Lo spettacolo
La presenza di un ragno attraversa i tre atti dell’allestimento, sebbene l’idea registica si colga compiutamente in progress. La cifra estetica dark di scene e costumi di Madeleine Boyd rifugge intenzionalmente la ricerca del bello, anzi, lo spazio claustrofobico rettangolare fisso di impianto è di raggelante squallore, caratterizzato da controventi metallici che nulla hanno di accattivante, così come nulla rinvia all’Inghilterra se non - ironicamente - tre teste di cervo sull’uscio di casa Nottingham. Su questa cornice il regista Alessandro Talevi sviluppa il terrore provato dalla corte nei riguardi della sovrana attraverso una sorta di comportamento aracnofobico: nel primo atto, durante la cavatina di Sara, la corte osserva una specie di acquario con un ragno nel quale, durante la sua sortita, Elisabetta getta una piuma subito agguantata dall’animale, mentre nel secondo atto la sentenza di morte è pronunciata su di una macchina scenica metallica con le zampe articolate dalla quale all’ultimo atto discende la disfatta regina, senza più voglia né vivere né regnare.
All’idea registica fa da complemento una recitazione di taglio espressionista che è forse l’aspetto più curato e convincente dello spettacolo, anche perché scaturisce da alcuni dettagli dell’orchestrazione: per rendersene conto basterebbe soffermarsi sugli ostinati con continue modulazioni crescenti di un semitono della scena della condanna o sugli altri ostinati di archi gravi di “Tu perversa”; ne è prova il fatto che la fruizione dello spettacolo guadagna di molto nella bella regia video in tempo reale (peraltro perfetta) che il Teatro Real suole realizzare tutte le sere per gli schermi a servizio dei posti di visibilità limitata.
Meno azzeccata, forse, la gestione delle masse di Maxine Braham, che fa inginocchiare improvvisamente la corte al passaggio di Elisabetta o la fa piombare al suolo come se il colpo di cannone fosse l’esplosione di una bomba, sebbene l’idea di una corte origliante negli snodi drammaturgici chiave, percepita al di là di una vetrata translucida oltre la quale si vede anche la vestizione col corpetto di Elisabetta, risulta assai efficace; funzionano le luci di Matthew Haskins capaci di allungare un taglio laterale sulla povera Sara segregata, dopo il brusco cambio nel duetto, quando Nottingham dà l’ordine di imprigionarla, per non fare che qualche esempio.
Complessivamente un spettacolo che non conquista il gradimento del pubblico ad una prima vista ma che avrà certamente ragione nel DVD che sortirà. Per chi non avesse apprezzato appieno la fattura dei costumi, infine, il Real offre la possibilità di vederne da vicino alcuni in quel gioiellino del Museo del Romanticismo, per tutta la durata delle recite che termineranno l’8 ottobre: chi può vada, un Devereux così con si allestisce tutti i giorni!