Macbeth con la regia di Emma Dante apre la stagione
Sul podio Gabriele Ferro, un cast stellare con Luca Salsi e Anna Pirozzi
La prima il 21 gennaio, il 19 la prova generale con 1300 giovani, ad agosto a Edimburgo
Si avvia così la stagione che celebra il 120° anno dall’inaugurazione del Teatro
Alla prima il ministro del Mezzogiorno De Vincenti e oltre trenta critici italiani e stranieri
PALERMO. Un Macbeth tragico, dominato da un enorme velo rosso sangue – sangue di delitti, sangue di parto, sangue di guerra e di morti - popolato da streghe che si fanno continuamente ingravidare per partorire altre streghe, circondato da una natura ostile e pericolosa rappresentata da una foresta di fichi d’India. Ecco il Macbeth di Verdi per la regia di Emma Dante, che sabato 21 gennaio, alle 20.30, aprirà la stagione 2017 del Teatro Massimo di Palermo, trasmessa in diretta da Radio3, sulla web tv del Teatro, sul sito del Comune di Palermo e ripresa anche dalle telecamere di Sky classica. Una stagione importante, che celebra il centoventesimo anno dall’inaugurazione del Teatro e il ventesimo dalla riapertura.
Un nuovo allestimento in coproduzione con il Teatro Regio di Torino e con lo Sferisterio di Macerata, che ad agosto sarà al Festival di Edimburgo. Sul podio Gabriele Ferro – direttore musicale del Teatro Massimo – sulla scena un cast stellare, con Luca Salsi nel ruolo di Macbeth e Anna Pirozzi in quello di Lady Macbeth. Banco è Marco Mimica, la dama è Federica Alfano, Macduff è Vincenzo Costanzo, Malcom è Manuel Pierattelli, il medico Nicolò Ceriani, il domestico/sicario/araldo è Antonio Barbagallo. Nel secondo cast Macbeth è Giuseppe Altomare e Lady Macbeth è Virginia Tola. Orchestra, Coro e Corpo di ballo del Teatro Massimo, Compagnia Sud Costa Occidentale di Emma Dante, Maestro del Coro Piero Monti. Scene di Carmine Maringola, costumi di Vanessa Sannino, assistente alla regia Giuseppe Cutino, coreografia di Manuela Lo Sicco, maestro d'armi Sandro Maria Campagna, assistente alle scene Roberto Tusa, assistente ai costumi Sylvie Barras, light designer Cristian Zucaro.
Oggi la conferenza stampa, con il sindaco e presidente della Fondazione Leoluca Orlando; il sovrintendente Francesco Giambrone; il direttore artistico Oscar Pizzo; Gabriele Ferro; Emma Dante; Luca Salsi; Anna Pirozzi. Ha portato il suo saluto anche l’assessore regionale al Turismo, Antonio Barbagallo. “Una grande apertura di stagione – ha detto il sindaco – per un Teatro diventato sempre più il motore culturale e il punto di riferimento della città”. “Una stagione che si apre nel segno degli anniversari – ha aggiunto il sovrintendente Giambrone – il 120° dalla Fondazione, il 20° dalla riapertura, il 25° dalle stragi di mafia, il 400° dalla fondazione del Conservatorio Bellini, i settanta anni di Salvatore Sciarrino”. “Una grande produzione – ha detto Oscar Pizzo – che andrà poi a Torino, al Festival di Edimburgo, per poi andare al Teatro San Carlo e quello di Macerata, una delle tante produzioni del Teatro Massimo che girano per l’Europa, a conferma di un Teatro sempre più visibile e autorevole sulla scena internazionale”.
Il 19 gennaio, alle 20.30, la prova generale alla quale parteciperanno milletrecento under 35 dell’associazione Giovani del Teatro Massimo.
Alla prima di sabato, seguita da oltre trenta critici di testate italiane e straniere, sarà presente una folta rappresentanza del governo: il ministro per il Mezzogiorno, Claudio De Vincenti; il vicesegretario generale di Palazzo Chigi, Salvo Nastasi; il direttore generale dello spettacolo del ministero dei Beni culturali, Onofrio Cutaia. E poi il sovrintendente dell’Opera di Roma, Carlo Fuortes e il sovrintendente del San Carlo di Napoli, Rosanna Purchia. Alle successive recite parteciperanno il sovrintendente del Teatro Regio di Torino, Walter Vergnano; il sovrintendente del Teatro di Ginevra, Tobias Richter, il sovrintendente della New York City Opera, Michael Capasso.
“Ho lavorato molto sul mondo delle streghe – dice Emma Dante, che già due anni fa inaugurò la stagione del Teatro Massimo con Gisela – una comunità animalesca e selvaggia che perpetua la propria specie per continuare il proprio cammino fatto di sortilegi e di evocazioni, una cosa nuova rispetto al libretto. In scena c’è una forte promiscuità tra satiri con grandi falli e le streghe sempre gravide, con le loro pance. Tutto il discorso dei vaticini che queste streghe fanno a Macbeth hanno a che fare molto con la procreazione: Macbeth non ha figli, e Lady Macbeth vorrebbe tanto averne uno ma non ce la fa. Così alla sua famosa domanda di Macbeth ‘cosa state facendo?’, la risposta è ‘un’opera grande’, e l’opera grande è la nascita, l’opera più grande che esista”.
Ma Macbeth è anche una parabola sul potere e la colpa. “A rappresentare questo – spiega ancora la regista – ci sono elementi scenografici che rappresentano dei troni dorati. Il più alto è quello dove Macbeth deve sedersi, ma nel momento in cui lo raggiunge non potrà più scendere. E tutto quello che c’è intorno al trono verrà tolto, resterà il trono isolato, altissimo, con lui sopra, e intorno il deserto”. La scena dell’uccisione del re rappresenta il travaglio interiore di Macbeth. “A impugnare il pugnale c’è un doppio di Macbeth, vestito come lui, una sua proiezione. Ma lui non riesce a ucciderlo e il re non muore. Finché Macbeth non prende il pugnale e lo uccide. Quindi è come se fosse un dissidio interiore, l’azione non produce effetti finché lui stesso non decide”.
La foresta di Birnam, quella che nel libretto avanza contro Macbeth, in quest’allestimento è una foresta di fichi d’India, il frutto mediterraneo per eccellenza. “Scenderà dall’alto sul palcoscenico – dice la regista - ed entreranno in scena trenta attori: non mimi né figuranti, ma proprio attori, che porteranno il teatro nell’opera musicale. Una scelta, quella del fico d’India - che non è certamente fedele all’ambientazione scozzese ma che racconta di una natura pericolosa, spinosa, piena di insidie. Per me deve essere soprattutto un luogo simbolico, un luogo che racconta la natura selvaggia che prende il sopravvento sull’uomo. Gli attori in sala brandiranno le spade e i coltelli, sarà una scena apocalittica: la foresta non avanzerà, ma saranno gli attori a portarsela sulla testa”.
“Verdi amava moltissimo Shakespeare – dice Gabriele Ferro – lo aveva conosciuto attraverso la traduzione di Rusconi del 1938. Del Macbeth esistono due versioni: la prima andata in scena a Firenze nel 1847, la seconda rivista completamente e presentata diciotto anni dopo all’Opera di Parigi con alcuni balletti e un finale trionfalistico, con un grande coro. Noi presentiamo a Palermo una versione che è una via di mezzo”. Molto impegnativa l’opera per i cantanti. “Verdi – continua Ferro – che si definiva più uomo di teatro che musicista, ma che in realtà era un grandissimo musicista, ha lasciato indicazioni sulle voci pazzesche, termini come oscillante, represso, perfino voce muta, questo per dire quanto tenesse al fattore drammaturgico. Per Lady Macbeth avrebbe voluto una voce brutta, perché il personaggio doveva essere brutto e cattivo. Sono due i pezzi straordinari: il duetto tra Lady Macbeth e Macbeth del primo atto dove l’orchestra suona in fortissimo ma con la sordina per ottenere un colore particolarissimo, e l’aria del sonnambulismo di Lady Macbeth, che è un capolavoro totale”.
Nei panni di Macbeth c’è il grande baritono Luca Salsi, protagonista un anno e mezzo fa di un fatto curioso di cui ha parlato tutta la stampa internazionale: ha sostituito un indisposto Placido Domingo in una recita pomeridiana dell'“Ernani” al Metropolitan di New York, un quarto d'ora prima dell'inizio dello spettacolo. La sera stessa doveva cantare in una recita della “Lucia di Lammermoor”, quindi ha cantato le due opere nello stesso giorno a distanza di poche ore. Al di là dell'aneddoto newyorchese, Salsi - che è originario di Parma, proprio come Verdi - si considera una voce puramente “verdiana”. Ha cantato nei grandi teatri del mondo (dalla Royal Opera House di Londra al Festival di Salisburgo, dal Liceu de Barcelona al Teatro alla Scala, dalla Bayerische Staatsoper di Monaco di Baviera al Teatro Real di Madrid) e con direttori come James Conlon, James Levine, Daniele Gatti, Riccardo Muti. In particolare è diventato il baritono preferito da Riccardo Muti: recentemente hanno collaborato insieme a Chicago per “Falstaff” e a Stoccolma per “Macbeth” e ad agosto torneranno al Festival di Salisburgo per Aida (Muti sul podio, Salsi come Amonasro, Anna Netrebko come Aida, Francesco Meli come Radames).
“Sono felice di tornare a cantare in questo magnifico teatro – dice Salsi – soprattutto in un ruolo al quale sono particolarmente legato, come quello di Macbeth. È un’opera piena di fascino, ricca di colori e di nuances, indicati con precisione da Verdi su una partitura che reca segni interpretativi mai visti prima. Un’autentica sfida per il cantante, che deve sapere dosare e modulare la voce, per produrre suoni cupi, ‘strisciati’, talvolta addirittura ‘soffocati’. A Chicago e a Stoccolma ho avuto l’occasione di cantare questo ruolo con il maestro Riccardo Muti, che mi ha letteralmente svelato un mondo, segnando profondamente la mia interpretazione del personaggio”.
Sin dal suo gran debutto al Festival di Salisburgo nel 2013 sotto la direzione musicale di Riccardo Muti nella parte di Abigaille in Nabucco, Anna Pirozzi si è confermata il soprano drammatico di coloratura più elettrizzante della sua generazione, paragonata ad Anita Cerquetti, il più grande soprano drammatico di coloratura dal 1945 a oggi. “è una delle mie opere preferite – dice Anna Pirozzi – una delle opere che canto con maggiore piacere, nonostante il ruolo sia difficile, cupo, macabro. Per un soprano è un ruolo che dà grande soddisfazione vocale ed espressiva. Si dice che Verdi volesse che Lady Macbeth avesse una voce brutta, io credo che intendesse dire che servivano degli effettacci sulla voce, che magari possono sembrare esagerati ma sono quelli che il compositore voleva”.
Con Macbeth si avvia un progetto che si chiama “Vi racconto l’opera”, curato dalla scrittrice e drammaturga Beatrice Monroy con le attrici Ester e Maria Cucinotti. Nella sala Onu del Teatro Massimo verranno raccontate, prima di ogni prima, le grandi storie delle opere liriche. Beatrice Monroy racconterà in circa un’ora e mezzo tratti della trama, ricostruendo la tensione della suspence, con indicazioni sulle emozioni e sui caratteri dei personaggi e sulle vite degli autori. Accanto alla trama del libretto, si farà ricorso alla storia letteraria o mitologica d’origine, alle sue interpretazioni nel cinema, nel teatro contemporaneo, in modo particolare alla messinscena che si vedrà nei giorni a seguire, cercando d’interpretare la linea e il senso voluto dal regista. Il racconto è inframezzato dalle letture di Ester e Maria Cucinotti, che leggono e interpretano brani tratti sia dai libretti dell’opera ma anche dalle opere letterarie su cui questi poggiano. L’appuntamento con Macbeth è mercoledì 18 alle 18.
In occasione del Macbeth, torna Bambini all’opera, il progetto del Teatro Massimo dedicato ai bambini: un laboratorio dedicato all’opera mentre gli adulti seguono lo spettacolo. L’appuntamento è domenica 29 gennaio alle 17.30, in Sala degli Stemmi.