L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Beethoven bifronte

di Alberto Ponti

Nel primo concerto della stagione l'Orchestra Sinfonica Nazionale diretta da Andrés Orozco-Estrada è affiancata da Nikolaj Szeps-Znaider in un'intensa esecuzione del Concerto per violino del genio di Bonn. Più fragorosa e spettacolare l'Eroica proposta dopo l'intervallo

TORINO, 18 ottobre 2024 - Se l'anno scorso toccò nientemeno che a Martha Argerich il ruolo di solista nel primo concerto della stagione dell'Orchestra Sinfonica Nazionale, per questa edizione 2024-2025 il compito è affidato al carismatico violino di Nikolaj Szeps-Znaider, presenza sempre gradita al pubblico subalpino, accorso numeroso giovedì 17 e venerdì 18 all'auditorium 'Toscanini', con tanti giovani distribuiti tra la platea, la balconata e la galleria della storica sala progettata da Mollino.

Se finora avevamo conosciuto il musicista danese soprattutto nel repertorio tra tardo Ottocento e Novecento, l'odierno menu offre un piatto succulento costituito da un autentico pilastro della letteratura violinistica quale il Concerto in re maggiore op. 61 di Ludwig van Beethoven, opera sempre problematica da un punto di vista squisitamente interpretativo piuttosto che tecnico-virtuosistico. Le caratteristiche di Szeps-Znaider, affiancato sul podio dal direttore principale dell'OSN Andrés Orozco-Estrada, vengono con prepotenza in luce nel vasto Allegro ma non troppo, dove il suono pieno, rotondo, mai sforzato del suo Guarneri dialoga con una compagine sfoltita negli archi in un discorso che pare mantenersi nell'ambito di una educata conversazione a mezza voce, con le idee a volte appena sussurrate come a cercare l'approvazione degli altri strumenti. Certo non mancano i passaggi di maggior enfasi, ma la mano di Orozco-Estrada mantiene per tutto il movimento una distintiva leggerezza che porta ad apprezzare non solo l'amabilità delle arcate melodiche ma anche particolari e filigrane nascoste, risonanze e impasti timbrici dei legni rinvigoriti da un sapore quasi impalpabile ma inedito. Szeps-Znaider, da par suo, sfodera per contrasto una cadenza dal piglio robusto all'esordio che poco a poco si assottiglia fino a raggiungere la consistenza di un'aristotelica musica delle sfere, per poi precipitare in una chiusa di drammatica compostezza. Nel Larghetto e nel Rondò il gesto del direttore si accende, dando origine a contrasti più marcati, a colori più accesi, a una dialettica che, senza snaturare la sublime calma contemplativa del tempo lento, alimenta con nuova sensibilità il rapporto tra solo e tutti. Vengono così in risalto le alte qualità del violinista danese. Il legato di tenuta eccezionale, la precisione negli attacchi, l'eleganza nell'arcata, la bellezza e le liricità emozionata tanto nel registro grave che in quello acuto sono ribadite una volta di più nel bis concesso tra applausi trionfali: un Liebesleid di Fritz Kreisler reso ancor più struggente dal fatto che lo strumento imbracciato da Szeps-Znaider fu tra quelli posseduti dall'autore del brano.

Legata ai canoni esecutivi a cui Orozco-Estrada ci ha abituato nelle sue serate torinesi è la lettura della Sinfonia n. 3 in mi bemolle maggiore op. 55 Eroica, altro caposaldo del catalogo beethoveniano. Tempi molto spediti e attacchi rapinosi. L'ingresso del maestro ha la rapidità di un pit stop di Formula 1. Un mezzo inchino, poi subito spalle al pubblico e i due accordi iniziali dell'Allegro con brio sferzano la sala quando ancora metà della platea è intenta ad applaudire il suo ingresso. Tale irruenza con una punta di frenesia non impedisce tuttavia uno scavo apprezzabile nelle dinamiche e nei timbri della partitura, che acquista a tratti un'atmosfera ai limiti del camerismo, esplorando i territori cantabili e meditativi del secondo tema, frutto della decisione di lasciare invariata la sezione degli archi rispetto alla precedente pagina (con soli quattro contrabbassi e cinque violoncelli). La stessa Marcia funebre, lungi dall'indugiare in abissi metafisici, vola via con l'efficacia di un avventuroso racconto e forse Napoleone, per cui era stata all'inizio pensata, ne avrebbe apprezzato questo passo militare. Dove la bacchetta colombiana trova il suo habitat d'elezione, è il vorticoso Scherzo, condotto in effetti, mantenendo una perfetta scansione ritmica, con il piede costantemente premuto sull'acceleratore. Ma l'Orchestra Sinfonica Nazionale è una macchina con un motore sufficientemente prestazionale per arrivare a destinazione senza affanni, e prosegue a girare con souplesse ad alti regimi anche nel finale Allegro molto, con la momentanea tregua della penultima variazione (Poco andante) che non abbassa la temperatura incandescente dell'intero pezzo. Superlavoro per tutti, insomma, con un'autentica ovazione per ciascuno dei protagonisti, in primis le parti dei fiati dalle quattro coppie dei legni al trio dei corni e alle due trombe, apparsi al termine provati ma premiati dalla generosità dei presenti.

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