Cello concertos
di Giuseppe Guggino
L’Orchestra del Massimo di Palermo con il tandem Isserlis/Wellber e l’Orchestra Sinfonica Siciliana con il tandem Bohórquez/Eschenbach si confrontano con due programmi imperniati su due dei più rappresentativi concerti per violoncello e orchestra: quello di Elgar e quello di Schumann.
Palermo, 2 e 3 dicembre 2022 - Chissà se per coincidenza o per calcolo, ma in perfetta sincronia le due maggiori istituzioni palermitane si confrontano a distanza di qualche centinaio di metri – rispettivamente al Teatro Massimo e al Politeama – rispettivamente con il concerto per violoncello e orchestra di Elgar e quello di Schumann, ossia con due delle due pagine più rappresentative della letteratura per cello solista.
Fortunatamente i concerti della Sinfonica Siciliana hanno sempre una replica pomeridiana al giorno seguente e quindi al pubblico palermitano è stata risparmiata la scelta – e sarebbe stata ardua – fra Steven Isserlis con Wellber al Massimo e Claudio Bohórquez con Christoph Eschenbach al Politeama.
E dovendolo fare un confronto la Sinfonica Siciliana vince a man bassa un po’ su quasi tutti i fronti, a cominciare da quello extramusicale, annunciando l’interruzione delle forme di protesta proprio mentre l’Orchestra del Teatro Massimo annuncia l’inizio delle ostilità, ritardando di trenta minuti l’inizio del concerto.
Poi la coerenza interna del programma di Christoph Eschenbach porta ad accostare alla pagina concertistica di Schumann l’Ottava sinfonia di Dvořák che, sin dall’incipit e diffusamente in tutto il primo e il quarte tempo, riserva alla fila dei celli un ruolo di assoluto primo piano, affidando a quella particolare sonorità calda degli archi il maggior numero di spunti tematici di un lavoro particolarmente felice per varietà di invenzione melodica. Non per ultimo la presenza dell’ultraottantenne direttore tedesco, pur col suo gesto discreto, si direbbe minimalista e scevro da qualunque teatralità, sollecita alla compagine siciliana una disciplina fuori dall’ordinario che si innesta sull’ottimo smalto registrato nelle più recenti prove. La fila dei celli ricambia Dvořák con ottima precisione, ma più in generale tutti gli archi rispondono con grande duttilità sin dalla vorticosa Karneval ouverture in apertura del programma. Giustamente le sonorità si prosciugano nel concerto di Schumann dialogando con Claudio Bohórquez, che segnala per il controllo di intonazione e l’accuratezza del fraseggio, suscitando le legittime richieste di bis coronate con la Sarabanda dalla terza delle Suites di Bach.
Per contro il concerto del Massimo di Palermo è destinato ad imprimersi nella memoria per molto poco oltre la maiuscola prova di Isserlis alle prese con il capolavoro dell’ultima fase creativa di Elgar. Il carismatico cellista inglese, ricorrendo ad un’agogica fluida, talvolta dilatando molto i tempi, indugiando in impalpabili pianissimi, si conferma ancora una volta esecutore di assoluto riferimento della pagina, registrando un consenso sinceramente caloroso, che ricambia con una vibrante intonazione de El Cant dels Ocells di Pablo Casals. Di fronte a tanto smalto gli archi dell’Orchestra del Massimo impallidiscono non poco, ma più in generale, nonostante Omer Meir Wellber cerchi di agire come dionisiaco trascinatore, la compagine sembra attraversare una fase di crisi artistica. Prova ne sia l’elevato numero di imprecisioni che, sin dai due accordi iniziali, caratterizza una Terza di Beethoven decisamente non memorabile.