L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Aria fresca fra le mura antiche

di Irina Sorokina

La presenza dei complessi del Teatro alla Scala diretti da Riccardo Chailly offre una serata di entusiasmante qualità musicale all'Arena di Verona.

VERONA, 31 agosto 2023 - Sta per finire il festival areniano 2023 ed è certo che rimarrà unico nel suo genere. Il suo motto, “Cento volte la prima volta” non potrà essere usato nel futuro, come, molto probabilmente, non saranno ripetuti i suoi eventi speciali, come tre gala con protagonisti Juan Diego Florez, Placido Domingo e Jonas Kaufmann e un’unica serata con protagonista nondimeno che il Teatro della Scala di Milano, o, precisamente, la sua orchestra diretta da Riccardo Chailly e il suo coro preparato da Alberto Malazzi. Per molti appassionati la stagione è terminata, anche se ci sono ancora alcune recite.

Nella serata in questione non ci sono i cantanti e tanto meno “divi” come tre tenori soprannominati. Nulla dovrebbe distrarre il pubblico dalla musica – e quale musica! Si tratta di un ricco programma verdiano con cori, sinfonie e ballabili. Quindi, largo alla Signora Musica, non c’è spazio per discutere su chi è tenore e chi è baritono: si tratta del lavoro collettivo d’ispirazione collettiva, ma, ovviamente, coordinato in modo preciso dal vero mattatore della serata, Riccardo Chailly.

Figlio d’arte, una lunga carriera, un successo indiscutibile, Chailly può essere considerato una specie di Dio ormai; se non è un Dio, abita, sicuramente, da qualche parte in alto, simpaticamente parlando, osserva dall’alto il mondo piccolo popolato dalle persone piccole dedite febbrilmente alle fatiche quotidiane. Questo Dio della musica scende nell’antico anfiteatro che ogni anno attira turisti da tutto il mondo offrendo produzioni chr non vorremmo dire scontate, ma sempre ben riconoscibili. Per respirare aria fresca bisogna andare da qualche altra parte: potrebbero essere i festival ad Aix-en-Provence in Francia e a Bregenz in Austria. Ma la serata del 31 agosto offre ai veronesi e ai turisti daitutto il mondo la possibilità di riempire i polmoni d’aria fresca senza spostarsi da Verona: Riccardo Chailly in piena forma e visibilmente ispirato dirige tutto Verdi, una parata nutrita dei brani celebri e non troppo, senza scappatoia alcuna, sul palcoscenico nudo e con il contributo discreto delle luci dai colori tutt’altro che vistosi.

Si apre con tre brani da Nabucco, che potrebbero esserci un omaggio all’anfiteatro visto che uno dei titoli verdiani più gettonati dei numerosi festival. La sinfonia suonata con grinta e precisione, giusto per buttare l’ascoltatore nel clima dell’arte del Verdi giovane, annuncia due interventi del formidabile coro scaligero, “Gli arredi festivi” e “Va’ pensiero sull’ali dorate” che non può mancare quando si tratta dell’esibizione in Arena. Si tratta di un vero simbolo dell’Arena e del suo coro, ma gli artisti della Scala in un certo senso entrano in competizione con i propri colleghi, il loro pathos risulta più profondo, quasi religioso e le dinamiche dell’esecuzione più raffinate.

Dopo tre brani quasi sacri da Nabucco, la scelta di due pagine corali dai Lombardi alla prima crociata è più che naturale. In “Gerusalem” il coro della Scala è precisissimo negli attacchi e nella gestione delle dinamiche, mentre nel celebre “O Signore dal tetto natio” dimostra, con il giusto orgoglio, la sua eccezionale capacità di cantare piano e pianissimo, elaborare la linea del canto raffinata e portare il pubblico a qualcosa simile a una catarsi.

Il clima cambia quando è l’ora di Ernani, la bellissima opera del giovane Verdi, purtroppo, eseguita raramente. Un’ottima opportunità per la componente maschile del coro, che dimostra un grande senso del ritmo, un’autentica grinta e una formidabile compostezza nel suono.

Un’idea stimolante, scegliere brani da Don Carlos, un’opera magnifica nata in cinque atti in lingua francese e Don Carlo, la versione italiana in quattro atti. Dal primo si ascolta il finale del Ballo della Regina, un magnifico esempio della musica per la danza del Secondo Ottocento, pieno di vivacità e ricco di colori (peccato che venga selezionato solo il finale; lo avremmo voluto di ascoltare per intero); del secondo “Spuntato ecco il dì d’esultanza”. Il pensiero che Don Carlo non avrebbe avuto efficacia sufficiente in forma di concerto svanisce; nelle mani di Riccardo Chailly alla guida del coro e dell’orchestra scaligeri la scena dell’autodafé vanta autentica teatralità; potremmo dire che “vediamo la musica” e “sentiamo l’azione”. Il coro conferma la sua magnificenza, e contemporaneamente fa l’impressione di essere in continua crescita proprio nel momento dell’esecuzione per quanto riguarda la varietà di sfumature e la dizione perfetta; non è da meno l’orchestra che sfoggia la sua ricchezza timbrica sempre in perfetto equilibrio tra i gruppi di strumenti.

La seconda parte del concerto segna la tensione crescente e in seguito, il maggior entusiasmo del pubblico: si entra nel clima cupo e morboso di Macbeth in cui Verdi gratificò il coro femminile di pagine di una rara efficacia drammatica. Ma prima si ascolta, letteralmente rapiti, il Preludio, che immerge l’ascoltatore in un clima fragile e malinconico e dove gli archi forniscono sonorità penetranti. La componente femminile del coro della Scala appare realmente coinvolta nelle vicende dei protagonisti di Macbeth e non necessita scenografie e costumi per avvolgere l’ascoltatore nel clima inquietante e diabolico; l’arte del declamato e il senso ritmico di tutti i soprani e i mezzosoprani giocano un ruolo decisivo nel successo di queste pagine verdiane. La piccola suite da Macbeth logicamente si conclude con l’esecuzione della celebre pagina “Patria oppressa! Il dolce nome” che mette in risalto tutte le altissime qualità degli artisti del coro della Scala capaci realmente rapire l’orecchio con il loro canto ben tornito ed estremamente espressivo.

Da Il trovatore si ascoltano il Preludio segnato da un’autentica sensibilità musicale e dai contrasti brillanti, ma il coro degli zingari “Vedi le fosche notturne spoglie” rappresenta un momento glorioso per l’orchestra e per il coro dello storico teatro milanese. Il senso vivace di ritmo, le dinamiche variegate e, perché no, l’energia gioiosa del coro scaligero riscuotono un grande successo del pubblico.

La forza del destino annuncia in suo ingresso in scena con la celebre sinfonia seguita dal brano corale del terzo atto “Nella guerra è la follia”. La sinfonia, col difetto di trascurare i principi dello sviluppo sinfonico da sempre somiglia ad un “patchwork” di melodie coinvolgenti, ma nelle mani di Riccardo Chailly questa sua caratteristica viene felicemente superata. L’interpretazione dell’orchestra scaligera vanta un largo respiro e delle dinamiche attentamente studiate e variegate. Il coro da sempre è formato da belle voci che appartengono ad autentici attori e “Nella guerra è follia” l’ascoltatore-spettatore fa presto a calarsi nelle atmosfere particolari dell’opera pietroburghese di Verdi e nelle sue scene le scene nel campo militare: il canto energico e perfettamente equilibrato viene corredato dall’espressività coinvolgente.

Con “Gloria all’Egitto, ad Iside” dalla scena di trionfo di Aida si conclude la serata del tutto eccezionale grazie la presenza del coro e dell’orchestra del Teatro alla Scala di Milano che diretti da un grande Riccardo Chailly raggiungono qualità altissima nell’esecuzione delle pagine verdiane celebri e no. Peccato per molti posti vuoti sulle gradinate: l’anno prossimo il festival areniano non ospiterà il coro e l’orchestra del tempio lirico milanese.

 


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