In questi 75 minuti di musica difficilmente classificabile, sfuggente, ritmicamente ostica, con cambi di metro praticamente ad ogni battuta, il giovane Constantin Trinks può dirsi tecnicamente valido e capace di guidare gli archi (un po’ rimpolpati, rispetto al profilo minimalista 6+6+4+4+1 previsto in partitura), i validi legni e ottoni dell’Orchestra del Massimo, oltre quattro bravissimi percussionisti alle prese con una miriade di aggeggi (vibrafono, glockenspiel, tomtom, maracas, tamburi e tamburelli vari, crotali, gong cinesi e l’elenco è troncato per non occupare inutilmente altre tre righe).
Vanessa Goikoetxea è una voce così piacevole, oltre che ben calata nella parte, che ci piacerebbe riascoltarla anche in altri ambiti del suo eclettico repertorio. Viceversa Lucio Gallo e Roberto De Biasio aderiscono in maniera tanto ideale rispettivamente al parlato di Hanspeter e alla canzone napoletana di Gennaro che si spera possano cantare Gisela! tante altre volte ancora. Del drappello di turisti costituito da Maria Chiara Pavone, Patrizia Gentile, Rosolino Claudio Cardile, Salvatore Grigoli non fatica ad emergere l’interessante Giuseppe Esposito.
Infine la cosa più riuscita della serata: lo spettacolo di Emma Dante che, seppur alle prese con un testo drammaturgicamente inconsistente, nonostante una componente musicale ostica se non talvolta di zavorra alle ragioni del teatro, con qualche trovata un poco ruffiana (che gli animali da palcoscenico sanno tirare fuori, quando le circostanze lo richiedono), qualche autocitazione e quel poco di volgarità che in fondo non disturba, riesce a confezionare un spettacolo variopinto, affascinante. La coadiuvano quella garanzia nei costumi offerta da Vanessa Sannino, le coreografie (cruciali nei sogni di Gisela) di Sabino Civilleri e Manuela Lo Sicco; pare più stanca, invece, la mano di Carmine Maringola che per le scene, come anticipato, ricorre ad una fuga prospettica di sette sipari (identici a quelli del Massimo) e a statuine di santi, cannoli e cassate (in luogo di zeppole e babà), fiori da spostare di continuo durante il duetto e un bel coup de théâtre con il Vesuvio nel finale.
Opera breve, applausi poco convinti (a parte quelli per Emma Dante) e di brevissima durata: la brevità, gran pregio.
Palermo, Gisela!, 21/01/2015 - gli intepreti e l'allestimento
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