L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

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Le prime atti­vità cittadine in ambito mu­si­cale

Dove vi sono uomini c’è anche una musica che ne racconta e ac­compagna la quoti­dianità: basti infatti pensare al fatto che il linguaggio è una delle più anti­che ed imme­diate ma­nife­sta­zioni sonore. U­niver­sa­lità e inter­nazionalità sono ca­ratteristiche che ren­dono la mu­sica e­strema­mente im­por­tante per lo svi­luppo della società. A Bologna, le radici di attività legate a essa sono assai re­mote: nella cattedrale di S. Pietro queste hanno inizio subito dopo la co­struzione (XI secolo); nel 1439, papa Euge­nio IV legi­ferò l’esistenza presso la medesima di un “ma­gister cantus et gra­mati­cae” ufficiale. Dallo stesso pontefice era già stata istituita, nel 1436, la rinomata Cappella Musicale di S. Petronio. Qui si celebravano le solennità con l’esecuzione di composizioni ideate per l’occasione, che sfruttavano la peculiare acu­stica del luogo, che è gravata da un tempo di river­bero di ben dodici secondi. Erano previsti inter­venti solistici, corali (inizialmente esclu­sivamente dei fedeli che interagivano col cele­brante, poi di professionisti) e in seguito venne anche a crearsi una nutrita compagine strumentale. Nel secolo successivo, sotto il dominio ponti­ficio, in città aumentò il numero delle chiese e delle comunità reli­giose, prin­cipali sedi di fruizione musicale.

Un’altra importante istituzione fu il Con­certo Palatino della Si­gnoria di Bologna, che eser­citò svariate funzioni dal 1250 al 1797: pro­clamava dinnanzi al popolo le ordinanze go­vernative locali, accompagnava i magi­strati in occasione delle uscite pubbli­che, feste reli­giose o civili; ani­mava le ce­rimonie uni­ver­si­tarie e svolgeva una fun­zione con­certi­stica vera e propria. Can­tori e stru­mentisti si esibi­vano presso il Palazzo degli Anziani Consoli in Piazza Maggiore e pren­de­vano parte ad ogni fe­sta del patrono e allo svolgi­mento delle gio­stre.

La città ha inoltre dato i natali a grandi personalità, tra cui ri­cordiamo Jacopo da Bolo­gna: compositore del XIV se­colo, fu uno dei primi e più autorevoli espo­nenti dell’Ars Nova, termine con cui si desi­gna comune­mente la musica pro­fana tre­cente­sca in Ita­lia e in Fran­cia, in contrappo­sizione alla polifonia sacra dell’epoca precedente, de­nominata Ars Antiqua. L’Ars Nova è caratterizzata dall’avvento di un nuovo sistema di notazione ritmico-musicale.

La musica è, ed è sempre stata, un’arte che richiede una precisa orga­nizzazione della durata dei suoni, inizialmente traman­data oral­mente. Con la ri­forma grego­riana del IX secolo vennero in­trodotti i cosid­detti “neumi”, simboli grafici che rap­presenta­vano l’andamento della melo­dia, lasciando però liberi i con­cetti di ritmo, cioè ripetizione regolare di movimenti, e intonazione, vale a dire frequenza fondamentale del suono, la sua altezza in­somma; dobbiamo i nomi delle note (Ut-Re-Mi-Fa-Sol-La-Si) e le relative intona­zioni a Guido d’Arezzo, che as­segnò la no­menclatura basandosi sulle sillabe iniziali dei primi sei versetti di un inno dedi­cato a S. Giovanni Battista. “Ut” divenne successivamente “Do”. Infine, grazie al trattato Ars Nova di Philippe de Vitry, che diede il nome a tutta un’epoca, vennero intro­dotte an­che le idee di tempo e ritmo. Le regole del nuovo sistema mensurale, in Italia, furono esposte da Marchetto da Pa­dova (che scrisse il trattato Pomerium in arte musice mensurate nel 1319) e si applicarono con maggiore elasticità rispetto al fenomeno francese.


 

 

 
 
 

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