Cantare per il pubblico
di Suzanne Daumann
Quando incontro John Chest all'ingresso artisti del Grand Théâtre di Angers, è appena tornato dalla morte. È stato un avvincente Don Giovanni nel nuovo allestimento di Moshe Leiser e Patrick Caurier [leggi la recensione ITA/FR]. Ci accomodiamo in un caffé per un rapido drink prima che raggiunga il resto del cast per festeggiare la fine della produzione.
John, ti mancherà Don Giovanni ora?
No, non proprio. Sono un po' stanco ora, abbiamo avuto otto recite e sono pronto a guardare oltre. Si è trattato, comunque, di un periodo fantastico, ed è stato una gioia e un privilegio lavorare con Moshe and Patrick. In questa produzione, ogni dettaglio è stato pensato, ha senso e noi non siamo mai stati lasciati soli. Non capita sempre. Soprattutto in Germania, talvolta devo cantare recite di repertorio e poi torno a casa tirando un sospiro di sollievo. Lavorare in una nuova produzione è qualcosa di completamente differente dall'entrare in uno spettacolo di repertorio, quando capita di non avere nessuna prova, semplicemente esci e canti. Mi è capitato così con Papageno ed è stato abbastanza spaventoso, specialmente perché per me Papageno è proprio in assoluto la parte che più mi preoccupa.
Per via del parlato?
Assolutamente sì. Musicalmente non è troppo esigente, ma richiede un'ottima recitazione e per chi non è madrelingua ciò incute un certo timore.
Attualmente sei un membro della Deutsche Oper, giusto?
Sì, fino al prossimo anno. Sono stati molto gentili a lasciarmi cantare altrove già ora e dal prossimo anno io canterò solo qualch recita con loro.
Prima di incontrati ho fatto un po' di ricerche, ma non ci sono molte informazioni in rete; non hai nemmeno un sito web?
Non ce n'è bisogno, finché ho lavoro.
E quindi dovrai raccontarmi tu come sei diventato un cantante d'opera.
Vengo da una famiglia di musicisti; mio padre suona il clarinetto in un'orchestra. L'opera non era proprio pane quotidiano in casa e l'orchestra di mio pare non ne suonava molta, ma comunque capitava. Ho sentito Tosca per la prima volta a sei anni. Così, fare musica è stato naturale per me e ho studiato il clarinetto per qualche tempo. Al liceo ho cantato nel coro, mi piaceva e la gente sembrava pensare che avessi una bella voce. Allora, quando ho cominciato a chiedermi cosa avrei fatto al College, ho considerato qualche opzione e alla fine ho optato per il canto. Dapprima soprattutto teoria e tecnica, pensando di diventare insegnante. Uno dei miei professori vide un certo potenziale in me e mi incoraggiò a puntare su una carriera sui palcoscenici. Gli devo molto!
Tu dai il 100 % ai tuoi personaggi, cui ti abbandoni totalmente, non è vero?
Esiste un altro modo?
Non tutti hanno il coraggio per dare quel qualcosa in più.
È vero, mi piace esibirmi per il pubblico, mi fa bene.
In altre occasioni ho parlato con qualcuno che canta soprattutto Lieder e mi ha detto più o meno che canterebbe allo stesso modo anche senza pubblico.
I Lieder sono comunque qualcosa di totalmente differente. In una produzione d'opera sei circondato da cast, hai il regista, il direttore... In una Liederabend sei solo e, come si dice, nudo sul palcoscenico.
Secondo la biografia sul programma, ti piace fare recital liederistici.
Ne faccio, ma è difficile! Oggi ci sono forse cinque o sei persone che possano riempire un teatro per un recital di questo tipo. Qualche tempo fa, ho tenuto una Liederabend alla Essen Philharmonie. È una sala enorme, progettata per 1500 persone circa, e solo duecento posti erano occupati. Si organizzano recital in questi spazi per le loro acustiche spettacolari e ne ero stato informato, ma è piuttosto scoraggiante cantare per una manciata di persone in una sala praticamente vuota. Nel prossimo futuro, ho in programma un recital alla Wigmore Hall di Londra nel gennaio 2017. Ci piacerebbe presentarlo prima da qualche altra parte, ma se non si trova il luogo adatto potremo solo organizzare un evento privato nel salotto di qualcuno.
Grazie mille, John, per questo incontro, e in bocca al lupo!