Berio e Stravinskij
di Stefano Ceccarelli
All’Accademia Nazionale di Santa Cecilia Pablo Heras-Casado porta un programma tutto novecentesco: Luciano Berio, Sinfonia per otto voci e strumenti e Igor Stravinskij, Sinfonia di Salmi e Suite n. 2 da L’oiseau de feu.
ROMA, 11 marzo 2023 – L’ascolto di musica recente, oltre ad essere seducente come lo è l’ascolto musicale in sé, è anche educativo, giacché riporta lo spettatore di un concerto di musica classica al presente, facendolo riflettere sulla sua contemporaneità su un piano ideale, sublime, com’è quello musicale. È proprio il caso di Sinfonia di Berio, eseguita nel primo tempo. Il pezzo, profondamente sperimentale, risente dei moti del ‘68 e, in un certo senso, nell’ordinato caos della partitura se ne sente una distinta e perdurante eco. Berio costruisce attorno ad un ensemble di voci un’architettura armonica fortemente tesa e dissonante. Il direttore, Heras-Casado, ha particolare cura nel mantenere sempre viva questa tensione, badando che le entrate degli strumenti siamo impeccabili. Il rischio che si corre ad eseguire partiture di musica contemporanea è di squilibrare tali architetture delicatissime, proprio perché basate su trame di dissonanze che funzionano solo se eseguite al millimetro. Come avviene, del resto, in questo caso, mercé l’eccellente tenuta dell’orchestra. Le voci dell’ ensemble Theatre of Voices sono puro talento, riuscendo di fatti ad articolare suoni, versi e quant’altro richieda la partitura di Berio a mo’ di strumenti musicali. Berio, infatti, immagina ogni sezione di Sinfonia come una rapsodia di frammenti, frasi da opere di varia natura (da Le cru et le cruit di Lévi-Strauss a Samuel Beckett), variamente intessuti dal gruppo vocale e tramate da una ricercata scrittura orchestrale. L’effetto è quello di momenti che trapassano da un’estasi ad un caos convulso (la Spannung musicale di ogni sezione), nei quali si riescono a cogliere parole o frasi che acuiscono lo straniamento. Di fatti Berio è come se avesse usato la voce umana e la sua più riconoscibile articolazione, il linguaggio, in uno strumento orchestrale. L’effetto è quello di trapassare da un rito sacro ad una scena di vita quotidiana, dove indistinte sono le voci ascoltate. In tal senso, commovente è il secondo tempo, omaggio a Martin Luther King, che fu ucciso a ridosso della composizione di Sinfonia e qui evocato come un martire. Altra sezione mirabile per sapienza compositiva è la III, nella quale, sotto un’ostinata variazione dello Scherzo dalla Seconda (“Resurrezione”) di Mahler, le voci articolano frasi da Beckett creando un’atmosfera seducente, ancora in bilico fra caos e armonia, dove finanche la più cursoria delle frasi ha un senso ritmico, semantico e simbolico. Gli applausi meritati omaggiano gli interpreti.
Il secondo tempo inizia con la Sinfonia di Salmi di Stravinskij, un brano che coniuga, del pari, il sacro ad un linguaggio sperimentale. La Sinfonia di Salmi vede un’eccellente performance del coro dell’Accademia, che si destreggia in un linguaggio classicheggiante (palesi le allusioni a Giovanni Gabrielli), ricco di fughe, contrappunti, ma conditi da una strumentazione sperimentale, che privilegia la timbratura scura dell’orchestra. Heras-Casado dirige ancora con precisione, gestendo al meglio l’imponente coro e la compagine strumentale, che scurisce l’effetto verticale della scrittura corale. L’ultimo pezzo in concerto è tra quelli più amati dal pubblico: la Seconda suite (1919)de L’oiseau de feu di Straviskij. Heras-Casado imprime un’agogica vivida, rimanendo sensibile alla partitura ed ai suoi colori. Esempio dell’arte di Heras-Casado e della perizia dell’orchestra è già l’Introduzione, che inizia cupamente, con un ostinato degli archi bassi, su cui si levano guizzi dei legni, quasi squarci di luce; delicata, fine sensibilità il direttore mostra negli svolazzi de L’Uccello di fuoco e la sua danza, come pure nell’orientaleggiante Ronda delle principesse, che risente degli impasti orchestrali di Rimskij-Korsakov. Direttore e orchestra si scatenano con vigore nella Danza infernale del re Kascej ma, soprattutto, nel Finale, inarrestabile, che rimane impresso per l’energia della performance. Il pubblico salta letteralmente dalla sedia ad applaudire dopo l’ultimo accordo.