata interamente dedicata alle scene di follia del teatro melodrammatico italiano dell’Ottocento. Ed è subito “delirio”.
Palermo, 14 novembre 2021. All’insegna della follia d’Elvira era avvenuto del 2018 proprio coi Puritani belliniani l’esordio di Jessica Pratt sul palcoscenico del Teatro Massimo di Palermo, che dopo un recital con Vincenzo Scalera al pianoforte, ritorna adesso con un nuovo concerto accompagnata dalle masse del Teatro guidate da Francesco Ivan Ciampa. Singolare che in tutte le tre occasioni non sia mancata all’appello la melodia di “Qui la voce sua soave”, proposta nella più famosa declinazione operistica ovvero nella sua embrionale versione come romanza da camera. E in effetti la melodia belliniana calza sulla peculiare vocalità del soprano australiano con singolare pertinenza; prova ne sono il lavoro di cesello e l’accuratezza nel legato esibiti anche in “Ah non credea mirarti”sebbene non di scena di follia si tratti, bensì di sonnambulismo.
Se il registro acuto, pur sempre sorprendente, pare più umano che in altre occasioni, la consapevolezza interpretativa, dopo oltre dieci anni di carriera, appare certamente accresciuta; il bagaglio tecnico, ragguardevole sin dagli esordi, le consente di accostarsi a pagine dalla scritture tra le più ornate della letteratura operistica della prima metà dell’Ottocento, con gusto e pertinenza stilistica inappuntabili. Sicché non manca il suo cavallo di battaglia, ossia l’intera scena della follia di Lucia (coi pertichini assolti dal buon basso Andrea Comelli), abbinata a pagine donizettiane di minore notorietà quali il finale secondo di Linda di Chamounix (con il ripristino di “Nel silenzio della sera”) e “Madre deh placati” da Emilia di Liverpool, unico titolo fra quelli impaginati nel programma di concerto a non essere mai stato affrontato integralmente in scena dalla Pratt. Il livello artistico ragguardevole della protagonista della serata galvanizza le masse, colte nel pieno delle loro possibilità, anche grazie al lavoro di preparazione di Ciro Visco sul Coro e alla salda bacchetta di Francesco Ivan Ciampa, che si rivela accompagnatore di grande sensibilità e buon senso del teatro, purtroppo abitualmente poco incline a frequentare questo tipo di repertorio, prediligendo il secondo Ottocento. Quanto a senso del teatro non difetta neanche Jessica Pratt che affronta ogni pagina del concerto come se agisse in scena, e con abiti sempre diversi (uno più eccentrico dell’altro, tutti firmati da Giuseppe Palella). Nei cambi d’abito gli intermezzi di sutura sono tratti da opere consacrate alla follia quali l’Hamlet di Thomas e Dinorah di Meyerbeer, eccezion fatta per l’immancabile (e un poco fuori luogo) sinfonia di Norma.
Il coup de théâtre giunge al termine del programma ufficiale, con ovvia richiesta di bis: non c’è il tempo per un cambio d’abito, ma Jessica Pratt, con sbarazzina disinvoltura, sgancia la zip del suo ultimo costume, che in realtà ne cela un altro sottostante, mentre fulmineamente attacca “Glitter and be gay” da Candide: ed è subito “Delirio”.