Uuh, Uuh, la donna è mobile!
di Irina Sorokina
Cast interessante e allestimento controverso per Rigoletto al Teatro Musicale K. S. Stanislavsky e V.I. Nemirovič-Dančenko di Mosca
Mosca 20 gennaio 2022 - Tre Rigoletti? Tre Gilde? Tre Maddalene? Il Duca di Mantova che canta “La donna è mobile” accompagnato dal coro delle fanciulle in costume folcloristico russo che lo sostengono con degli esilaranti “uuh!” a tempo di musica? “È sogno o realtà?” diremmo imitando l’attonito Ford nel Falstaff verdiano. Eppure la risposta è “realtà”, siamo al Teatro Musicale K. S. Stanislavsky e V.I. Nemirovič-Dančenko, istituzione importantissima a pochi passi dal Bol’šoj, e assistiamo alla freschissima produzione di Rigoletto firmata dal regista Vladimir Pankov.
Pensando alle produzioni nuove e non troppo dei teatri dell’opera moscoviti, l’autrice si rende conto che nella maggior parte di esse la musica veste i panni dell’umile e disciplinata serva costretta a fare le reverenze continue alla regia. Difatti, nelle recensioni la regia occupa sempre dei grandi spazi, mentre pochi paragrafi o addirittura righe vengono dedicati ai cantanti e al direttore d’orchestra. Purtroppo, la realtà è questa, l’avevamo osservato da tempo in Germania e adesso il Regie Theater trionfa sugli spazi immensi della Federazione Russa. Non si dice più Mazepa čajkovskiano, ma bertmaniano, e si ha la preoccupazione che nel caso di Rigoletto al Teatro K. S. Stanislavskij e V. I. Nemirovič-Dančenko lo spettacolo a pieno diritto dovrebbe essere chiamato “pankoviano”, cioè firmato dal regista Vladimir Pankov.
Il regista del teatro di prosa debutta in qualità del regista dell’opera e sospettiamo che il suo esordio, Rigoletto, ha alla base non soltanto la scarsa conoscenza della materia, ma soprattutto la paura che l’opera possa produrre noia, che cantanti attori che trasmettono allo spettatore pensieri e sentimenti tramite la musica possano produrre noia. E poi c’è un’evidente paura del vuoto. La soluzione è prevedibile: riempire al massimo lo spazio scenico, soprattutto metterci più gente possibile e farla muovere senza una minima pausa. L’operazione compiuta da Pankov con la complicità dello scenografo-costumista Maksim Obrezkov supera ogni immaginazione: se qualcuno volesse inserire un oggetto come una penna non avrebbe potuto farlo, non ci sarebbe stato un millimetro di spazio per una minuscola cosina. Elementi architettonici grandiosi non si riferiscono ai palazzi nobili mantovani, arcate, lampadari; mobilia, ma soprattutto un vero oceano umano, coristi, mimi, danzatori, soprattutto quest’ultimi. Tutto gira, luccica, accieca, confonde. Rigoletto e Gilda, il Duca e Maddalena hanno i loro sosia danzanti, ma non bastano nemmeno loro. Rigoletto ha un altro sosia, mimo, Gilda pure, una piccola bambina dalla vocina fragile che addirittura le “ruba” qualche frase vocale. E ancora non basta. Ci sono tante altre cose quali video design, karaoke, coro popolare russo, balletto classico sulle punte e altri generi di danza (coreografie di Ekaterina KIslova), striptease. All’inizio l’azione è ambientata nel Novecento, i cortigiani vestono abiti gessati e pure Rigoletto sembra uno di loro, in giacca e pantaloni e senza gobba. Il suo sosia mimo indossa un abito rosso da buffone, con il cappello tipico, ma nel secondo atto il cantante e il mimo scambiano l’abito. Non c’è il confine preciso tra Rigoletto in abito civile e Rigoletto vestito da buffone, come tra i cortigiani vestiti da gangster e sempre loro in uniforma militare. Come se non bastasse, le proiezioni video abbondano, sul grande schermo scorrono le cose diverse, dai volti dei cortigiani mentre Rigoletto intona la celebre aria fino alle didascalie tipo “Rigoletto cambia abito” o informazioni della quantità di secondi che mancano all’inizio del bestseller “La donna è mobile”: sono cinquantotto (video designer Kirill Pliškevič, Jan Kalibuzin).
È facile emettere un giudizio negativo su tutto questo putiferio, tuttavia la dinamica dello spettacolo, con tutti gli eccessi e le cadute di stile coinvolge, colpisce e alla fine inverte ogni pregiudizio.
La nuova produzione della seconda compagnia dell’opera della capitale russa vanta un buon cast capitanato dal baritono georgiano Nikoloz Logvilava nel ruolo dei titolo. Dotato di un carisma indiscusso e carica d’energia esplosiva, impone al pubblico un buffone dall’animo lacerato quasi sull’orlo della nevrosi. Sfoggia una voce di baritono solida dalle sfumature taglienti, acuto scuro e dizione chiara. Una grande interpretazione, la sua, piena di passione e di dolore: rimangono scolpiti nella memoria degli ascoltatori “Pari siamo!” con gli schiarimenti espressivi della voce e “Cortigiani” dalla parola nitida nella prima parte e il buon cantabile nella seconda. Un’interpretazione che fa perdonare alcuni difetti quali una certa stranezza d’emissione e delle sfumature gutturali. Il pubblico omaggia calorosamente il baritono georgiano dalle ovazioni autentiche e dagli infiniti “bravo!”, noi gli auguriamo di lavorare non soltanto sul pathos e l’espressività, ma anche sulla raffinatezza e sull’accento.
Ottimo anche il giovane soprano Lilia Gaisina nel ruolo d Gilda, dal temperamento forte e dalla voce cristallina. “Caro nome” non ha segreti per lei, lo intona con sicurezza, gli acuti sono facili e le colorature ricordano l’antica espressione russa “perle sul velluto”.
Il tenore Vladimir Dmitruk ritaglia uno spazio tutto suo nella nuova produzione del teatro moscovita. Prima di tutto, sta al gioco del regista con un autentico entusiasmo e prontezza di riflessi, secondo, canta niente male, anche se la sua tecnica necessita di essere perfezionata. Stare al gioco significa accettare tutte le invenzioni del regista, essere pronto di denudare il torso mostrando la muscolatura ben scolpita, togliersi il costume da bagno e farlo girare in aria prima di entrare nella stanza di Maddalena e compiere tante altre bravate, spesso di dubbio gusto. Cantare niente male significa aver uno strumento ben timbrato, da un bel colore e squillo e avvicinarsi sufficientemente alla scrittura verdiana. Tuttavia la strada da percorrere è ancora lunga e in salita: a “Questa o quella” manca la morbidezza, gli acuti spavaldi risultano sforzati e l’accento andrebbe perfezionato. Va meglio “Parmi veder le lacrime” dove la voce acquista la pienezza e le versatilità, anche se il fraseggio necessita un gran lavoro. Il momento di gloria arriva con l’interpretazione di “La donna mobile” di cui il tenore coglie perfettamente lo spirito, ma l’acuto finale risulta secco e sforzato. Una figura preziosa nella compagnia dello Stanislavskij, Dmitruk potrebbe diventare un’autentica star grazie ad un buon coach.
Il mezzosoprano Natal’ja Zimina è una Maddalena eccezionale, dotata di uno strumento magnifico, scuro, profondo e mieloso e da una carica erotica esplosiva. Corretto e non tanto spaventoso Sparafucile di Felix Kudrjavcev, convincenti tutti i comprimari, Valerij Makickij – Borsa, Mikhail Golovuškin - conte di Ceprano, Igor Korostzlev – Monterone, Irina Čistjakova – Giovanna, Anna Zagorodnaja – un paggio, Mikhail Basenko – un officiale, la contessa di Ceprano- Ksenija Muslanova. Una presenza di lusso, baritono Stanislav Li nel ruolo di Marullo.
La direzione d’orchestra affidata ad Arif Dadašev appare in piena sintonia con gli eccessi di tutti i generi che si vedono sul palcoscenico: in scena tutto esagera e confonde l’occhio, nella buca d’orchestra tutto corre senza prestare attenzione ai dettagli, le velocità sono stratosferiche e le sonorità grossolane. Molto partecipe e spigliato il coro preparato da Stanislav Lykov.
Conclusioni? Non sono così monocolori e drastiche come potrebbe sembrare. È facile criticare e, addirittura, condannare la nuova produzione di Rigoletto al Teatro Musicale K. S. Stanislavskij e V. I. Nemirovič-Dančenko di Mosca. Ma è difficile negare il suo effetto coinvolgente: il coinvolgimento si rafforza con ogni pezzo dell’opera e con ogni trovata del regista per portare ad un’esplosione di applausi e alle chiamate al sipario aperto a non finire.