Ravvicinamenti strani
di Irina Sorokina
Jonas Kaufmann, affiancato da Sonya Yoncheva e Ludovc Tézier, completa la triade di galà tenorili all'Arena di Verona.
Verona, 20 agosto 2023 - Molte, troppo volte si è usata questa frase del sommo poeta ottocentesco russo Aleksandr Puškin parlando delle messe in scena delle opere liriche e dei concerti in diversi teatri italiani e non. La frase "scappò“ a Puškin esiliato nella tenuta di famiglia Mikhajlovskoe quando ,dopo aver finito la stesura in due giorni di un poema scherzoso Conte Nulin, apprese la notizia della rivolta dei giovani ufficiali e nobili, in seguito chiamati “decabristi” contro l’ascesa al trono dell’imperatore Nicola I. In una Russia molto arretrata, se confrontata ai paesi europei, i decabristi chiedevano costituzione e riforme tra cui l’abolizione dell’istituzione di servitù della gleba. Il poema fu scritto il 13 e 14 dicembre, i giovani rivoluzionari presero posizione in piazza aderente al Senato in pieno centro di San Pietroburgo il secondo giorno della stesura del poema.
Il fatto storico accaduto nella Venezia del Nord dove si amava assai l'opera italiana nulla ha a che fare con la storia del teatro musicale e una serata di galà con protagonista Jonas Kaufmann, tenore bavarese più volte definito "divo“. Conversazioni e discussioni della figura del tenore sembrano non avere fine: la situazione è davvero preoccupante per i teatri che hanno il continuo bisogno di questo tipo di voce in tutte le sue sfaccettature e per il pubblico a cui piace avere una figura da applaudire e, perchè no, da venerare.
Dando un'occhiata al cartellone del celebre festival a cielo aperto dell'Arena di Verona, troviamo, oltre alle opere liriche, non poche proposte di eventi speciali, serate di gala con protagonisti dell'opera e della danza. Avere Roberto Bolle con amici ballerini è una buona tradizione ormai, avere i complessi artistici del Teatro alla Scala sotto la guida di Riccardo Chailly è un'entusiasmante novità. In mezzo ci sono tre serate in cui regna... chi? Ma il tenore, ovviamente: sì, lui, perchè dei cantanti bravi in possesso delle belle voci di basso e di baritono difficilmente sono in grado portare il pubblico ad un delirio felice. Nella stagione areniana in corso tre serate con la partecipazione di Juan Diego Florez, Placido Domingo e, per ultimo, Jonas Kaufman, puntano a soddisfare questo desiderio.
Abbiamo dedicato le parole appassionate e critiche ai primi due, tanto diversi tra loro, e alla fine della stagione nutrita dobbiamo parlare dell'ultimo, un tenore che non proviene dall'area latina, ma dalla vicina Baviera. Jonas Kaufmann dal momento della sua apparizione sulle scene mondiali miete successi nel repertorio sia lirico sia spinto, sia italiano sia tedesco.
Negli anni passati abbiamo ascoltato Jonas Kaufmann in più ruoli al Teatro alla Scala: Don Josè in Carmen, Cavaradossi in Tosca, Lohengrin nell'opera omonima... Il giudizio non fu diverso da quelli già espressi dalla stampa europea e russa: il tenore bavarese è in possesso di un carisma eccezionale e doti autoriali notevoli. L'opera lirica è da sempre affamata da queste qualità, ma ne è ancora di più dal momento in cui i Tre Tenori uscirono di scena, Pavarotti morì, Carreras aveva da tempo rallentato l'attività perché colpito da una malarria grave e Domingo rimase in pista dichiarandosi baritono. Ma, Placido caro, non sei baritono: l'abbiamo scritto nel resoconto del suo recente galà veronese e continueremo a dirlo. Intanto le scene dei teatri rimangono senza il vero eroe capace di scuotere gli animi. Ed ecco a noi, Jonas Kaufmann, capace di impersonare Manrico, Otello, Cavaradossi, Calaf, ma anche Lohengrin e Siegfried. Fin qui tutto bene, abbiamo un uomo dall'aspetto degno dei film hollywoodiani, un attore geniale dal temperamento focoso che non risulterà mai ridicolo nei ruoli impegnativi sopra elencati. Ma nell'opera bisogna anche saper cantare. Ed è qui che l'asino se non casca del tutto, percorre la strada con difficoltà. La voce di Jonas Kaufmann non si distinque per timbro indimenticabile, anzi, non è proprio possibile riconoscerla senza l'annuncio, l'emissione non è sempre morbida e le gutturalità danno parecchio fastidio all'orecchio. E non parliamo degli acuti che già dieci quindici anni fa rappresentavano il problema più fastidioso del cantante tedesco. Dall'inizio della carriera c'è stata una fetta del pubblico e della critica che riconosceva in Kaufmann un baritono e non un tenore: per essere tenore è necessario avere squillo naturale, cosa che il cantante tedesco non ha e col passare del tempo la voce risulta sempre meno attraente.
Ma veniamo alla serata veronese che ha visto tutto esaurito e soprattutto è partita in un modo comico quando dalle gradinate qualcuno ha urlato "Bravo!“ e dall'altra parte è partita la risposta "Ma se non ha ancora cantato?“.
Vogliamo essere sinceri in tutto: se gli anni passano per tutti, lo passano anche per un super eroe della scena lirica quale Jonas Kaufmann. Il cantante tedesco appare visibilmente appesantito e il primo brano del programma rivela dei soliti problemi. Si apre con "Recondita armonia“ da Tosca, assolo breve ma perfido, impietoso anche con il divo Kaufmann. Già nella frase iniziale le difficoltà di salire sul fa graffiano l'orecchio, e nel seguito la situazione si precipita: "Tosca sei tu“ è segnato da un si bemolle opaco, fiacco e pressappoco inascoltabile.
Ringraziando Dio, ammettiamo che una piccola, ma importante parata dei brani da Otello fa emettere un sospiro di sollievo. Affiancato dal soprano bulgaro Sonia Yoncheva, Kaufmann si cala con disinvoltura nei panni di Otello; "Già nella notte densa“ è segnato da una grande intesa tra due cantanti capaci di impersonare perfettamente i due personaggi di Shakespeare-Boito-Verdi senza aver bisogno e di scene e di costumi; sfoggiano legato bellissimo e una vasta gamma dei colori, mentre Ludovic Tézier, vero Signor Baritono che possiamo considerare formidabile e anche di più, intona „Credo in un dio crudel“ con sicurezza, freddezza ed ironia da far venire la pelle d'oca: la voce salda, virile, omogenea e ricca di sfumature non può essere che di Jago, rafforzata da una notevole padronanza di stile e dal talento di disegnare il personaggio in tutta la sua ricchezza umana. E si arriva in bellezza al monologo più tragico, più struggente, da far venire la pelle d'oca: ovviamente, parliamo di "Dio! mi potevi scagliar“. Ecco dove si dovrebbe gridare "bravo!“ a Jonas Kaufmann, gridare alla sua bravura nel declamato, nelle sfumature sottilissime, nella gestione perfetta dei registri: e si grida e si applaude generosamente.
Dopo il Condottiero, il Poeta: di ascoltano due brani da Andrea Chénier, un altro titolo super impegnativo che segna decisamente la carriera di un tenore drammatico. Di nuovo Ludovic Tézier coinvolge e colpisce intonando il celebre monologo "Nemico della patria“: la sua interpretazione è un autentico capolavoro (aggiungiamo tra parentesi una curiosità legata alla storia delle rappresentazioni del capolavoro di Giordano fuori l'Italia e esattamente nell'Unione Sovietica: Andrea Chénier venne bandito dalle scene dei teatri dell'opera viste le paralleli troppo pericolose tra l'epoca del gran terrore nella Francia rivoluzionarie e quella delle repressioni staliniane nell'Unione Sovietica degli anni trenta del secolo scorso; curiosamente il Ministero della Cultura dell'URSS diede il permesso di rappresentare l'opera di Giordano al Teatro dell'Opera di Donetsk, che oggi porta il nome del Donbass Opera: esistono ravvicinamenti strani). Segue il duetto degli innamorati pronti a morire ghigliottinati, "Vicino a te s'acqueta“.
Come nel galà Placido Domingo, nella seconda parte si abbandonano le tinte tragiche e si avvia verso il mondo decisamente più clemente e accogliente, si approda alle terre quali l'operetta viennese, l'opéra-comique francese, il musical e i film hollywoodiani: non solo in molti emettono un sospiro di sollievo, sicuri che le terre "pericolose“ per le voci e per la psiche vengano lasciate per qualche isoletta felice. Il successo raggiunto nella prima parte della serata si aumenta grazie alle melodie di Ferenc Lehar, per la loro eleganza somiglianti ad abiti di lusso, prima "Freunde, das Leben ist lebenswert!“ da Giuditta e poi "Dein ist mein ganzes Herz“ da Das Land des Läachelns (notiamo tra parentesi che, al nostro parere, il secondo brano è risultato più dolce e coinvolgente intonato dal collega più anziano Placido Domingo, sempre in Arena). Ma pure Jonas Kaufmann canta con dolcezza l’aria del principe cinese, non senza qualche pecca quali le difficoltà nel registro acuto e l’opacità del suono.
Sonya Yoncheva presenta l’Habanera della Carmen, scelta piuttosto discutibile visto che la sua bella voce risulta fiacca e poco timbrata e non riesce a decollare; il soprano coglie bene lo stile, ma risulta poco sensuale; al contrario, Ludovic Tézier calandosi nei panni d’Escamillo e intonando i celebri couplets “Votre toast” si dimostra un rubacuori piuttosto disinvolto, equilibrato ed elegante: il timbro è smagliante, il fraseggio raffinato e la pronuncia incisiva.
Con “Non ti scordar di me” entra in scena la canzone a classica amata da tutti e intonandola, il soprano e il tenore vanno dritti al cuore del pubblico senza sforzo alcuno soprattutto grazie al modo di cantare elegante, senza eccessiva passionalità.
Affascinante e misterioso Ludovic Tézier nella sua interpretazione dell’aria apocrifa di Dappertutto da Les Contes d’Hoffmann di Jacque Offenbach; un piccolo neo è il sol diesis finale opaco e leggermente schiacciato.
Con la scelta di “Somewhere” da West Side Story di Bernstein si tocca il terreno di musical, con una buona disinvoltura e una perfetta padronanza dello stile, seguono i brani che fanno parte delle colonne sonore dei film The Mission con la musica di Ennio Morricone, “Nella fantasia” affidato a tutti e tre protagonisti della serata e “Nelle tue mani” dal Gladiatore con la musica di Hans Zimmer, intonato da Jonas Kaufmann. E ci sfiora un pensiero eretico, se vogliamo: sarebbe stata la vera vocazione del tenore bavarese, dedicarsi ai generi della canzone e del musical?
Il pubblico, visibilmente entusiasta, viene gratificato ulteriormente da una nutrita parata dei bis: “Come un bel dì di maggio” da Andrea Chénier, in cui il divo tedesco conferma la sua reputazione di musicista raffinatissimo, fraseggia con una convincente abilità e varietà degli accenti; Sonia Yoncheva in “O mio babbino caro” da Gianni Schicchi delizia l’orecchio con la morbidezza del suono e la dolcezza dei chiaroscuri. Non manca la tradizionale Mattinata di Leoncavallo, un mix di grinta e di grazia, a cui inaspettatamente succede la celebra aria da Thais Massenet che necessita proprio di un interprete estremamente raffinato come Ludovic Tézier. Ahimè, diciamo simpaticamente, non si evita ”Nessun dorma” da Turandot (cantata anche da Juan Diego Florez e da Placido Domingo nelle loro serate di gala) e si conclude col Brindisi da La traviata: a ogni sorella il proprio paio d’orecchini, dice il popolare proverbio russo.
Il programma non si prevede nessun brano orchestrale lasciando al direttore Jochen Rieder il compito di accompagnatore attento e di complice intelligente, compito che lui assume con una grande dignità.
Ed ecco che ci torniamo al pensiero dei ravvicinamenti strani disturbando l’ombra del sommo poeta russo Aleksandr Sergeevič Puškin. In estate del duemilaventitre l'Arena di Verona è gremita dal pubblico che applaude generosamente Placido Domingo appartenuto al passato ormai, e a Jonas Kaufmann che appartiene al presente. Domingo è tenore che oggi insiste di considerarsi baritono, Kaufmann pare quasi unbaritono che figura come un tenore. Il pubblico esprime un largo consenso e applaude generosamente, da sempre tutti noi abbiamo un disperato bisogno di un ideale, di un eroe. Ma gli eroi vestono i panni che non sono esattamente loro. Noi portiamo la santa pazienza e siamo in una perenne attesa. Del vero tenore, del vero baritono. Quest'ultimo, per fortuna, ci rallegra ancora dalla sua presenza.