L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Logos e Mythos

di Roberta Pedrotti

Volge al termine l'estate dell'Accademia Chigiana di Siena, che celebra anche la centesima edizione dei concerti Micat in vertice ad essa strettamente collegati: una delle gemme del cartellone è la coproduzione con il Mozarteum di Salisburgo di Elissa / Dido and Aeneas, che incastona, in un inedito dittico, l'opera di Purcell e Nahum Tate in una nuova commissione di Henry Fourés ed Elisabeth Gutjhar.

SIENA, 29 agosto 2023 - Dopo una serata nella Londra cosmopolita che accoglieva musicisti tedeschi e italiani, crocevia di tradizioni con echi fino ai giorni nostri, ecco che l'Accademia Chigiana completa il suo programma operistico in sintonia sia con il percorso barocco sia con quello contemporaneo e nel segno della collaborazione con il Mozarteum di Salisburgo. Lo fa con l'opera inglese per eccellenza, almeno finché – un paio di secoli dopo – non arriverà Britten a rinverdire la tradizione in lingua inglese: Dido and Aeneas di Henry Purcell. Testo piuttosto breve, che talora si usa rimpolpare o componendo un dittico o infarcendolo di danze e altri inserti musicali. A Siena si sceglie, sì, di abbinare e integrare, ma costruendo un unicum coerente, sia con calibrati interventi sul testo (un'aria aggiunta per Aeneas, sempre dal corpus di Purcell) sia con la cornice per il dramma barocco di un prologo e un epilogo contemporanei, Elissa: musica di Henry Fourés, testo di Elisabeth Gutjhar. Tutto inizia come una tappa di un viaggio, un incontro, un insieme di domande, voci, suggestioni che pare un caos primordiale al quale è necessaria la forma del mito, il racconto, l'esperienza dolorosa per conoscere e, quindi, poter costruire senza più bisogno di eroi.

Elissa, altro nome di Didone, è una e molteplice, come l'identità di chi viene da lontano, da Tiro, in Fenicia, fuggiasca, e a sua volta pronta ad accogliere Enea, profugo da Troia. Migrazioni, disperazioni, fughe, ricerche: Siena non è approdo casuale, fondata proprio da due giovani, Senio e Aschio, in fuga dalla terra natale perché figli di Remo scacciati dallo zio Romolo e quindi discendenti proprio della stirpe di Enea.

Il testo volutamente ellittico di Gutjhar, fra inglese, tedesco e un onomatopeico grammelot di sapore mediterraneo, è ricco di suggestioni e viene intonato con un linguaggio onestamente attuale. Niente ubritica sperimentazione fine a sé stessa o scontato cliché, nessuna scelta che possa apparire non necessaria nell'ottica degli autori. A un primo ascolto, forse, si preferisce l'epilogo, saldato con felice congiunzione al linguaggio di Purcell, sintetico e puntuale nel suo messaggio, rispetto alla costruzione più ampia dell'atmosfera nel prologo, che pure si apprezza anche per la struttura ben studiata, sì da render riconoscibili, in una fluida continuità, assoli, duetto, pezzi d'assieme. Si crea così anche una continuità formale con l'antico, già delineata con stimolanti compenetrazioni e contrasti nella scrittura di Fourés e nell'orchestrazione di Kai Röhrig, pure concertatore. Un lavoro collettivo cui partecipano attivamente la regista Rosamund Gilmore e il dramaturg Eike Mann, nonché la costumista Carla Schwering, capace di vestire la drammaturgia con un bel gioco di stili e stracci così come Alexander Lähr la realizza con le sue luci. Si ha, insomma, la netta percezione di uno spettacolo vivo, condiviso, che dopo la prima a Salisburgo non porta a Siena una replica, ma rinasce in simbiosi con il Teatro dei Rinnovati. Perfino quelle piccole, inevitabili imperfezioni che possono sempre capitare all'essere umano, specie con uno spettacolo complesso come questo, con una disposizione articolata della scena e dei musicisti (fra cui l'orchestra dietro all'azione), sembrano parte integrante di un divenire collettivo, di un'emozione sempre palpabile e che sfocia sempre nella piena coesione dell'insieme. Così, la giovane Elissa/Dido Anna-Maria Husca commuove davvero nel suo lamento, che è “suo” stasera e non si mescola al ricordo dello stesso brano intonato da Sara Mingardo il giorno prima in concerto [Siena, Perfida Albione, 28/08/2023]. Il passaggio, poi, dal barocco al contemporaneo appare fluido, logico in un limpido recitar cantando. Fa una bellissima impressione anche la scintillante Belinda di Anastasiya Fëdorenko, la cui voce si sposa assai bene senza confondersi con quella di Husca, sicché i personaggi risultano sempre definiti a dovere. Non meno definito è il rilievo conferito da Julia Maria Eckes alla Maga: personalità e voce che riempiono il teatro; verrebbe voglia di scritturarla subito per una Baba the Turk. Bene anche il resto dell'affiatato cast, con Niklas Mayer Aeneas, Emil Ugrinov come spirito, Lucas Pellbäck marinaio, Donata Meyer-Kranixfeld una donna, Laura Obermair e Julia Schneider le streghe.

Degni della Chigiana e del Mozarteum sono anche l'ensemble vocale e l'orchestra barocca provenienti da Salisburgo e in generale tutte le forze italiane e austriache con insieme hanno realizzato questo spettacolo, meritatamente e lungamente applaudito.

Una serie di incontri virtuosi, fra artisti di oggi ma anche fra Purcell, il suo librettista Nahum Tate e i colleghi contemporanei, chiude così un'intensa giornata senese pure segnata da scambi e incontri, dalla conversazione con Stefano Jacoviello e Alessandro Tommasi sul tema capitale del divulgare e scrivere di musica, al concerto finale dei corsi di musica da camera di Bruno Giuranna, ragazzino novantenne eternamente giovane nell'arte. Come la Chigiana e il Mozarteum.


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