L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Rose e fiori per Il barbiere

di Irina Sorokina

Una bella serata all'Arena di Verona con l'opera di Rossini nel fortunato allestimento di Hugo De Ana, con un cast di esperti rossiniani di diverse generazioni e il bel debutto nell'anfiteatro scaligero di Alessandro Bonato.

VERONA, 24 giugno 2023 - La magnifica Arena, luogo del celeberrimo festival lirico estivo sotto il cielo aperto, detta le sue regole: ha una lista piuttosto breve dei titoli che funzionano e violare i confini di questo terreno sacro può essere rischioso. Aida, Nabucco, Carmen, qualche volta Tosca sono re e regine del cartellone da sempre, tuttavia capita qualche eccezione. È il caso del Barbiere di Siviglia, la produzione del 2007 (quindi l’allestimento dalla barba lunga) che torna sul più affascinante palcoscenico a cielo aperto.

Nel 2007 Il Barbiere fu il successo più importante del festival e fortunatamente mantiene le sue caratteristiche brillanti ben sedici anni dopo: l’allestimento del designer e regista argentino Hugo De Ana è una vera perla.

Per l’opera buffa più famosa e amata il maestro scelse una bella e civettuola cornice, un parco regolare alla francese che rallegra l’occhio per la presenza di alberi e cespugli scrupolosamente potati dal color verde freschissimo. E, come se non bastasse, il buon umore sale alla vista delle rose e delle farfalle, tutte del color rosso vivace. In piena armonia con la cornice sono i personaggi negli abiti lussuosi, dai colori sgargianti e garbatamente eccessivi che ricordano delle belle statuine dell’epoca rococò.

È una bella sfida, mettere sul palcoscenico areniano un’opera con pochi personaggi e presenza ridotta del coro: possiamo comprendere la paura del vuoto che sembra ossessionare il regista argentino. Con questo problema “il mago” se la cava piuttosto bene chiamando alla ribalta una quantità notevole di mimi e danzatori, complice Leda Loiodice, responsabile dei movimenti scenici. Al pubblico non viene dato il permesso di annoiarsi, per tutta la durata dello spettacolo sul palco qualcuno corre, scherza, fa da spalla ai personaggi: tutto questo perpetuum mobile, senza dubbio, è simpatico e carino, ma spesso esagerato e crea stanchezza agli occhi.

Simpatiche e carine sono pure le caratteristiche attribuite dal regista a singoli personaggi con amore e senso dell'umorismo indiscussi; Ambrogio è una specie di tossico che si dedica al consumo d’oppio e Berta gli fa concorrenza, anche lei è un po’ dipendente, ma preferisce le sigarette. L’antipatico Don Bartolo desta quasi compassione, visto gli altri lo manovrano come una bambola di pezza, lo legano e lo imbavagliano.

Per fortuna di tutti, non c’è un punto morto in questo colorato e animato Barbiere, l’azione scorre liscia e non fa mai annoiare, sembra che lo spettacolo voli piuttosto di toccare la terra e l’effetto finale solleva l’umore come non mai: siamo costretti di alzare la testa in altro per goderci i fuochi d’artificio più colorati e fantasiosi del mondo. Ecco, l’effetto finale: l’ultima frase si deve usare nel passato ormai, perché ieri sera i fuochi d’artificio sono stati tolti lasciando soltanto il ricordo di quelli lanciati nell’ultima ripresa della produzione, cinque anni fa.

Un cast stellare, senza esagerazione alcuna, si è presentato sul palcoscenico dell’Arena, la maggior parte degli artisti vantano una lunga militanza al Rossini Opera Festival, alcuni sono il mito ormai e alcuni, giovani, tentano di diventarlo,cosa che auguriamo loro con tutto il cuore.

A capitanare il gruppo dei “mitici”, nella parte del conte d’Almaviva, è Antonino Siragusa, che ricordiamo in molti titoli rossiniani da più di vent'anni a questa parte a Pesaro. Disinvolto e sicuro, ironico e bonario, Siragusa disegna un ritratto del conte pressappoco perfetto, evidentemente si diverte e fa divertire il pubblico. La voce ha perso un po’ freschezza, una cosa comprensibile visti tre decenni di onorata carriera, ma la perfetta comprensione di stile, il legato, la precisione nelle fioriture vertiginose sono oggetto di elogi.

Tra i due bassi, mitici pure loro, e parliamo di Carlo Lepore (Bartolo) e di Michele Pertusi (Don Basilio) non si sa chi andrebbe elogiato di più, Lepore, fantastico “brontolone” e un vero maestro del sillabato, o Pertusi, un cantante dal repertorio vastissimo che padroneggia la scena con profondità ed eleganza e di cui l’interpretazione della “Calunnia” è il modello per le generazioni che gli succederanno.

Il baritono slovacco Dalibor Jenis, cantante poliedrico col repertorio che include le opere di Mozart, Rossini, Verdi e Puccini, vanta pure lui una lunghissima esperienza nel celebre titolo rossiniano: Figaro gli calza bene e tutto gioca a suo favore. Gestisce la parte con una grande sicurezza e conquista la simpatia del pubblico.

Il giovane mezzosoprano russo Vasilisa Berzhanskaya non sfigura per un attimo affiancata da colleghi espertissimi, padroneggia il personaggio della furbetta Rosina con eleganza, sfoggia una voce dal bel timbro e fraseggia con gusto e intelligenza.

Nel Barbiere i comprimari non devono essere considerati tali perché i ruoli di contorno offrono tante opportunità di farsi notare, divertirsi e far divertire il pubblico. Marianna Mappa non passa inosservata grazie a una spigliata interpretazione dell’aria di sorbetto “Il vecchietto cerca moglie” e Nicolò Ceriani “si sdoppia” nei panni di Fiorello e di Ambrogio e Lorenzo Cescotti è un ufficiale corretto.

Alessandro Bonato dirige questa simpaticissima confusione con garbo elegante, ma tiene le redini con mano sicura: ne viene fuori un Barbiere ben equilibrato, spumeggiante, senza perdere di vista l’aspetto lirico e tutte le sfumature della partitura rossiniana. Il coro areniano diretto da Roberto Gabbiani non fa altro che confermare le sue qualità impareggiabili e il contributo importante di Richard Barker al cembalo risulta pure determinante per una grande festa di musica e di teatro sotto il cielo veronese. Ci voleva.


 

 

 
 
 

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