Brahms uno e trino
di Roberta Pedrotti
Per la stagione di Musica Insieme, Alessio Allegrini, Benedetto Lupo, Marco Rizzi propongono un intelligente percorso di relazioni e contrasti fra Brahms, Bartók e Ligeti.
BOLOGNA, 8 aprile 2024 - Alessio Allegrini, Benedetto Lupo, Marco Rizzi: in rigoroso ordine alfabetico, un trio eccellente, seppur atipico. Corno, violino e pianoforte insieme ricorrono senza scampo a Brahms, che li riunisce nella meta finale di questo programma che enfatizza il contrasto con due momenti solistici (i Quattro pezzi op. 119 per pianoforte dello stesso Brahms e il Tempo di Ciaccona dalla Sonata Sz. 117 di Bartók) e un pezzo omologo e molto più vicino a noi, il Trio di Ligeti. Due brani del Novecento e due di Brahms; due per trio e due solistici; Bartók che guarda nella forma al passato (lo stesso cui spesso e volentieri si rivolgeva il collega fil rouge del programma) e Ligeti che intitola il suo pezzo esplicitamente Hommage à Brahms. Un fitto tessuto di rapporti più o meno volontari ed espliciti sottende a questo programma, in cui la simmetria ha la meglio sulle convenienze teatrali e non concede a tutti gli interpreti un pezzo a solo. La musica d'assieme che non conosce gare o rivalità, risponde ad altre ragioni, per fortuna, si può ben lasciare da parte la golosità divistica che senz'altro ci avrebbe fatto godere anche di un assolo di Allegrini. La classe dei tre solisti vince su tutto ed entrambi i Trii concedono in alternanza un democratico gioco delle parti, ora in evidenza, ora nell'ombra, sempre fondamentali. Basti pensare ai passaggi scoperti e taglienti che Ligeti richiede al violino, con ben circostanziate risposte del corno e il sostegno discreto del piano, o al fittissimo scambio richiesto da Brahms, ora rimbalzando da una voce all'altra il ruolo principale, ora stringendosi in una fitta coralità. Su tutto, quindi, conta l'essere musicisti, aver affinato la tecnica per un fine artistico e non come strumento di narcisismo, sì da rendere ogni inciso egualmente prezioso, da conferire mordente e compattezza all'insieme come fine cesello al singolo.
Il passaggio dalla voce solista al dialogo, dall'omaggio quasi diafano, spettrale, distillato da Ligeti alla densità dei quattro movimenti brahmsiani emerge con lampante chiarezza, come un punto d'arrivo che dall'immagine cristallizzata, quasi lasciata a decantare per oltre un secolo, fa riemergere viva e rigogliosa l'origine, con il moto vitale che scaturisce da un senso doloroso come la notizia della morte della madre.
La chiarezza d'articolazione, la duttilità nel dialogo così come la concentrazione solistica accomunano l'intimo fraseggio di Lupo, calibrato con intelligenza, l'esattezza naturale di Rizzi nel plasmare il suono in scritture anche diversissime, la suggestione impeccabile in tutta la gamma espressiva e stilistica del corno di Allegrini. Un bis è d'obbligo, ma il repertorio circoscritto: il Finale: Allegro con brio di Brahms, appena ascoltato, torna graditissimo a far brillare l'arte una e trina di ciascuno, trio eccellente proprio perché non pone in primo piano la qualità individuale, ma la integra in un tutto per fare musica insieme, non per esibire il proprio ego.