Opera viva, evviva l'opera
di Roberta Pedrotti
Il programma del Festival di Wexford non si ferma alle tre opere principali, ma si arricchisce di eventi Pop Up, recital e pocket opera, mentre è già annunciata la prossima edizione con il tema All the World’s a Stage
Wexford, Zoraida di Granata, 31/10/2023
Wexford, L'aube rouge, 01/11/2023
Wexford, La Ciociara, 02/11/2023
WEXFORD, 1 e 2 novembre 2023 - “See you next year!” “Please God!” Così ci si saluta, uscendo dalla sala O'Reilly, lo spazio principale della National Opera House di Wexford, calda e accogliente, dall'acustica impeccabile, moderna e funzionale. E, soprattutto, davvero una casa della musica, non una grande vetrina o centro commerciale delle arti, ma una struttura imponente in proporzione alla cittadina irlandese eppure così discreta, quasi anonima nel suo affacciarsi su una via senza negozi o locali. Un luogo fatto delle persone, per le persone che lo vivono, che sorridono, che alla fine dello spettacolo si voltano cordiali verso i vicini sconosciuti “Did you enjoy it?”
È anche una specie di mondo alla rovescia, quello di Wexford, dove il repertorio battuto dalle principali istituzioni operistiche diventa una rarità, o un evento marginale, magari come tappa decentrata della Irish National Opera, mentre il pezzo forte della vita musicale cittadina è una girandola di titoli più unici che rari. Non necessariamente inediti, ma senza barriere fra Carneadi e grandi nomi per quanto riguarda gli autori, con l'unica stella polare nell'evitare abitudine, scelte facili o scontate, nel puntare sempre alla ricerca e al contenuto. Forse anche per questo qui si trova un pubblico tanto aperto e sereno, una vera boccata d'aria fresca rispetto a tante beghe stantie, a tanti giochi d'interesse che soffocano altrove. Qui si va all'opera e si fa opera per il gusto di farlo, con passione, il che non vuol dire mettere da parte lo spirito critico, ma coltivare quello sano, positivo, non inacidito. Dopotutto, comunque vada, è sempre un'occasione per confrontarsi, incontrarsi, poi si può scendere nella Main Street per prendersi una birra, pigiati in abito da sera (gli Irlandesi all'opera vanno sempre elegantissimi) con il boccale in mano nel pub decorato con elementi del vecchio teatro. E, infine, se il tempo lo permette, passeggiare sul lungomare, godendosi il vento sferzante, il tipico wet weather nei toni del grigio e dell'argento, il sole che accende i verdi e i blu e disegna arcobaleni.
Oltre che nelle serate dedicate alle tre produzioni operistiche principali, l'atmosfera serena ed elettrizzante di Wexford vive nei numerosissimi eventi collaterali, che vanno dai flash mob PopUp, che raccolgono anche centinaia di persone in svariati luoghi della città, a concerti e produzioni operistiche in formato pocket o community.
Quest'ultimo è un formato introdotto dalla direttrice artistica Rosetta Cucchi e parente stretto del modello varato da Graham Vick a Birmingham (e declinato poi in varie esperienze italiane sempre da compianto regista inglese). Il progetto 2023 era dedicato a Gianni Schicchi e se le date della trasferta, purtroppo, non hanno permesso di assistervi, è giunta comunque l'eco del successo e delle risate di questa traduzione e trasformazione che ha reso i cittadini interpreti, accanto ai musicisti professionisti, della contesa di un patrimonio comprendente non i “mulini di Signa”, ma un pub a Kinkenny e dove il podestà di Fucecchio diventava il major della vicina Rosslare.
Abbiamo, invece, potuto godere di due Lunchtime recital, uno dei quali con Na'ama Goldman, carismatica protagonista della Ciociara, impegnata in un programma in italiano (Francesco Paolo Tosti), francese e tedesco (Kurt Weill), ebraico (Eyal Bat e Sasha Argov) con Giorgio D'Alonzo al pianoforte. Nell'altro abbiamo fatto la conoscenza del tenore irlandese Gavan Ring, voce e artista davvero interessante che vedremmo bene in un'opera di Britten e qui ci offre, con la pianista Louise Thomas, il ciclo Ballads of a Bogman del compositore Stephen McNeff, presente nel pubblico, avvincente rivisitazione contemporanea di moduli popolari.
Il resto della giornata è impegnato – fra una passeggiata e l'altra – con le Pocket Opera, un'altra idea di Rosetta Cucchi per arricchire anche con titoli più noti il panorama operistico locale, offrire un palcoscenico ai ragazzi dell'Opera Factory (programma dedicato ai giovani cantanti irlandesi, ma che ospita di fatto una bella comunità internazionale grazie ai gemellaggi con l'Accademia rossiniana di Pesaro e altre realtà simili) e agli elementi del coro del Festival. Qui veramente si tocca con mano, e non senza commozione sincera, cosa sia l'amore entusiasta per la musica e il teatro da parte di tutti coloro i quali partecipano alla manifestazione. Possiamo assistere a una Suor Angelica suonata al pianoforte in una sala microscopica (il Jerome Hynes Theater, livello seminterrato della National Opera House), con una scenografia minimalista a dir poco, soliste dalla pronuncia italiana fantasiosa e possiamo piangere caldissime lacrime, perché vediamo che tutti stanno mettendo l'anima e il cuore in quel che fanno. Dei limiti, allora, non ci importa più nulla, non li vediamo nemmeno, semmai ci guardiamo intorno ammirati da come, in una lingua che non è più la nostra né la loro, senza soprattitoli, gli anglofoni seguano con trepidante attenzione la vicenda di donne isolate, senza una guerra dichiarata, ma circondate da soffocanti ostilità.
Possiamo anche assistere a una spassosa Fille du régiment sempre nel Jerome Hynes Theater, sempre con valorosi e spiritosi artisti del coro in una simpatica ambientazione esotica, da campagna napoleonica in Egitto. Il tema Women & War si può anche declinare con un sorriso. E pure qui, chapeau per la coinvolgente teatralità e l'entusiasmo contagioso.
Con un'orchestra a parti reali che la buca della sala O'Reilly rende sorprendentemente sonora, ecco invece che il teatro principale ospita una versione Pocket dell'Italiana in Algeri con i ragazzi della factory, produzione più ampia e ambiziosa, sempre al netto di qualche taglio interno ai numeri, dettato soprattutto dall'assenza del coro. Qui emergono l'affascinante freschezza di Marta Pluda al suo promettente debutto come Isabella, donna vincitrice della sua battaglia, e l'imponenza di Giorgi Manoshvili, un Mustafà dal timbro nobile e seducente e dal virtuosismo ben sgranato. Tutto lo spettacolo, però, scorre piacevolmente, come un curioso gioco per lo spettatore italiano: il formato pocket esige, infatti, un adattamento drammaturgico (la reggia algerina diventa un resort turistico) che si riflette nella traduzione proiettata nei soprattitoli, mentre viene cantato il testo originale. Lo spettatore non italofono non vi farà caso, mentre noi ci muoviamo sui due piani confrontando i tempi delle nostre risate con quelli dei vicini. Straniante, ma divertente.
La regia dell'Italiana in Algeri è di Conor Hanratty, sul podio il pianista Gioele Mugliardo. Per Suor Angelica Giorgio D'Alonzo sedeva al piano come concertatore e Grace Morgan curava la regia; Rebecca Warren suonava e Heather Hadrill si occupava della direzione teatrale nella Fille du régiment. Sarebbero molti i nomi da fare, in realtà, ma è tutta la comunità di Wexford che ringraziamo di cuore, tutta insieme, dagli abitanti, al pubblico (internazionale per il 65%), a tutti gli artisti e allo staff. Questo è un luogo prezioso, dove riscoprire il senso autentico dell'agire con amore e sincerità, senza sovrastrutture, senza calcoli, senza interessi che non siano quello di dare il meglio, stare bene e condividerlo.
Forse qualcuno potrà parlare di “piccola Salisburgo”, perché sembra che vada di moda, come titolo onorifico, voler equiparare ogni festival a quello storico nella città di Mozart. Magari farne una meta chic. Io spero che, invece, Wexford sia sempre e solo Wexford, amichevole e intima, la città dove si ascolta ciò che non si sente da nessun'altra parte e lo si fa con gioia e naturalezza, poi si beve una birra e poi, se il tempo lo permette, si cammina sul lungomare. Soli, con gli aironi che hanno preso il colore della notte, il movimento improvviso delle ali che si mescola alla risacca sugli scogli, la luna, le stelle. Nient'altro. Né altro si potrebbe desiderare.