Elogio dell'equilibrio
di Roberta Pedrotti
Fra la Polonia di Chopin, la Boemia omaggiata da Mozart e la Romania evocata da Bartók, il viaggio della Filarmonica Marchigiana incontra a Jesi la cura minuziosa ed equilibrata di Carlo Rizzi sul podio, al pianoforte il gusto raffinato e sapiente di Andrea Lucchesini.
JESI, 17 febbraio 2024 - Sembra incredibile, ma in ventisei anni quasi dal primo ascolto dal vivo (La Cenerentola, Pesaro 1998) fra tante produzioni operistiche non ero mai riuscita a vedere Carlo Rizzi sul podio di un concerto sinfonico. In effetti, il direttore milanese ormai di casa nel Regno Unito vanta un curriculum di tutto rispetto nel campo dell'opera (dalla mitica Traviata di Salisburgo con Anna Netrebko alle più recenti incisioni con Opera Rara), ma le occasioni per vederlo condividere il palco con la sola orchestra sono sempre state meno frequenti. Capita ora, a Jesi, con un impaginato che spazia dalle Danze popolari rumene di Bartók, al Concerto pianoforte e orchestra n. 2 per di Chopin fino alla Sinfonia n. 38 Praga di Mozart, preceduta, come un piccolo antipasto, dalla prima esecuzione italiana della spiritosa Marcia per orchestra su temi mozartiani di Zygmunt Krauze.
Tutta l'esperienza nel controllo di buca e palcoscenico sembra condensarsi di un'attenzione minuziosa al dettaglio strumentale, in una chiarezza analitica sempre governata da un'idea di controllo ed equilibrio. Le dinamiche sono gestite con garbo in rapporto all'acustica felice del Pergolesi, l'agogica definita senza eccessi, il fraseggio è sobrio e pulito. L'energia rustica di Bartók è ricercata al pari della cantabilità umbratile e levigata di Chopin e del classicismo mozartiano, tutti compresi e ammaniti con una cura che talora rischia perfino di offrire adito a un sospetto di distacco, sicché si esce dal teatro assai soddisfatti seppur non troppo elettrizzati.
Questa chiarezza, peraltro, si sposa alla perfezione con il temperamento del solista e gli lascia spazio per esprimere la propria lettura: nel concerto di Chopin, Andrea Lucchesini dispiega un pianismo limpidissimo, dal fraseggio finemente dosato nei pesi e nei colori. Il legato sostiene la lucentezza virtuosistica lungi da esibizionismo o abbandono lezioso, ricercando piuttosto nella pulizia delle forme l'opportuno dialogo con la Filarmonica Marchigiana. La poesia di questo Chopin, pur prodiga di cantabilità e leggerezza, appare così compiuta, matura, capace di sfiorare e suggerire una profondità che la grazia controllatissima dissimula, sorvola ma non elude. Rizzi lo supporta bene sul podio e anche il Preludio offerto come bis conferma il gusto sobrio ed elegante scevro da manierismi e semmai cesellato con un'abile definizione ritmica e metrica, disegno e perno intorno al quale plasmare le sfumature del suono.
Il pubblico applaude con entusiasmo una serata di qualità.